Legge Gasparri, la Camera esaminerà solo 7 artìcoli di Maria Grazia Bruzzone

Legge Gasparri, la Camera esaminerà solo 7 artìcoli LA SCELTA, DOPO IL RINVIO DECISO DAL QUIRINALE IL 15 DICEMBRE, PRESA CON 105 VOTI DI SCARTO Legge Gasparri, la Camera esaminerà solo 7 artìcoli L'Ulivo: hanno dato ascolto a Gonfalonieri, non a Ciampi Maria Grazia Bruzzone ROMA Come da copione, la maggioranza è stata compatta. E l'aula di Montecitorio, con uno scarto di 105 voti, ha approvato la proposta delle commissioni competenti di circoscrivere il riesame della legge Gasparri rinviata dal presidente Ciampi a soli 7 punti, escludendo fra l'altro il controverso tema delle telepromozioni. La Fieg definisce «sconcertante» la decisione che «disattende il messaggio del capo dello Stato». Ma il ministro Gasparri è soddisfatto e sulle telepromozioni aggiunge: «Capisco il punto di vista degli editori, ma le norme sulla pubblicità rispettano le direttive europee sulla tv senza frontiere». Pesanti i commenti dell'opposizione che, delusa, nel corso del dibattito ha polemizzato a lungo con lo stesso presidente Casini, accusato più o meno direttamente di aver «limitato le prerogative dell'assemblea parlamentare». «La maggioranza ha raccolto il messaggio di Confalonieri, non quello di Ciampi», ironizza il Ds Giuseppe Giulietti. «La gentile concessione sulle telepromozioni - autorizzate per Mediaset e non ijer la Rai - vale 700 miliardi di vecchie lire per il gruppo di proprietà del presidente del Consigho - osserva il Paolo Gentiloni (Margherita) Ma un lifting non basterà a rendere costituzionalmente accettabile la Gasparri». Il capo- gruppo della Quercia Luciano Violante irride An e Udc, che «fanno un grande clamore fuori dal Parlamento, poi in aula votano come stabiliscono Berlusconi e Bossi». «Le solite falsità, i soliti schiamazzi, le sohte aggressioni della sinistra», replicano dalla Cdl. La maggioranza va avanti spedita e la commissione congiunta Cultura S- Comunicazioni conta di licenziare entro oggi il testo modificato, pé* quanto la prima votazione sia stata, fatta slittare drtre giorni, dal 26 al 29 gennaio. L'impressione è che, viste le complicazioni che sta incontrando la verifica dell'avvio del mercato digitale ri¬ chiesta dal decreto salvareti, dopo le ripetute richieste di chiarimenti del presidente dell'Autorità delle Comunicazioni Enzo Cheli che si sommano all'istruttoria aperta dall'Antitrust sugh acquisti di frequenze da parte della Rai, la Gasparri possa essere approvata a tambur battente mentre il decreto, la cui conversione è in corso al Senato, potrebbe alla fine essere lasciato decadere. E' probabilmente tale volontà di accelerare i tempi ad aver spinto il centrodestra a forzare un po' la mano. Fin dall'inizio del dibattito l'attenzione di vari esponenti dell'opposizione si è concentrata sulla decisione del presidente della Camera di sottoporre al voto dell'aula non la valutazione se delimitare il riesame della Gasparri ad alcuni articoli o rivederla per intero, ma la stessa proposta delimitativa già approvata dalla commissione congiunta a maggioranza. Una scelta (in particolare ci si riferiva all'esclusione delle telepromozioni) che in diversi hanno ritenuto «giuridicamente inammissibile». Al punto che, mentre il ds Antonio Sòda lasciava l'aula protestando. Franco Monaco profetizzala interventi della Corte. Antonio Maccanico riportava la discussione su un terreno pohtico, stigmatizzando la «cocciuta e testarda indisponibi- lità della maggioranza a riconsiderare un assetto normativo vitale per la nostra democrazia». L'ex ministro puntava il dito sulle risorse pubblicitarie «che rappresentano l'architrave sul quale è retta l'architettura del sistema» e anche sul capitolo Rai, che nella Gasparri continua ad essere «l'ente che va in dotazione ai vincitori delle elezioni». A difesa dell'operato della maggioranza, l'azzutro Paolo Romani sottolineava che «il messaggio del Capo dello Stato non fa mai riferimento al tema dei tetti di affollamento, ma sempre a quello della raccolta pubblicitaria» e sottolineava come anche il richiamo di Ciampi alla sentenza deUa Consulta n. 231 del 1985, nella quale si richiede che sia evitato il pericolo che la tv inaridisca le fonti di finanziamento della stampa, «è immediatamente riconducibile alla problematica attinente all'eccessiva dimensione del Sic» che, oltre a determinare il rischio di posizioni dominanti nel settore tv, «potrebbe causare un ulteriore rafforzamento di tale settore in danno di altre categorie, segnatamente, della stampa». Ferdinando Adomato infine attaccava Koppoeizione, aceasandela di «tirare per la giacca il presidente della Repubbhca interpretando il suo messaggio come un suo schierarsi' da una parte pohtica». «Ai girotondi - ha chiosato riferendosi a Oscar Luigi Scalfaro - è sufficiente avere un ex capo dello Stato». Il ministro per le Comunicazioni Maurizio Gasparri

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