Verifica di governo, pronto il rimpasto di Berlusconi di Antonella Rampino

Verifica di governo, pronto il rimpasto di Berlusconi MA AN FRENA L'OTTIMISMO DI BONDI SULLA RIUSCITA DEL CONFRONTO Verifica di governo, pronto il rimpasto di Berlusconi A Fini le deleghe dell'Industria, ministeri anche per D'Antoni e Miccichè Antonella Rampino ROMA Con il rientro di Silvio Rerlusconi a Roma, ieri alle cinque e mezzo del pomeriggio, la verifica di governo è entrata nel vivo. Il tempo è cruciale, non solo perché come si sa il premier vorrebbe affrontare la celebrazione del decennale di Forza Itaha, sabato prossimo, essendosi tolto la spina nel fianco delle richieste del cosiddetto «subgoverno». Soprattutto, perché lunedì arriva in Parlamento la Gaspani, e aver sciolto qualche nodo può evitare sorprese dell'ultim'ora. Ieri, il coordinatore di Forza Itaha Sandro Bondi spandeva armonia: «La serietà del confronto approfondito che abbiamo avuto con gh alleati di governo mi fa dire che ce l'abbiamo quasi fatta». Da An, gh ha ribattuto il pari grado Mario Landolfi di «non capire la motivazione di tanto ottimismo». Il fatto è appunto che sultavolocisonoproposte concrete, ma esse sono state avanzate ad An e Udc in incontri bilaterali, con Bondi e Cicchitto: e non ancora da Berlusconi. Sinora, per scioghere il nodo della cosiddetta «gestione collegiale dell'economia» è stato ipotizzato il ripristino del «consigho di gabinetto». Per l'Udo si discute di un posto da ministro della Funzione pubblica, sostituendo l'attuale Mazzella con Pollini (poco interessato in verità ad entrare al govemo con un ministero minore) o con Sergio D'Antoni. Oppure, si creerebbe un nuovo ministero, detto dello Sviluppo, che vedrebbe in pista ancora Sergio D'Antoni. Mentre per Alleanza nazionale, l'idea è che Gianfranco Fini sostituisca Antonio Marzano alle Attività produttive, facendo però del Mezzogiomo un vero e proprio ministero, guidato da Gianfranco Miccichè di Forza Itaha. E di elevare poi a rango di ministero il Commercio con l'estero di Adolfo Urso, che non a caso ieri è stato ricevuto a Palazzo Chigi dal vicepremier Fini e da Gianni Letta. Tutti ritocchi che hanno però un obiettivo più che evidente, sottraendo qua e là competenze attualmente in capo a via XX Settembre. La verifica, come sottolinea infatti Alemanno, «ha come oggetto anche il Dpef dei prossimi tre anni, ovvero le compatibilità economiche e sociah del- lepohtiche delgovemo». La strada die ha davanti il govemo non è tuttavia spianata: An e Udc, espletata la fase degh «incontri bilaterali» fanno sapere che adesso tocca a Berlusconi. Ma di certo, la strada della verifica non incrocia più le rifoime istituzionali. Si è avuta quarantott'ore fa la conferma che ha funzionato lo schema, elaborato già la settimana scorsa su input di Palazzo Madama, di scorporare le riforme dal tavolo della verifica, cassare il Parlamento padano («Una cosa che ha riportato serenità», dice adesso Marco Follini, «e che ci consentirà di rimetter mano alla cattiva riforma federalista del centrosinistra»), e tornare al Senato federale. Stamattina, si incardina il progetto di riforma costituziona¬ le in Senato. Ci sarà una relazione d'apertura di Francesco D'Onofrio dell'Udo, «e questo è l'unico filo che ci lega con l'opposizione, è già molto che abbiano accettato la relazione di maggioranza», dice il senatore. Il centrosinistra, in realtà, avrebbe anche potuto impedirlo, sceghendo la via dell'ostruzionismo aperto, ma ha invece preferito offrire una controrelazione di minoranza, che sarà tenuta da Franco Bassanini. Tramontato il «Parlamento padano», grazie a un pronto dietrofront della Lega che ha gettato sul piatto come «una forte novità» l'inserimento d'ufficio nel nuovo Senato federale dei presidenti di Regione, già previsto nel progetto dei «saggi» di Lorenzago (e che non piace affatto a molti governatori, di centrodestra come di centrosinistra), si tratta ora di vedere di che morte morirà quella proposta. Se verrà affossata col voto, o se si darà corso all'idea del capo dei senatori ftniani Domenico Nania di presentare un emendamento che semplicemente riporta tutto il testo dì riforma a quello varato in un apposito vertice di govemo. Comunque, le votazioni dovrebbero cominciare lunedì e martedì prossimi. E poi riprendere il 3 febbraio. La Lega, intanto, ha ripreso a scalpitare. Per Calderoli, «è il cardinal Ruini il vero secessionista: il Vaticano s'è staccato dall'Italia». Bossi ieri ha minacciato «un referendum sulla nostra bozza federalista, vogho vedere quando ci saranno milioni di voti come faranno a negarla in Parlamento».

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