ROOSEVELT mister Novecento di Maurizio Molinari

ROOSEVELT mister Novecento UN'IMPONENTE BIOGRAFIA LO PRESENTA COME LA PERSONALITÀ PIÙ IMPORTANTE DEL SECOLO. NON LA TESI DI UN NEOLIBERAL, MA DI UN CONSERVATORE ROOSEVELT mister Novecento Maurizio Molinari corrispondente da NEW YORK SUGLI scaffali delle libreria dell'America neoconservatrice di George W. Bush c'è un tomo di 1280 pagine che riporta indietro le lancette della politica e descrive il democratico Franklin Belano Roosevelt come il più importante uomo del Novecento. Ma l'autore non è una stella del firmamento liberal né un volto noto delle passate amministrazioni di Jimmy Carter o Bill Clinton, bensì un conservatore di razza e senza peli sullo stomaco, ovvero Conrad Black, Lord di Crossharbour, editore spregiudicato ed acerrimo rivale di Rupert Murdoch nella guerra per i media globali. Ce n'è abbastanza per scatenare il caso editoriale di fine/ inizio anno e le scintille sono puntualmente arrivate appena storici ed accademici hanno iniziato ad analizzare la mastodontica opera frutto della ricerca più vasta - e costosa - che sia mai stata condotta sull'unico presidente americano ad essere stato eletto per quattro volte. La tesi dell'autore è lapidaria: «Franklin Belano Roosevelt è stato l'uomo più importante del Novecento». Bi fronte a lui non c'è Einstein, Mao o Freud che tenga. Sette i motivi, argomentati ognuno in centinaia di pagine disseminate di fatti, date e dettagli. Primo: assieme al premier britannico Winston Churchill salvò durante la Seconda Guerra Mondiale la civiltà occidentale dal nazifascismo, anche se la vittoria militare finale dovette molto all'Armata Rossa. Secondo: sconfisse negli anni Trenta l'isolazionismo in patria ancorando in maniera irreversibile l'America al resto del mondo. Terzo: con il New Beai reinventò il modello di Stato, ripristinando la fiducia del cittadino nella cosa pubblica e promuovendo un modello di società che si distingue per i servizi che offre e, soprattutto, per il fatto di essere più equa. Quarto: fu un leader militare di maggior successo rispetto ad Adolf Hitler, Josip Stalin ed anche a Churchill, come dimostra l'intuito che ebbe nel richiamare in servizio nel 1941 il generale Bouglas McArthur, che quattro anni dopo avrebbe piegato il Giappone vincendo la guerra del Pacifico. Quinto: alla conferenza di Yalta nel 1944 pose le premesse per la dissoluzione dell'Urss, la vittoria nella Guerra Fredda e la liberazione dell'Europa dell'Est. Sesto: fu di un'abilità senza pari nella gestione della politica americana, riuscendo ad evadere la consuetudine risalente a George Washington sul limite massimo di due mandati presidenziali consecutivi. Settimo: riuscì in tutto questo pur essendo infermo, non soccombendo alla polio fino alla morte, arrivata il 12 aprile del 1945. Consapevole di aver scritto un'apologia. Lord Crossharbour non tace i difetti di Roosevelt, che usava le ispezioni fiscali per perseguitare gli avversari politici (come John Lewis, Andrew Mellon e Huey Long) e che in politica si serviva della moglie Eleanor in maniera spregiudicata, anche se poi in privato la tradiva con l'amante Lucy Mercer, abile nel riuscire ad entrare alla Casa Bianca grazie ad un soprannome-chiave. «FBR», come venne presto chiamato il presidente, mentiva sul proprio passato avvalorando leggende come l'aver contribuito a scrivere la Costituzione di Haiti e, quando era viceministro della Marina, non aveva esitato ad adoperare le navi da guerra pagate dall'erario pubblico per portare in villeggiatura amici e parenti. In politica come nella vita privata Roosevelt non era certo un tenero, tendeva agguati a ripetizione a chi gli si opponeva e non mollava l'avversario fino ad averlo piegato ai propri desideri. «Come un agile predatore sapeva quando emergere, quando svelare il disegno e quando eseguirlo - scrive Conrad Black allorché decideva di guidare tutti gli altri era terribilmente determinato, nessuno era in grado di fermarlo». Ma d'altra parte, come diceva Churchill, «un