Verifica, Fini prepara una proposta «prendere o lasciare» di Ugo Magri
Verifica, Fini prepara una proposta «prendere o lasciare» Verifica, Fini prepara una proposta «prendere o lasciare» Il vicepremier a pranzo con il Cavaliere. Alleanza nazionale pronta, se necessario, anche a bloccare le devolution Ugo Magri ROMA La verifica di governo ha imboccato una china pericolosa. Alleanza nazionale s'è convinta che il premier stia facendo orecchie da mercante e minaccia, qualora le proprie richieste non venissero accolte, di dare semaforo rosso alla devoluzione, che va in aula il 22 gennaio prossimo in Senato. Inutile aggiungere cosa succederebbe in quel caso: Umberto Bossi ha già detto in tutte le salse che i prossimi giorni sono decisivi, e se la «sua» riforma non passa «si va tutti a casa». Pareva strano che la Lega potesse cantare vittoria sul «Parlamento del Nord», cui la riforma in discussione darebbe il sostanziale via libera. E difatti An non ci sta. O meglio, ci sarebbe stata tra mille maldipancia nel caso in cui Berlusconi avesse steso un drappo rosso davanti ai piedi di Gian¬ franco Fini, che reclama per il suo partito la «regìa» della politica economica. Però ieri il vice-premier s'è fermato a pranzo dal Cavaliere (c'era pure Rocco Buttiglione) e ne ha tratto motivi di forte delusione. Col trascorrere delle ore il malessere s'è trasformato, secondo fonti di via della Scrofa, in vera e propria «insofferenza» poiché, è la spiegazione offerta, «si ha l'impressione che Berlusconi voglia minimizzare la verifica, e ciò non va bene affatto». In queste condizioni», tirano le somme nell'entourage di Fini, «la devoluzione di Bossi non va da nessuna parte. Che passi al Senato se lo possono scordare...». Cosa si siano detti esattamente, il premier e il suo vice, davanti al branzino alle erbe consumato nella sala da pranzo che sta al terzo piano di Palazzo Chigi, non è dato sapere. Di sicuro Fini s'è accomodato a tavola piuttosto seccato dall'ennesimo battibecco avu- to poco prima in Consiglio dei ministri con Giulio Tremonti. Il quale insiste per la linea del rigore nel negoziato coi sindacati sulle pensioni, laddove il vicepremier ha sempre consigliato una strada più dialogante e meno inflessibile. Berlusconi, finita la riunione, ha notato che i due continuavano a «spiegarsi» nell'androne di una finestra e, per evitare code spiacevoli, s'è trascinato Fini a pranzo insieme con Buttiglione. Lì il premier non ha aperto praticamente bocca, limitandosi ad ascoltare (come aveva fatto martedì scorso nel precedente incontro). A Fini, che si attendeva risposte concrete, il silenzio del premier è parso poco rassicurante. Perché Berlusconi insiste a tenere le carte coperte? Qui si vogliono fare le nozze coi fichi secchi, è stata la conclusione del vicepremier. Avvalorata, verso le sei di sera, da una soave dichiarazione del coordinatore nazionale azzurro, Sandro Bondi: «La verifica? Sta andando molto bene. A Fini la delega per il Sud? Prematuro parlarne. La decisione dovrà essere presa dal presidente e dal partito...». Gli altri, nella logica di Bondi, sono tutte comparse. Anche ammesso che il premier ceda a Fini la delega che oggi appartiene al forzista Gianfranco Micciché, non si può certo dire che si sia svenato per venire incontro al secon¬ do partito della coalizione. E dalle voci che filtrano in queste ore, Berlusconi non pare intenzionato a mostrarsi particolarmente prodigo neppure con l'Udc. Da una parte insiste perché Marco Follini enfi nel governo (dove ne controllei ebbe meglio l'operato), dall'altro però finora s'è ben guardato dal prospettargli incarichi di primo piano, al massimo ministeri senza portafoglio da rimpolpare con deleghe tuttora imprecisate. Il dilemma che si prospetta a Fini e Follini viene così riassunto in ambienti ex de: «Se Berlusconi resta inchiodato al poco che ci offre, è meglio incassare subito o rilanciare a giugno dopo le europee?». Circolano sondaggi riservati in cui An va forte, l'Udc avanza, Fi arranca e Fini occupa stabilmente la testa degli indici di gradimento. Per i centristi non c'è ragione di avere tutta questa dannata fretta di rimpastare il governo, con un po' di pazienza si potrebbe portare a casa un più pingue bottino. Fini però non la pensa allo stesso modo (anche perché sulla verifica si è esposto in prima persona) e vuole chiudere subito. Tornerà dal Cavaliere con una proposta alla vigilia del 22. Sarà un «prendere o lasciare». Atavola, davanti a un branzino alle erbe, il primo ministro è rimasto silenzioso Bondi: «Sta andando tutto molto bene»
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