Quando la dea bendata porta fortuna e tragedie

Quando la dea bendata porta fortuna e tragedie Quando la dea bendata porta fortuna e tragedie Nella cronaca tanti casi di persone che hanno bruciato l'esistenza nell'incapacità di gestire il patrimonio Vincite maledette. Soldi che ti potrebbero cambiare la vita. In megbo, si spera sempre. E invece te la distruggono. In passato è già successo diverse volte. La storia insegna. Gente che ha perso gli amici, gli affetti più cari. Persone che dall'oggi al domani si sono trovati ingenti cifre da gestire senza sapere nulla di immobili, contratti, banche, titoli di borsa, investimenti in genere. Storie concluse anche più tragicamente di ima separazione famibare, sfociate nel suicidio. Come capitò a quell'operaio napoletano che un ventina di anni or sono si ritrovò ricco grazie al Totocalcio, ma finì la sua vita gettandosi sotto un treno, dopo aver dilapidato il suo patrimonio in una serie di investimenti sbagbati. Non solo, ma il poverino fu diverse volte vittima di alcuni abib truffatori che riuscirono a sottrargb parte dell'allora consistente vincita. Ma una delle vincite sfortunate più ricordate è quella che cinquant'anni fa legò i nomi di Nicola Saccinni e Ugo Gaudier, titolare di un bar a Spinazzola (Puglia) il primo, impiegato alla Paravia il secondo. La loro sembra quasi ima storia costruita apposta, di quelle che si raccontano ai bimbi per farli crescere buoni e sulla retta via. Ma è una storia vera, iniziata nel bar di Saccinni, nel lontano 1954, dove i due compilarono insieme una schedina del totocalcio. Con 100 lire, il titolare del bar e il suo occasionale ebente azzeccarono un «tredici» da 243 milioni. Che all'epoca - erano gb anni del signor Bonaventura, che sul Corriere dei Piccob regalava un milione - furono una cifra impressionante. Anni in cui i sogni di tutti erano possedere un frigorifero, un'auto, uno dei primi televisori. Saccinni e Gaudier quelle soddisfazioni se le tolsero entrambi, ma le loro vite, come si erano unite in quella schedina, si divisero. Malgrado i.suoi 122 miboni, l'impiegato della Paravia continuò a lavorare fino alla pensione. E in punto di morte, essendo senza figb, Gaudier de- signò alcuni eredi, che ancor oggi gb sono riconoscenti. Quanto a Saccinni, pochi mesi dopo aver incassato i suoi 121 miboni, chiuse il bar. Poi btigò con la mogbe e la fìgba, venne arrestato e condannato per maltrattamenti. Infine, a Cesenatico acquistò un albergo che falb nel volgere di'qualcbe anno. Per le cronache, Saccinni dopo una serie di delusioni sentimentali e i fallimenti finanziari, si trasferì a Genova, dove morì d'infarto mentre si stava construendo una casa. Oggi c'è invece chi si rovina con il gioco senza neppure assaporare la grande vincita. Capita a poco a poco, senza accorgersene. Un euro alla volta. Come il ragazzo che a Cattolica, quattro anni fa, dilapidò i risparmi di casa (70 milioni delle vecchie lire) giocando ai videopoker. Venne fermato grazie ai carabinieri, contattati per disperazione dai genitori. «Mio figlio non pensava ad altro - disse in quei giorni il padre -, non sentiva i miei strilli e neppure i pianti di sua madre. Si è rovinato. In casa mi dava ragione, ma poi usciva e si metteva davanti a quelle macchinette. Settanta miboni non sono una cifra detta a caso: ho fatto i conti con i documenti deUa banca e in un anno sono spariti tutti quei soldi. Aveva una mogbe, che fa l'avvocato, e una figba: per colpa del gioco l'ha lasciato e ora vive con la bambina all'estero», [g. bra.l Una schedina dell'Enalotto: la febbre del gioco contagia milioni di persone

Persone citate: Gaudier, Nicola Saccinni, Saccinni, Ugo Gaudier

Luoghi citati: Cattolica, Cesenatico, Genova, Puglia, Spinazzola