grande uomo non può essere un uomo buono» e così, a dispetto dei difetti, Roosevelt emerge dalle pagine pubblicate da «Public Affair Press» di New York come l'eroe del Novecento americano. Cresciuto in un agiato maniero lungo le sponde dell'Hudson River, proveniente da una famiglia aristocratica per metà democratica e metà repubblicana, diventa prima un aggressivo viceministro della Marina e poi il progressista governatore di New York, fino allo sbarco alla Casa Bianca - dopo aver sbaragliato gli avversari interni alla convention del 1932 che lo avrebbe portato ad affrontare e risolvere le due crisi più grandi attraversate dagli Stati Uniti dopo la guerra civile: la Bepressione e la Seconda Guerra Mondiale. Fra i meriti sui quali il biografo si sofferma c'è l'aver «progettato» l'entrata in guerra nel 1941 a dispetto di un'opinione pubblica contraria a combattere, presentando il confronto con l'Asse come una sfida fra il Bene ed il Male: un precedente da cui hanno tratto esempio prima Ronald Reagan e poi George W. Bush. Il paragone con Reagan è ricorrente: entrambi scampano a tentativi di assassinio, mostrano «aplomb di fronte al pericolo» ed hanno dovuto fare i conti con terribili malattie. Ciò che più conta è come il libro difende Roosevelt dalle accuse più feroci che gli vengono ancora oggi rivolte: non venne preso in giro da Stalin a Yalta, ma fu lui a prevalere imbottigliando l'Urss in ima guerra d'attrito che l'avrebbe dissanguata; non prese mai la decisione di non bombardare i campi di sterminio nazisti perché, assieme a Churchill, pensava che gli aerei fossero in realtà già stati inviati. Una tale rivalutazione del presidente icona dei liberal è di per sé un evento politico nell'anno elettorale, nel quale i democratici combattono per ridefinire la loro identità. Ma il fatto che sia stata firmata dal magnate della Hollinger International (che controlla fra l'altro il Chicago Sunday Times, il Sunday Telegraph, il Jerusalem Post e lo Spectator) ha generato un confronto duro, a tutto campo con Black e Roosevelt fianco a fianco nel ruolo di imputati. Al Wew York rimes la tesi di fondo del libro piace, ma l'autore assai meno; e Michael Janeway lo descrive alla stregua di un megalomane: «Black è affascinato da personaggi come Napoleone e si comporta da pari come dimostra che per scrivere le note acquistò la scorsa estate carteggi personali di Roosevelt spendendo otto milioni di dollari». Il britannico Paul Johnson contesta invece un giudizio storico che giudica parziale, va giù duro: «Essersi fidati a Yalta di un assassino, torturatore e bugiardo come Stalin dimostra che Roosevelt non avrebbe mai dovuto essere eletto una quarta volta, era debole e vulnerabile e la conseguenza di questo fu la condanna dell'intera Europa Centrale ed Orientale a mezzo secolo di tirannia». Il più severo è il poeta e romaziere Jay Parini, (Erettore della Oxford Encyclopedia of American Literature, che smonta pezzo per pezzo la tesi deir«eroe»: dietro le vittorie politiche c'era un uomo politico disposto ad ogni bassezza pur di prevalere, una vita famigliare travagliata, Eleanor non fu il personaggio minore che si vuol far credere e senza il ritratto privato è impossibile ed errato trarre conclusioni. Il duello sulla figura di Roosevelt si sovrappone a quello sulla estroversa personalità di Black. L'unico che getta acqua sul fuoco é lo stratega britannico John Keegan, che risponde alle critiche con una precisazione tutta anglosassone: «Black sostiene che Franklin B. Roosevelt fu il più importante uomo del Novecento, non il più grande». Secondo Conrad Black l'ex presidente ha contato più di Freud e di Einstein Una tale rivalutazione ha diviso l'America pre-elettorale, che da una parte loda l'opera edall'altra la stronca OSEVELT ter vecento ,Josip Stalin anch'egli vincitore contro il nazismo ma il cui potere, secondo Black, astato minato proprio da Roosevelt Josip Stalin anch'egli vincitore contro il nazismo ma il cui potere, secondo Black, astato minato proprio da Roosevelt