Lo strappo di Bertinotti e il retaggio comunista di Pierluigi Battista

Lo strappo di Bertinotti e il retaggio comunista OGGI A BERLINO IL LEADER DI RIFONDAZIONE UFFICIALIZZA LA SVOLTA «NONVIOLENTA» DEL PARTITO Lo strappo di Bertinotti e il retaggio comunista Pierluigi Battista f T NÀ Bau Godesberg per FauLJ sto Bertinotti? Questo sarebbe proprio esagerato. E certo a Berlino sarà difficile suggerire svolte e strappi, ripensamenti solenni o «strappetti» mentre, assieme a quella del Pcf e della Pds (gli ex comunisti della Germania dell'Est e dell'onnipotente Stasi), la delegazione di Rifondazione comunista, in un garrire di bandiere rosse, andrà a rendere omaggio al monumento funebre di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, meta fissa di un pellegrinaggio alla memoria sin dai tempi della Ddr. Ma che Bertinotti vorrà segnare a Berlino, in questo fine settimana tedesco che dovrebbe sancire la nascita di una nuova corrente della sinistra europea, il compimento di un percorso di allontanamento dal comunismo storico, questo è vero. Con lacrime e infinite discussioni, come testimoniano le lettere affrante e allarmate che inon¬ dano in questi giorni la redazione di Liberazione, l'organo del partito diretto da Alessandro Curzi. Ma con una direzione di marcia che passo dopo passo sta prc ;ocando una frattura simbolica irreversibile tra Bertinotti e il retaggio del comunismo, sia pur rifondato. Uno strappo graduale sancito dal convegno con cui Rifondazione comunista ha voluto affrontare tutta la verità sul caso delle foibe in cui vennero gettati migliaia e migliaia di italiani (molti dei quali tutt'altro che fascisti e anzi membri del Gin) dai seguaci di Tito spalleggiati dalle formazioni garibaldine italiane sul confine orientale. Un tema ancora incandescente e controverso se, proprio sull'intestazione di una strada veneziana alle foibe voluta dalla giunta di sinistra, i giovani di Rifondazione hanno scatenato una battaglia contro il presunto tentativo di «revisionismo». Una frattura accelerata dalle parole molto forti con cui Bertinotti ha bollato l'esperienza del comunismo cinese. Fino alla lacerante scelta della non violenza come condizione imprescindibile per la costruzione di una società «giusta», con una spietata analisi delle caratteristiche «violente» connesse storicamente all'esperienza del comunismo e finanche della Resistenza, che Bertinotti ha invitato a guardare in modo non «angelizzante». La ricerca di Bertinotti ha ricevuto un avallo solenne da Pietro Ingrao, che in un'intervista di due pagine curata da Rina Gagliardi per Liberazione ha proseguito la riflessione sul rapporto tra violenza e lotta politica. Ma che nondimeno ha segnato momenti di fortissima tensione tra il leader di Rifondazione comunista e frange dei centri sociali e del movimento no global che nel rifiuto sistematico e di principio dell'uso della violenza hanno quasi voluto scorgere un «cedimento» del radicalismo estremista al moderatismo della politica tradizionale. Rifondazione, però, non si è tirata indietro. Persino sulla vicenda degli scioperi selvaggi dei tranvieri ha voluto vedere una rottura storica con le tradizioni del movimento operaio europeo e su Liberazione Ritanna Armeni ha ammesso che quel tipo di lotta assomiglia piuttosto alla storia del sindacalismo americano. Anche questo costituisce un piccolo strappo, in un partito che certo non associa sentimenti positivi all'evocazione dell'America e dell'americanismo. Come se, anche senza una esplicita Bad Godesberg o una Bolognina, Rifondazione comunista avesse inlrapreso la strada della liberazione dal guscio protettivo della tradizione e della continuità culturale. Resta, ovviamente, il riferimento alle insegne del «comunismo» da rifondare. Ma per un partito che pure è nato, nel 1991 a Rimini, in polemica diretta e scissionistica nei confronti di chi aveva dichiarato chiusa l'esperienza del Partito comunista italiano, questi strappi finiscono quasi per conferire una nuova identità. Conta molto il fatto che personalmente Bertinotti non venga da una storia comunista (socialista massimalista, è la definizione consueta ritagliata su di lui), a differenza di Armando Cossutta che di Rifondazione è stato il principale fondatore e che ha incarnato fino in fondo il comunismo filo-sovietico. Dopo la rottura con Cossutta, la strada di Bertinotti verso l'emancipazione da antiche obbedienze appare meno intralciata. Resta «comunista» ma con una carica critica finora sconosciuta. Berlino non è Bad Godesberg, ma si appanna sempre più il ricordo nostalgico di Mosca. IdcF Il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti