Verifica al palo, Finì stoppa il «Parlamento del Nord» di Ugo Magri

Verifica al palo, Finì stoppa il «Parlamento del Nord» AZZURRI IN DIFFICOLTA: «SU UNA COSA DEL GENERE UMBERTO E DAVVERO CAPACE DI MANDARE ALL'ARIA IL GOVERNO» Verifica al palo, Finì stoppa il «Parlamento del Nord» An e centristi bocciano le assemblee territoriali, Forza Italia prova a mediare Ugo Magri ROMA Inattesa che Silvio Berlusconi decida come e quando affrontare la verifica, la sua maggioranza cade rapidamente a pezzi. Ieri An e Udc hanno infranto le speranze leghiste di dar vita a un Parlamento del Nord inserito nella futura Costituzione della Repubblica. Gianfranco Fini e Marco Pollini hanno annunciato che i rispettivi partiti non voteranno l'emendamento al disegno di legge governativo dove si istituiscono le cosiddette «assemblee di coordinamento territoriale» tra le varie regioni. Per Umberto Bossi, politicamente parlando, è un cazzotto nei denti. Proprio ieri mattina, sulle colonne della Padania, il ministro per le Riforme aveva sfoderato una vena di autentico lirismo annunciando «la realizzazione del sogno risorgimentale dell'unità nella diversità». Chiaramente Bossi già pregustava il proprio capolavoro politico. Per cui si può immaginare di che umore fosse ieri sera, quando le -n.ot.izie xo-maTie VIciaLXuao raogìvmto nella sede di via Bellerio. I riflettori si sono immediatamente accesi sulla tradizionale cena del lunedì con il presidente del Consiglio (rientrato ad Arcore dalla Sardegna). Prima ancora di conoscere gli esiti del colloquio, fonti di Forza Italia si mostravano assai preoccupate perché «su una cosa del genere Umberto è davvero capace di mandare all'aria il governo». L'emendamento bocciato da Udc e An suona testualmente così: «Le regioni istituiscono le assemblee di coordinamento territoriale a norma dell'articolo 117 ottavo comma della Costituzione con funzione consultiva sulle leggi del Senato». Vuol dire eh", per avere qualche voce in capitolo sull'attività legislativa, le regioni debbono creare degli appositi organismi. Inutile dire che finirebbe per prevalere il criterio della contiguità territoriale, dunque il Nord si farebbe la propria assemblea, così pure il Centro e il Sud. La settimana scorsa, quando il testo dell'emendamento era stato frettolosamente buttato giù in sede di commissione affari costituzionali del Senato, nessuno della maggioranza aveva avuto da ridire. Tanto Domenico Nania, rappresentante di Fini, che Francesco D'Onofrio, a nome degli ex de, avevano ottenuto il disco verde dai rispettivi partiti, probabilmente distratti. Poi, però, s'è scatenata l'offensiva del centro-sinistra che ha accusato la Casa delle libertà di essere nelle mani di Bossi e dei suoi progetti separatisti. Da quel momento è stato tutto un crescendo di polemiche e di appelli ai «moderati» del centro-destra. Quattro parlamentari bolognesi dell'Ulivo (Vitali, Bonfietti, Pasquini e Chiusoli) hanno addirittura invocato l'intervento di Pier Ferdinando Casini, presidente della Camera, assurto ormai a emblema vivente della pacatezza istituzionale. Ma il culmine s'è raggiunto ieri, con il monito del cardinale Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana: «Le riforme istituzionali vanno perseguite senza mettere nemmeno apparentemente in discussio¬ nqspmsrgt ne l'unità nazionale». E per quanto le direttive ecclesiastiche non abbiano più il peso di una volta, un richiamo da così in alto è pur sempre destinato a scuotere le coscienze cattoliche. Ecco dunque Pollini, segretario dell'Udo, precisare che «il Parlamento del Nord non c'è nel programma elettorale della Casa delle libertà, non c'è nella bozza di Lorenzago, non c'è e non ci sarà. Punto». Ed ecco Nania spiegare, dopo un colloquio con Fini, che An è disposta a votare il vecchio testo, quello approvato in Consiglio dei ministri, senza «fantasiose fughe in avanti quali assemblee super-regionali». Il doppio siluro ha lasciato incredulo Alessandro Ce, capogruppo leghista a Montecitorio: «Andrà a finire che Alleanza nazionale ed ex de si accontenteranno di qualche posticino in più al governo e al sottogoverno». Ma Bruno Tabacci, Udc, vede tutt'altro film: «Non so cosa accadrà al Senato, ma qui alla Camera il voto positivo se lo possono scordare...». Ora Forza Italia tenterà di riscrivere l'emendamento in modo da salvare capra e cavoli. Andrea Pastore, uno dei «saggi» di Lorenzago, è già al lavoro per «togliere qualche ambiguità». Ma è chiaro che nessuna limatura potrà bastare,. se Berlusconi non troverà in fretta il bandolo della verifica.

Luoghi citati: Arcore, Roma, Sardegna, Udc