Tonna nelle stanze dei segreti dove è nato e svanito l'impero

Tonna nelle stanze dei segreti dove è nato e svanito l'impero IL DIRETTORE FINANZIARIO E BOCCHI INTERROGATI TRA LE MURA DELLA PALAZZINA UFFICI CHE FU LA CASA DEI TANZI Tonna nelle stanze dei segreti dove è nato e svanito l'impero «Guardalo, un mito che cade» dicono gli impiegati alla finestra mentre il loro ex capo terribile attraversa il cortile tra due agenti reportage Pierangelo Sapegno Inviato a COLLECCHIO QUANDO Fausto Tonna è entrato nella palazzina della Parmalat m questa mattina di sole spento, c'era ad aspettarlo, assieme al silenzio della malinconia e a tutte le facce che lo guardavano appese dalle finestre e dalle vetrate dei corridoi, anche un pezzo della nostra storia che se ne va, partita da questa casa quando l'Italia vestiva ancora in camicia nera, cominciata qui, nella stessa stanza dov'era nato Calisto Tanzi e dove poi teneva il suo ufficio a memoria di una vita, e dove adesso c'è Enrico Bondi, con la sua truppa di segretarie e i suoi bilanci disperati, e i suoi conti da rifare. Questa, in via Oreste Grassi, negh Anni Trenta, era la casa e la bottega dei Tanzi, che facevano prosciutto e qualche soldo nelle nebbie delle campagne di CoUecchio, fra le stradine che si sperdevano con i carri e i buoi in mezzo ai covoni di fieno. Oui Calisto aveva fondato il suo impero, sceghendo per sé l'ufficio nella camera dove la mamma l'aveva messo al mondo coccolandolo nella sua culla, e disegnandoci attomo la sua schiera di ragionieri e di soldati, e poi le scrivanie e i conidoi che inseguivano l'America con i numeri e i sogni inventati in casa. Qui è tomato Tonna, l'uomo che aveva costruito il cielo con i suoi conti, quando l'impero moriva e tutto cominciava a crollare, e lui riusciva a immaginare un'altra impresa e un altro buco da queste nebbie di paese affacciate su Park Avenue, New York, Usa. E' arrivato alle 10,03, due furgoni cellulari blu, uno per lui e l'altro per Bocchi, una macchina della polizia penitenziaria e una dei carabinieri. Sono rimasti un po' più di venti minuti fermi nel cortile. Dalle finestre h guardavano con mesto stupore, e non c'era nient'altro che la sconfitta di tutti in quegh occhi appesi, e non c'era nessuna rivincita e nessun rancore, «ma solo un mese di agonia», come ci racconta uno di loro, «il tempo di veder spegnersi le cose e le persone, e consumarsi tutta una vita». Vicino a lui, un'impiegata osserva e sospira: «Sembra Craxi all'hotel Raphael, quando sapeva che l'aspettavano sotto, ma sapeva anche che ci doveva passare in quella gogna. E ci è andato, come fa lui adesso». Quando h fanno uscire dai cellulari, viene fuori prima Tonna, con una cartella grigio verde sotto il braccio, stretto fra due agenti di polizia, e qualcuno urla «Craxi», e poi tocca a Bocchi, con un faccene bianco, che percorre veloce il camminamento in pietra del cortile, senza alzare mai gli occhi da terra, raggiungendo di corsa il portone che sta per richiudersi, in cima ai tre scalini. «Guardalo, è un mito che cade», dice la signora Annamaria, e chissà se lui ha sentito, ma lo dice senza offendere, come se volesse solo voltare una pagina, chiudere una storia. Sono quasi le 10 e mezzo, ma questa storia che si chiude non è quella di Tonna. Restano tutti ancora lì affacciati. Da dove sono entrati, una stanza quadrata molto scura, c'è una porta blindata che porta all'ingresso, e un'altra che si apre sulla palazzina con gh uffici dei dirigenti, ch'era la casa della salumeria di Melchiorre Tanzi, il papà di Calisto. Sono entrati da quella parte. Prima, hanno tenuto Bocchi e Tonna separati, perché, dicevano i finanzieri, «non voghamo che Bocchi subisca l'influenza del capo». Poi, h hanno fatti accomodare uno per volta in una sala d'attesa, con la moquette scura e un tavolone di legno in mezzo: era il posto dove aspettavano tutti i signori che venivano qui per essere ricevuti dal cavaliere. Oggi è questo il posto dove riguardano i conti e la vita dellaParmalat. Conloro sono entrati anche un revisore della Price, alcune guardie di Finanza e un consulente del tribunale. I pavimenti sono chiari. Noi ce h ricordavamo con il marmo, ma era una memoria sbaghata. Gh uffici modulari, con porte a vetro scure. «Abbiamo fatto mettere dei fogli adesiviper coprirli», ci dice Antonio B. Qui, al primo piano, adesso c'è Eranco Gorreri, che è ancora direttore della tesoreria Parmalat spa, chiuso nella suia stanza. Si affaccia solo un attimo in corridoio, mentre Tonna e Bocchi sono già dentro a lavorare sui conti nella sala d'attesa. Lo arresteranno nel pomeriggio, quando temerà a casa. Associazione a delinquere e bancarotta, come tutti. E sempre qui c'è (d'appartamento» di Tanzi, come continuano a chiamarlo i suoi ex dipendenti, un ufficio grande ma molto spartano, con il suo