Non esiste nessuna crisi dei valori: ma solo nei sondaggi di Lelio Demichelis

Non esiste nessuna crisi dei valori: ma solo nei sondaggi Non esiste nessuna crisi dei valori: ma solo nei sondaggi Lelio Demichelis Z ETICA e la morale sono in sofferenza, i valori si sono fatti «a incerti e fragili. Ci aggrappiamo ai simboli credendo che basti un simbolo per avere anche la morale ad esso coerente. Certo, molta gente ritrova oggi il valore della solidarietà, del dono, una voglia di vera pohtica, di jiustizia sociale e di legami sociai. Ma non sono maggioranza. E il «sistema» li emargina o h nasconde perché non funzionali al suo funzionamento. Non solo. I valori hanno bisogno di tempi lunghi per esistere. Ma la nostra società odierna è non solo velocissima ma anche deliberatamente instabile (economia e tecnica lo impongono); è più precaria e insieme più conformista, ma in modi del tutto nuovi rispetto al passato. Siamo in quella che Ulrich Beck ha chiamato la «società del rischio». Siamo anche una società dove la costruzione dell'identità personale è sempre più eterodiretta (media, rete, pubblicità) e sempre più improbabile, perché il sistema (tecnica più economia, ancora) ha bisogno di individui senza identità e di valori senza sostanza né stabilità. La società attuale esalta individualismo e libertà, ma per nascondere una crescente standardizzazione e omologazione. In realtà trionfa il nichilismo. Questo è ciò che vedono nella società i sociologi e i filosofi più avveduti. Ma tutto questo non è vero, sostiene Raymond Boudon - sociologo di fama, professore emerito alla Sorbona - nel suo saggio Declino della morale? Declino dei valori?. Secondo Boudon esisterebbe infatti una discrepanza tra la «sociologia da bar» che parla di crisi dei valori attraverso i media (che esaltano questa presunta crisi) e la realtà deUe nostre società. Boudon si affida al sondaggio di Inglehart (ampio, denso e articolato^ sui valori mondiali, raccolti in uno specifico Sourcebook. Ebbene? Dalle risposte della gente si smentùebbero i luoghi comuni sulla crisi dei valori. Si evidenzia piuttosto una crescente richiesta partecipazione alla vita pohtica. Si crede meno ai grandi fini e si preferiscono le buone riforme. Si è più critici verso l'autorità, le rego e e i dogmi. Si ha una visione immanentista della religione, rifiutandone tabù e divieti. Si esige più responsabilità e iniziativa personale e si chiede un lavoro che permetta di realizzarsi. Si continua a credere nella famiglia e il rispetto per l'altro rappresenterebbe il valore morale fondamentale. E dunque, per Boudon «si è molto lontani dall'avere l'impressione - che alcuni invece hanno di un indebolimento dei valori e della morale». Non esisterebbe dunque quella discontinuità di valori tra società industriale di ieri e postindustriale di oggi, descritta da molti sociologi, come appunto Beck: «Bisognerebbe vedere piuttosto un elemento di evidente continuità. Il postindustriale non volta le spalle all'industriale, anzi ne rappresenta la continuazione, nella misura in cui ne riprende e ne approfondisce i valori». Niente crisi della morale - dunque - semmai «un'evoluzione nella direzione di quella che, seguendo Weber, si può definire una razionahzzazione dei valori». Una razionalizzazione che Boudon rivede con Weber e Durkheim. Parlare di nichilismo dei valori sarebbe dunque un'illusione, un errore. Ma l'analisi di Boudon è debole - e non è un problema di essere pessimisti o ottimisti. Esempi? Debole perché a sua volta nega la realtà vera (quella che si guarda con gh occhi). Credere che «il rispetto degh altri sia il valore fondamentale della società» significa negare la realtà che ogni giorno viviamo net lavoro e nella pohtica. E non è la «richiesta di partecipazione» in pohtica a crescere, ma l'astensionismo e il populismo-qualunquismo. Parziale oltre che discutibile è credere anche che oggi si assista ad una «estensione smisurata dei diritti». E negare che il sistema economico abbia modi di persuasione e di con-formazione sottili e mascherati significa perdere di vista il cambiamento in atto, mascherato appunto, ma reale. E' vero: Boudon (che ha dedicato molti studi sui sondaggi) riconosce che non sempre le risposte possono essere corrette, ma poi è convinto che «sondaggi e inchieste sociologiche sono strumenti essenziah per la democrazia», permetterebbero infatti di distinguere l'opinione reale da quella immaginata dai media. Ma i sondaggi (lo insegna la psicologia sociale) possono essere manipolati e auto-manipolate possono essere anche le risposte, per ima auto-conformazione di ciascimo ai valori presunti dai più, oppure per una auto-censura dei propri pensieri non-conformi. Certo, i media e le loro iperboh colpiscono l'opinione pubblica, ma non sono certo questi gli unici (e i veri) motori della crisi dei valori. Un crocifisso al collo basta per dirsi cristiani, non basta per esserlo veramente. Dirsi toheranti non significa esserlo davvero. Credersi liberi non significa avere ripudiato il conformismo. Rispondere a un sondaggio/inchiesta non significa dire il vero. Insomma, la crisi dei valori esiste. Eccome. La discutibile tesi di Raymond Boudon: vorrebbe smentire luoghi comuni e «sociologia da bar», finisce per negare la realtà di ogni giorno, nel lavoro e nella politica Raymond Boudon Declino della morale? Declino dei valori? traduzione di Daniela Piana Il Mulino, pp. 114, e 10 S A G G