Ma per ì giudici non è un mostro
Ma per ì giudici non è un mostro Ma per ì giudici non è un mostro «Voleva creare uno stretto legame d'amore con la vittima» dalla corrispondente da BERLINO Il procuratore del tribunale di Kassel aveva chiesto per Armin Meiweis il carcere a vita. La difesa aveva opposto all'accusa di omicidio quella di «morte su richiesta» o eutanasia, punibile secondo la legge tedesca con cinque anni. Il giudice Volker Muenze ha deciso di non accogliere né l'ima né l'altra istanza, inquadrando il reato nella categoria di omicidio colposo senza aggravanti. «Il reato di cannibahsmo è respinto dalla società e non previsto dai codici - ha osservato il giudice - Ci troviamo in una zona limite del diritto penale, senza principi giuridici di riferimento». Essenziale, per la comprensione di una sentenza così obiettivamente beve, il fatto che Meiweis non abbia agito, secondo i giudici, a fine di soddisfazione carnale o «spinto da impulsi libidmosi» ma alla ricerca di una sicurezza affettiva profonda: «L'uccisione e il successivo trattamento del cadavere dimostrano come l'imputato abbia inteso il mangiare come tramite per entrare in stretto legame con la vittima», dice la sentenza. E così come Meiweis non è stato spinto al delitto da un impulso sessuale - facendo cadere l'accusa di omicidio aggravato - la vittima, Bemd Juergen Brandes, non aveva chiesto espi citamente di morire, ma di «raggiungere il culmine dell'eccitazione». Dal momento però che tale culmine aveva la morte come diretta conseguenza, il dehtto risulta, agli occhi della Corte di Kassel, «condiviso sia dalla vittima sia dal carnefice». Non proprio eutanasia, dunque, ma una sorta di reato a quattro mani per cui però c'è un solo imputato da giudicare. Un altro elemento che ha giocato a favore di Armin Meiweis è il fatto che ha confessato tutto e si è mostrato pienamente collaborativo: «Mai una reticenza, mai una bugia», ha riconosciuto la Corte. La procura, al termine della lettura della sentenza, ha annunciato che presenterà ricorso; la difesa invece si è dichiarata soddisfatta, assicurando che il suo cliente si sottoporrà a psicoterapia e «non ripeterà mai più un reato del genere». Meiweis - ha detto il suo avvocato Herald Ermer - «ha capito la lezione e si è reso conto di quanto ha fatto». Poiché le varie perizie psichiatriche non hanno dimostrato l'incapacità di intendere e di volere, il ricovero di Meiweis in un ospedale psichiatrico è stato escluso. Ma anche in questo caso, la procura si riserva di richiedere nuove perizie mediche. Secondo il giurista e psicologo criminale Lorenz Boelhnger, docente all'Università di Brema, il verdetto subirà senz'altro una revisione: «Credo che l'imputato abbia bisogno di serie cure psichiche e che sussista il pericolo di ricadute ima volta fuori dal carcere. La decisione dei giudici di Kassel mi sembra improntata a leggerezza e sono convinto che il secondo grado confermerà questa mia impressione». Dello stesso parere sono gli abitanti di Rotenburg, preoccupati che il cannibale, fra qualche anno, tomi ad abitare in mezzo a loro, come se niente fosse. [f. s.)
Persone citate: Armin Meiweis, Brandes, Herald Ermer, Kassel, Volker Muenze
Luoghi citati: Berlino
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