tavolo di legno massiccio completamente vuoto, senza neanche le foto dei figli, e le tende bianche tirate. E' diventato il regno di Enrico Bondi, che è arrivato qui e neanche il tempo di posare le sue cose e ha chiamato la Federica e la Cristiana, che erano le due giovani segretarie del cavaliere: «I miei orari sono questi. Comincio alle 8 del mattino, faccio una breve pausa all'una per colazione e poi vado avanti tirato fino alla sera dopo le 8». Loro hanno guardato sorprese. Lui, (monvabene?», eloro, «no, no», velocissime. Però, è arrivata lo stesso una terza segretaria, più anziana, da Milano. Umberto Tracanella non ha ufficio: va e viene da Milano. L'altro suo vice, invece, Angiolini, è finito al piano di sopra, dentro l'ufficio che era di Domenico Barili, altra storia altra vita, direttore marketing, quello della Parmalat che stava diventando grande, che usciva dalle nebbie e andava a farsi conoscere nel mondo, passando da Niki Lauda e dallo sci. Tanzi aveva appena comprato in Brasile, ma i conti non tremavano come dopo. Era l'Italia del capitalismo di famigha, che vedeva ancora il mondo da qui, non da New York, non era questa che sta morendo oggi, davanti ai nostri occhi, dentro questa sala d'attesa. Anche Tonna da marzo aveva traslocato qui, dove stavano gh uomini alla sinistra del cavaliere e quelh alla sua destra. E' una stanza bella ampia. Da dicembre al suo posto ci stanno tre o quattro uomini di Mediobanca. Ma tutta la sua vita, Tonna, l'aveva fatta nell'altra palazzina. Per arrivarci bisogna tomare nel cortile, passar davanti alla felce, andare di fronte, all'altra porta. dove ci sono due macchinette per il caffé e le bibite, salire le scale e al primo piano prendere a destra e passare per una specie di camminamento, prima di arrivare nel corridoio che porta al suo ufficio. Quel passaggio gh impiegati lo avevano battezzato (di ponte dei sospiri», forse sempheemente perché da h si andava dal direttore terribile, o forse solo perché gh impiegati sospirano sempre, dai tempi di Fantozzi, o da quelh di Gogol. L'ufficio di Tonna è proprio l'ultimo in fondo al corridoio. Lo vedi dalla strada. Adesso Iha preso Giovanni Fochi, che segue le pratiche fiscah. Tonna qui ci inventava altra roba, costruzioni americane. E' un bugigattolo incredibile, due metri per due, dove ci stavano scaffalature in legno bianco e in alluminio, con colori grigi, quasi di muffa, una umile scrivania, una poltrona di pelle con lo schienale alto e un cartello da bar fine Ottocento che vedevi appena mettevi il piede dentro: «E' vietato l'ingresso ai questuanti». In questa misera stanzetta con la porticina di vetro chiaro come quella di una cucina, faceva il bello e il cattivo tempo alla Parmalat, inventandosi ingegnerie finanziarie e conti kafkiani, levando la pelle agli impiegati poco obbedienti e affrontando a muso duro Antonio Mattioli, della Cgil, che cominciava a non capirci niente con tutti quei numeri: «Tu non devi capire. Dobbiamo espanderci, siamo legati alle necessità della globalizzazione». Ecco dove correva l'azienda di famiglia sperduta tra le nebbie e i buoi. E quando Mattioli replicava, il direttore si faceva ancora più duro: ((Attento, perché ci potremmo tutelare per vie giudiziarie. Potresti subire deUe conseguenze». Ora che è tutto finito, il grande sogno, ora che il mondo che ci stava alla porta è tomato o'tre l'Oceano, Tonna rifa i conti dentro la sala d'attesa e cerca di far capire a Bondi dove sono gh unici numeri veri, quelh che servono. Bocchi esegue (e sarebbero stati recuperati anche alcuni file che erano stati cancellati). Faceva così anche un tempo, ma quasi nessuno se lo chiedeva, e Mario C. dice che «era un bravo tipo, un impiegato come noi, ma aveva amici che non sapevano neanche che cosa facesse. Aveva una posizione vicino al capo, dicevano così, solo quello si sapeva». Ora va avanti, continuando a obbedire, i numeri, le fantasie, le carte false, e adesso la galera, sempre dicendo signorsì, come uno di quegh impiegati che avevano fatto la nostra vita e la nostra storia nell'Italia che partiva dalle nebbie per andare al mare. E' tutto questo che muore oggi, non solo la vecchia casa di famiglia che era diventata un'azienda, non solo la camera con la culla che era diventato l'ufficio per parlare con New York o con Rio de Janeiro e le isole Cayman. Muore il padrone del paese, quello che come racconta quel vecchietto a Angelo Macchiavello, Italial, ((faceva venire tutti qui per prendere i regali, i teloni da mare». Oggi a lui, con tutta questa gente lì fuori, gh sembrava una giomata così. Secondo le indiscrezioni sarebbero stati recuperati alcuni file utili alle indagini che si credeva fossero andati completamente distrutti L'exdirettorefinanziario della Parmalat Fausto Tonna mentre entra nel quartiere generale di Collecchio