A che GOLPE giochiamo? di Maurizio Molinari

A che GOLPE giochiamo? 1963. DAGLI ARCHIVI DEI SERVIZI AMERICANI LE VOCI DI UN COLPO DI STATO COMUNISTA MESSE IN GIRO DAL QUIRINALE A che GOLPE giochiamo? Maurizio Molinari Paolo Mastrolilli LA Cia prese in considerazione il rischio di un colpo di stato da parte del Pei nel giugno del 1963 ma poi scoprì che era stata tratta in inganno da una manovra di Antonio Segni, n timore di un golpe traspare dal telegramma IN68498 inviato a Washington da Roma in data 26 giugno 1963, di cui La Stampa è entrata in possesso assieme ad altri documenti sul periodo del centrosinistra. Il falso golpe. L'anonimo autore fa riferimento a «voci di un tentativo di golpe da parte del Pei» e fa sapere che «sono state condotte analisi e indagini preliminari». Gli agenti americani hanno lavorato sodo per verificare il sospetto di un colpo di mano in coincidenza con la prevista visita del presidente Kennedy. Ma le verifiche fatte con il contributo di «unità di intelligence della polizia italiana» hanno portato alla conclusione che (d timori non era fondati», svelando però cosa in realtà era avvenuto. A far diffondere le voci di colpo di stato era il presidente della Repubbhca, Antonio Segni, che aveva personalmente suggerito al generale Giovanni De Lorenzo, comandante dei carabinieri, di «inviare al partito comunista itahano un avvertimento indiretto affinché non crei disordini contro il nascente governo Leone simili a quelli lanciati contro Tambroni nel luglio del 1960». Segni andò oltre il suggerimento generico ed indicò nei dettagli a De Lorenzo anche cosa avrebbe dovuto organizzare; «Bisogna far svolgere manovre di addestramento ad un battaglione di paracadutisti armato con munizioni vere il giomo 20 giugno a Santa Severa». La dimostrazione di forza per il Quirinale «sarebbe stata sufficiente a far capire al Poi che il governo era piioniù a i eagire se fosse avvenuta qualsiasi cosa». Per rendere l'operazione più credibile Segni ne parlò di persona con il ministro della Difesa, Giulio Andreotti, «dandogli ulteriori suggerimentb). Fra Segni ed Andreotti ci fu intesa sull'operazione e venne dato il via libera a De Lorenzo. «È questa l'origine delle notizie sul golpe che avevamo raccolto», sottolinea il redattore della Cia, secondo cui «ben lungi dall'aspettarsi il colpo di stato Segni ed Andreotti sembrano convinti che il partito comunista stia facendo esattamente l'opposto, perché ha tutto da guadagnare dalnonricorrere alla violenza e dal lavorare pacificamente con un governo di centra smistra». Dunque nulla ostava alla visita di Kennedy: «Non ci aspettiamo nessun tipo di disordini né se lo aspettano l'intelligence e la pohzia italiana che sta cooperando strettamente in vista dell'arrivo». La firma di Schlesinger. La vicenda del finto golpe dimostra che Washington credeva molto del centrosinistra e riteneva possibili tentativi comunisti di farlo crollare. D sostegno della Casa Bianca all'intesa di governo fra De e Psi emerge dal National Intelligence Estimate del 3 gennaio 1963 su «Le implicazioni dell'esperimento del centrosinistra in Italia» - vistato con l'autografo di Arthur Schlesinger, braccio destro del presidente Kennedy nel quale si legge che «l'apertura a sinistra ha avuto successo da quando iniziò nel febbraio del 1962» perché «la coalizione ha tenuto, i partiti hanno dimostrato la determinazione necessaria e leggi importanti sono state approvate». E soprattutto «non vi sono stati fondamentali cambiamenti nella pohtica estera italiana nonostante l'ambi- fiio comportamento di Amintore anfani durante la crisi cubana». Per Washington il centrosinistra funziona ma è precario perché «è considerato dai partiti un esperimento» e guarda con interesse alle prospettive per «formalizzare l'entrata dei socialisti al governo». «Se ciò avverrà e si protrarrà per un significativo numero di anni porterà a cambiamenti significativi nella vita pohtica italiana, alcuni elemen- tea snstra Psorse anranno con i comunisti, ci sarà ima forte pressione per riassorbire il Psdi nel Psi, l'indebolimento e l'isolamento del Pei progredirà lentamente ed il proporzione alla profondità ed alla durata della cooperazione Dc-Psi». Il sostegno Usa al centrosinistra è noto alla De, a cui però è stato fatto presente che «la cooperazione con il Psi potrà essere estesa al governo solo se prenderanno impegni chiari sul sostegno alla Nato ed alla Comunità Europea». «Ma crediamo che lo faranno» osserva l'anonimo estensore del rapporto, secondo1 il quale la situazione economica spinge Psi e De alla cooperazione: «L esperimento è iniziato in un periodo di crescita senza precedenti, nel 1961paumentatoe8 per cento e la disoccupazione è stata