Silvio & Umberto, così hanno trovato l'accordo

Silvio & Umberto, così hanno trovato l'accordo NON CI SAREBBE STATA LA CENA DEL LUNEDI CON IL SENATUR Silvio & Umberto, così hanno trovato l'accordo In serata Bossi ha smentito le voci di una sua possibile uscita dal governo «Mi dimetto solo se me lo chiede l'assemblea della Bega, altrimenti mai» retroscena Ugo Magri ROMA IN altri momenti, la propaganda del Cavaliere ne avrebbe profittato per alimentare la leggenda del «deus ex machina»: gli alleati litigano, la situazione precipita, tutti si perdono d'animo finché non interviene lui, Silvio Berlusconi, a rimettere le cose a posto. Stavolta, però, non è aria. Le menti più sveglie che circondano il premier si rendono conto, sondaggi alla mano, come pure questa storia del Mediatore con la maiuscola stia cominciando a puzzare di'stantio, la gente semplicemente non ne può più delle interminabili risse («Andate a lavorare», direbbero in Brianza). Per cui il ruolo berlusconiano, sebbene decisivo, è stato tenuto volutamente in ombra. Al punto da non far sapere, nemmeno se l'attesa cena del lunedì con Umberto Bossi c'è stata oppure no. La vulgata ufficiale la dà per certa, ma qualcuno bene introdotto sussurra che la conversazione con il leader della Lega sia avvenuta via telefono. Di sicuro, per scongiurare una crisi senza sbocco sulla vicenda del «Parlamento padano», Berlusconi ha dovuto spendere parecchio tempo alla cornetta. A parte l'Umberto, s'è sentito a lungo con Gianfranco Fini e con Karco Pollini. Voleva essere ben certo che sulla controfferta della Lega (avanzata ieri mattina da Roberto Calderoli) gli alleati fossero d'accordo. Una faticaccia, testimonia chi ha seguito da vicino le mosse del premier. Il quale ora guarda con un filo di ottimismo in più alla verifica di governo. «S'incomincia a scorgere uno spiraglio», è il cautissimo commento raccolto ieri sera nell'entourage. Tanta prudenza è dovuta a un ulteriore motivo. Berlusconi sa bene che l'incidente sul «Parlamento del Nord» ha reso Bossi particolarmente nervoso. C'è stato un momento, nella giornata di ieri, in cui il Sena- tur è parso addirittura aver cambiato idea, sconfessando la «ritirata» di Calderoli. A metà pomeriggio è andato in onda su Telepadania per sfogare il proprio malumore contro il «partito trasversale», una sorta di «nuova P2» che mette i bastoni tra le ruote al carro delle riforme. E lì s'è lasciato andare a discorsi già riecheggiati in diverse occasioni, negli ultimi mesi, e ripetuti la sera prima al Cavaliere. Ha negato. Bossi, che la Lega voglia uscire dal governo', perché «non deve abbandonare la prima linea». Però poi ha soggiunto: «Magari esco io, come mi chiedono in tanti...». Ma in serata smentiva: «Fosse per me non mi dimetterei mai davanti al partito di Roma ladrona, ma se me lo chiede l'assemblea della Lega...». Infine ha lanciato un'oscura profezia: «Nelle prossime settimane ne vedremo delle belle: processi, condanne e arresti». Si riferisce alla sentenza della Corte costituzionale, attesa entro il 9 febbraio, sul conflitto di attribuzione sollevato dalla Camera contro la Procura di Verona, che aveva effettuato perquisizioni nella sede leghista di via Bellerio senza la prescritta autorizzazione. Se la Consulta desse ragione ai pm veronesi. Bossi finirebbe in galera. E chissà perché, lui si è convinto che Pier Ferdinando Casini non stia facendo tutto il possibile per dargli una mano, anzi... Di qui il ritomo d'insofferenza, lo sfogo contro quello che la Padania stamane chiama «il partito romano della bistecca», e la tentazione di sfilarsi dal govemo subito dopo l'approvazione della devolution a Palazzo Madama perché, come ha notificato al premier l'altra sera, «se An e Udc voghono dei posti, diamoglieli, chissene... Ma se invece c'è una trama per farci fuori e mandarci in prigione, io butto all'aria tutto». Per tutta la giornata di ieri, Berlusconi ha sintonizzato le sue antenne sugli alti e bassi dell'umore bossiano. Si può immaginare dunque il salto che ha fatto sulla poltrona, nel leggere sulle agenzie cos'aveva detto Follini ai parlamentari dell'Udc: «Siamo qui a seppellire l'idea balzana di un Parlamento del Nord, del Centro, del Sud...». Allarmatissimo, il premier ha dato disposizione ai suoi di bacchettare duramente il segretario dell'Udo (se n'è incaricato Fabrizio Cicchitto, vice-coordinatore nazionale di Forza Italia). La «provocazione», così l'hanno vissuta ad Arcore, è stata riassorbita, ma la voglia di disimpegno di Bossi si somma a quella di Fini, anche lui tentato dal «gran rifiuto». Con Follini che resiste alle lusinghe del Cavaliere («entra pure tu nel governo») perché ha capito che, visto l'andazzo, gli conviene tenersi le mani libere. Rimproverato Follini per aver comunicato ai parlamentari Udc «Siamo qui per seppellire l'idea balzana del Carroccio» I presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con il ministro per le Riforme Umberto Bossi

Luoghi citati: Arcore, Roma