Tutti pazzi per la Fenice: basta valzer

Tutti pazzi per la Fenice: basta valzer Tutti pazzi per la Fenice: basta valzer Solo Arbore mostra qualche nostalgia per il passato ROMA Sembrava un appuntamento irrinunciabile, una di quelle tradizioni che proprio non si possono infrangere. Come il cotechino con le lenticchie nella notte di San Silvestro. E invece ieri, per la prima volta dal 1959, la Rai ha mandato in onda la diretta del Concerto di Capodanno dalla Fenice di Venezia, relegando in differita l'esibizione viennese dei Wiener Philhannoniker diretti da Riccardo Muti. Scandalo? Per niente. Nei giorni scorsi si diceva che la scelta avrebbe provocato polemiche e che di sicuro sarebbero stati in tanti a protestare. E invece no, con l'eccezione di Renzo Arbore, unico tra gli intervistati a proporre una strada di mediazione, sembrano tutti felicissimi del nuovo corso. Anzi, a unire artisti delle più diverse ispirazioni, registi con posizioni politiche diametralmente opposte, sembra essere un redivivo senso patriottico. Un curioso ritorno ai valori risorgimentali. E magari è proprio questa la tendenza del neonato 2004. «Le due cose si potrebbero accorpare - dice Arbore -, nel senso che si potrebbe fare un concerto italiano in cui viene eseguita anche la marcia di Radetzky, che è comunque beneaugurante. L'Italia ha ima grande tradizione musicale e quindi è giusto che il concerto vada in onda dal nostro Paese, ma sarebbe simpatico trovare il modo di unire i vari elementi. E' importante, comunque, che il livello della musica trasmessa rimanga alto, in generale, anche in altri spazi. Devo dire che nell'orgia musicale della notte di Capodanno televisiva questo non è sempre avvenuto. Anzi». Eppure la famosa marcia che porta il nome del feldmaresciallo austriaco ha i suoi fieri oppositori: «Sono nato nel 1915 - dice Mario Monicelli -, quindi appartengo alla generazione cresciuta nella convinzione che Radetzky fosse un nemico dell'Italia, insomma, sono anti-austriaco di formazione, dell'Austria non mi va bene niente, Hitler era austriaco. E poi non ne potevo proprio più di vedere ogni primo dell'anno tutti quegli austriaci con la puzza sotto il naso, che battevano le mani contenti accompagnando la musica». Insomma basta, dice il maestro della commedia all'italiana, con «quei "valzerotti" di Strauss senior e junior: per non ascoltarli finiva sempre che spegnevo la tv. L'innovazione della Fenice va benissimo perchè serve a cancellare tutto questo. Ma sì, rileggiamo tutti il Giusti, lei lo rilegge il Giusti?» Lo spirito anti-austriaco perva' de anche le considerazioni di Franco Zeffirelli che sul concerto di Capodanno ha molto da dire: «Tro¬ vo giusto che l'Italia si appropri della tradizione del concerto, e pazienza per la marcia di Radetzky che, per altro, è associata al nome di un uomo molto antipatico, di sicuro la figura più odiata del Risorgimento italiano. Ma vada al diavolo». E poi, continua l'autore, «abbiamo un teatro gloriosissimo, molto caro al mio cuore, che toma a vivere, e tutto questo a Venezia, ovvero nella città della musica per eccellenza. Il programma eseguito è stato bellissimo, la diretta mi ha commosso: è stata una festa non solo per la Fenice, ma per tutta l'Italia musicale. E meno male che ci è stata risparmiata l'esibizione di Muti, sarebbe stato uno spettacolo senza brio, un'esperienza noiosa. Per proporre la marcia di Radetzky bisogna essere spiritosi e Muti non ha questa dote, anzi prende tutto sul serio ed è molto pieno di sé». Anche Gillo Pontecorvo, che giudica la polemica tra Vienna e Venezia «pretestuosa» visto che «il concerto diretto da Muti é comunque andato in onda in differita», vede con favore la novità: «La musica italiana é straordinaria, perchè non dovremmo utilizzarla? E poi abbiamo un teatro eccezionalmente bello come la Feniche che toma in vita, perché non dovremmo fare come tutti gli altri che mostrano e usano quello che hanno di megho?». Secondo Nicola Piovani, musicista premio Oscar, l'intera querelle ha poco senso: «Preferisco in ogni caso seguire la musica dal vivo, per questo il primo dell'aimo mi va benissimo la banda di Corchiano e comunque perché no la Fenice?» Lunetta Savino, Cettina nel «Medico in famiglia» e cantante lirica nel film di Cristina Comencini «Liberate i pesci», si schiera dalla parte dei cambiamenti e soprattutto dalla parte della «musica italiana che mi emoziona sempre perché fa parte di una memoria emotiva che viene da lontano. Tra Verdi e Strauss non ho dubbi, preferisco Verdi. E credo che sia così per buona parte degli italiani, noi tutti siamo parte di quella tradizione». [f.c] Monicelli: «Non sopporto la marcia di Radetzky Sono antiaustriaco di formazione» Zeffirelli: «Per una volta la Rai ha fatto bene» Mario Monicelli, Renzo Arbore, Lunetta Savino: soltanto Arbore ha una (vaga) nostalgia dei valzer viennesi