Palestina, la Knesset approva la linea Sharon di Aldo Baquis
Palestina, la Knesset approva la linea Sharon Palestina, la Knesset approva la linea Sharon Assad respinge un invito del presidente israeliano a negoziare a Gerusalemme Aldo Baquis TEL AVIV All'indomani di una manifestazione di massa organizzata contro di lui dalla destra radicale e dal movimento dei coloni, il premier israeliano Ariel Sharon ha confermato alla Knesset di sentirsi tuttora impegnato nella realizzazione della Road Map, cioè nella graduale costituzione di uno Stato palestinese indipendente, una volta rimossa la minaccia del terrorismo. Sabato 120 mila simpatizzanti del movimento dei coloni erano confluiti nella Piazza Rabin di Tel Aviv per protestare contro la disponibilità del premier ad accettare la nascita di uno Stato palestinese e la sua intenzione di smantellare, nel contesto di un vasto piano di disimpegno dalla Cisgiordania, un certo numero di insediamenti, e forse migliaia di coloni. Sul palco assieme ai dimostranti vi erano anche un ministro (Effy Eitam, del Partito nazionale religioso), il presidente della Knesset (Reuven Rivlin, del likud) e una ventina di deputati del partito di governo. Ieri in Parlamento Sharon ha ribadito che il piano di disimpegno sarà necesariamente realizzato a partire dai prossimi mesi «se il premier Abu Ala continuerà a sgusciare» (da circa due mesi Sharon cerca invano di organizzare con lui un incontro di lavoro) e se fino ad allora «i palestinesi non saranno tornati alla ragione». Due settimane fa, in un discorso pubblico, Sharon aveva spiegato nei dettagli le caratteristiche del piano di disimpegno, che prevede il completamento della Barriera di separazione con la Cisgiordania (e dunque l'annessione di fatto a Israele di zone omogenee di insediamento), un ridispiegamento dell'esercito fuori dalla zone fittamente abitate da palestinesi e lo «spostamento» di colonie ebraiche isolate. H premier - il cui intervento è durato circa mezz'ora - non ha neppure menzionato l'inziativa del capo dello Stato Moshe Katzav che la mattina aveva pubblicamente invitato a Gerusalemme il presidente siriano Bashar Assad. Un'iniziativa nata a sorpresa nel corso di un'intervista alla radio. «Invito il presidente della Siria a venire a Gerusalemme - ha detto Katzav - per incontrare i dirigenti del nostro Stato e avviare così seri negoziati». Ai dirigenti siriani è bastata un'ora per soppesare la portata dell'iniziativa del capo dello Stato. «Il presidente Assad respingerà l'invito - ha dichiarato Bouthaina Shaaban, il ministro siriano per l'immigrazione che funge anche da portavoce per le grandi questioni internazionali - Quell'invito non è genuino. E' un'iniziativa diretta essenzialmente ai mezzi di comunicazione, per distrarre la loro attenzione dalle critiche rivolte ad Israele e alla sua pohtica». Alla Knesset un deputato di sinistra, Yossi Sarid, ha appassionatamente spronato Sharon a rilanciare il dialogo con Damasco. «Dici che la Siria attraversa un momento di debolezza? Allora, sfruttalo. Dici che non puoi negoziare su due fronti contemporaneamente? Ma il negoziato con i palestinesi, per tua ammissione, è bloccato. Dici che il popolo israeliano non è abbastanza forte per sopportare il prezzo territoriale di un accordo con la Siria, ossia il ritiro dal Golan? Ma il popolo israeliano ha dimostrato la sua forza quando per 18 anni ha pagato il prezzo della guerra in Libano, da te scioccamente intrapresa nel 1982». Sharon ha ascoltato senza battere ciglio. Quando ha preso la parola, non ha risposto alle critiche di Sarid. E al momento del voto ha mietuto un netto successo: 51 voti per il governo, 39 per l'opposizione. Momento difficile per II premier Ariel Sharon: i suol elettori ne contestano le sue scelte
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