Bassora in piazza: «Si all'islam, no agli Usa» di Paolo Mastrolilli

Bassora in piazza: «Si all'islam, no agli Usa» LA GUIDA SPIRITUALE DELLA MAGGIORANZA IRACHENA, AYATOLLAH SISTANI, ALZA LA POSTA Bassora in piazza: «Si all'islam, no agli Usa» Gli sciiti chiedono elezioni generali subito Paolo Mastrolilli NEW YORK Le grida «Sì all'Islam, no all'America» sono tornate ad alzarsi ieri in Iraq, mettendo in dubbio il futuro del Paese disegnato da Washington. Decine di migliaia gli sciiti, 150 mila secondo alcune stime, sono scesi in piazza a Bassora, e in altre città, per protestare contro i piani Usa sul passaggio dei poteri a un governo locale, dando anche una dimostrazione di forza che aveva lo scopo di chiarire i rapporti di potere. Gli sciiti sono la maggioranza degli iracheni, ma durame il regime di Saddam erano dominati dai sunniti. La loro guida spirituale più popolare è l'ayatollah Ah al Sistani, e finora hanno accettato senza violerrie l'occupazione americana, confidando sul fatto che avranno un ruolo decisivo nel futuro governo. Dunque sono nemici della guerriglia sunnita che sta insanguinando il centro e il Nord del Paese, ma questo atteggiamento pacifico potrebbe cambiare se Washington deludesse le loro aspettative. Gh Stati Uniti hanno promesso di passare i poteri ad un esecutivo locale entro la fine di giugno, tramite un'assemblea legislativa che dovrebbe nominare i ministri. Ma hanno proposto di sceghere i membri dell'assemblea con riunioni regionali, invece di vere e proprie elezioni, che dovrebbero tenersi solo alla fine del 2005, dopo l'approvazione della nuova costituzione. Al Sistani, però, chiede che i parlamentari vengano selezionati convocando subito elezioni nazionali, che darebbero più legittimità al processo e garantirebbero la maggioranza agli senti. Washington si oppone a questa idea perché la considera impraticabile, e forse perché teme la reazione degli altri gruppi sunniti, curdi e turcomanni. Però ha bisogno dell'appoggio di al Sistani per stabilizzare l'Iraq e sconfiggere la guerriglia alimentata dai membri del vecchio regime, e quindi deve tenere conto delle sue obiezioni. Lo hanno dimostrato le proteste di ieri, che da Bassora si sono estese anche a Nassiriya, dove si trovano i soldati italiani, e in altre città più a Nord. L'ayatollah Mohammad Baqer al-Mohri, stretto collaboratore di al Sistani, ha minacciato la pubblicazione di una fatwa contro il governo provvisorio voluto dagli americani, se gh Stati Uniti non ascolteranno le sue richieste. Un leader religioso di Bassora, Ali al-Hakim al-Safi, ha avvertito che «non abbiamo bisogno di usare la violenza, finché ci sono mezzi pacifici per lavorare insieme. Ma se scopriamo che questi mezzi non sono più disponibili, dovremo cercare altri metodi». Per tentare una mediazione Abdul Aziz al-Hakim, membro sciita del Consiglio governativo provvisorio, ha scritto al segretario generale dell'Onu Kofi Annan, chiedendo che il Palazzo di Vetro studi la possibilità di tenere subito le elezioni o trovi un compromesso. L'appello sottointendeva una sollecitazione affinché le Nazioni Unite tornino a Baghdad, dopo l'attentato del 19 agosto scorso, anche perché come ha detto Mahmoud Othman, un altro membro del Consiglio, «il processo del passaggio dei poteri sotto la supervisione dell' Onu, la Lega Araba e gh europei, non avrebbe il carattere dell'occupazione». Annan però è prudente, perché vuole garanzie tanto sulla sicurezza, quanto sul ruolo pohtico del Palazzo di Vetro. Perciò ha risposto dicendo che le elezioni subito sono tecnicamente impossibili, ma non si è sbilanciato sulle proprie iniziative. Il segretario aveva convocato da tempo una riunione lunedì a New York, per discutere il futuro dell'Iraq, e dopo qualche incertezza ha deciso di partecipare anche il governatore americano Bremer, che domani vedrà il presidente Bush alla Casa Bianca. Una mossa che dimostra come anche Washington guardi all'Orni per mediare. Ieri le violenze della guerriglia sono continuate nella zona settentrionale sunnita, e una bomba esplosa sotto un bus dell'Università di Tikrit ha ucciso due studenti. Gh americani hanno lanciato una serie di raid, in cui sono morti almeno sette iracheni, e la televisione Fox ha riportato la minaccia di un attacco con armi chimiche contro il quartier generale di Bremer. Il Pentagono, invece, ha lanciato l'allarme per i suicidi: dall'inizio del conflitto 21 soldati americani si sono tolti la vita, superando la soglia delle ultime guerre. Manifestanti sciiti a Gasserà con ritratti dell'ayatollah Sistani e dell'Imam Ali