ridotta al 3,2 per cento». La debolezza della De. Le elezioni dell'aprile del 1963 sorprendono la Già per il netto calo della De ed il parallelo avanzamento del Pei. Nel telegramma datato 1 maggio viene riportata l'analisi fatta da Taviani, secondo cui «i comunisti hanno tratto giovamento dalla confusione nei ranghi del tradizionale voto cattoheo causata da recenti dichiarazioni e comportamenti di Papa Giovanni XXm» e ciò vale in particolare «per le donne che in passato votavano De senza dubbi mentre adesso hanno cambiato per la sinistra, incluso il Pei». Ad influenzare il risultato a favore ee snstre era stata ance «a televisione ed il fatto che molti meridionaM emigrati a nord hanno votato per i comunisti». Accuse a Fanfani. Due settimane dopo la Cia traccia un quadro dell'indebolimento della De ben più severo: la causa maggiore è che «il governo Fanfani ha lavorato contro la De». L'atto d'accusa è durissimo: «Per la prima volta un governo al potere non ha fatto nulla per aiutare la De ed indebolire il Pei ma anzi ha tentato di evitare la vittoria». L'imputato è Amintore Fanfani che «nei due anni passati da primo ministro ha aiutato socialisti, radicali ed alcune figure incompetenti a lui vicine rifiutando sostegni ai militanti della De, preferendo usa¬ re i fondi per la sua corrente e senza versare una lira alla campagna elettorale del partito». La strategia di Fanfani è stata «di far vincere le elezioni al centrosinistra e dunque alla sua corrente, non alla De». Ma in questa maniera «ha diviso l'elettorato fra estrema destra ed estrema sinistra, esattamente l'opposto di ciò che voleva Moro, fautore della continuità della pohtica De». L'analista della Cia fa^ proprie le obiezioni di Moro: «È stato un errore consentire al Pei di andare in televisione». Sulle carenze strutturali dei democristani la descrizione è capihare. Primo: l'organizzazione è «carente, vecchia ed inefficace» perché «prevalgono le hti interne da parte di candidati intenzionati ad aumentare voti nei propri collegi» ed anche la Cisl «mostra segni di collasso» perché «i comitati civici non sono stati in grado di fare campagna elettorale». Poi c'è la «carenza di fondi» testimonianta dal fatto che la De «ha speso molto meno della metà del 1958 nonostante l'incremento dei prezzi». La Cia è ben informata sul bilancio: «Ogni sezione ha ricevuto 50 mila lire (80 dollari) a fronte di debiti medi pari a 150 mila lire». Infine: la fuga del voto rurale. «Le perdite nelle aree contadine non erano attese, sono state le maggiori di sempre, a vantaggio dei liberali ma in alcuni casi del Pei». Moro e Nenni. Washington vedrebbe bene Taviani presidente del consiglio ma lui è indisponibile mentre Aldo Moro si fa avanti con decisione. «Tenterà di formare un governo di centrosinistra con il sostegno degh stessi partiti che hanno sostenuto Fanfani». Inoltre è più cauto di Taviani: «Moro non rimprovera nulla al Vaticano e a Papa Giovanni XXHI». Coniabenedizione di Arthur Scblesinger \a Cia attende l'esito del Congresso del Psi del 18-21 lugho per capire se «Moro ed il segretario Pietro Nenni» posso arrivare ad un'intesa su «un governo di maggioranza». Nell'intelligence memorandum del 31 maggio 1963 dedicato alle previsioni sul Congresso socialista si esprime l'auspicio che Nenni ce la faccia perché «l'unica alternativa è tonnare ad un governo di minoranza De sostenuto all'esterno dal Psi». «Nenni vuole entrare al governo» assicura l'analista a Washington. Il sostegno ah'accordo Moro-Nenni viene spiegato in base ad esigenze di pohtica estera: «Senza l'alleanza il risultato della confusione pohtica intema sarebbe meno ciiergia dell'Italia nella Nato, diventerebbe un partner solo nominale» mentre «nel lungo periodo una simile situazione favorirebbe i comunisti al punto da scatenare una seria reazione di destra mettendo a rischio la democrazia». Il peso intemazionale del Paese, dipende dall'entrata di Nenni: «È a favore della Comunità economica europea e della forza nucleare Nato per impedire che la Germania ne abbia una solamente sua». L'unico dubbio riguardava cosa Nenni avrebbe detto delle basi per i sottomarini Polaris. Ma una cosa era fuori dubbio: se Nenni fosse rimasto all'opposizione non li avrebbe voluti. Il capo dello Stato avrebbe chiesto al comandante dei carabinieri di «inviare al Pei un avvertimento indiretto perché non crei disordini contro il nascente governo Leone simili a quelli contro Tambroni nel luglio del 1960». II capo dello Stato Antonio Segni e il generale De Lorenzo, comandante dei carabinieri, a una parata militare. Sotto il giuramento del governo Moro, accanto al leader De, il socialista Pietro Menni

Luoghi citati: Germania, Italia, Roma, Usa, Washington