Quella signora di Los Angeles voleva sposare Rubinstein

 Quella signora di Los Angeles voleva sposare Rubinstein Quella signora di Los Angeles voleva sposare Rubinstein Elena Loewenthal ANNA Goldman è un'attempata vedova ebrea di Los Angeles. In virtù di una indecifrabile alchimia biologica, l'America è fitta di vecchie vedove ebree. Anna faceva la pianista. Del marito parla molto poco: tutto lascia intendere che da vivo fosse ancor più insignificante che da morto. In compenso, Anna ha due fighe svitate, una in particolare lo è talmente da aver sposato un suicida, che l'ha mollata con tre marmocchi scatenati. Anna ha anche due sorelle, non meno strambe delle figlie. Una langue a Miami in equivoche compagnie: vecchietti ebrei che a Miami aspettano di toghere il disturbo. Con l'altra va a vedere un talk show e perde la pazienza. A Los Angeles Anna ha due vicini di casa gay appassionati di barbecue e a dire il vero'molto gentili. Ma la padrona, di casa,- è terribilmente impicciona. Ha anche un oculista, il dottor Rifkin, che racconta barzehette talmente stupide da risultare imbarazzanti. Upa volta aveva persino un sogno, quello di sposare Arthur Rubinstein: che bella coppia sarebbero stati, loro due: "Se ne sarebbe andata di qui, sarebbe tornata a casa e lo avrebbe trovato ad aspettarla seduto sul piccolo sofà consunto, sorseggiando del tè e ascoltando mentalmente della musica". A salvare una situazione così poco confortante quel poco che ancora Anna suona, lo suona per il "Branco della Pressione Alta" e la "Banda Alzheimer", come li chiama lei i vecchietti del centro anziani dove ogni tanto si esibisce c'è, per fortuna, il fatto che Anna sia diventata la protagoni-' sta deh'omonimo libro. Che la sua autrice, Merril Joan Gerber, dedica a una grande scrittrice americana, Cynthia Ozick. La storia di Anna non è un romanzo nel vero senso della parola, sono episodi di una vita al tramonto che sembra ferma, eppur si muove. E quando si muove, lo fa per impulso di un'ironia tenace, sommessa eppure mordente. Il mondo attraverso gh occhi di Anna, che forse non è più bella come una volta, ma cui il tempo ha dato una lucidità rara, sembra più ottuso e ripetitivo che mai. Fatto apposta per affinare i sensi di Anna. Oliver Sacks racconta su "Mente e Cervello" di settembre-ottobre la storia di un'altra Anna, anche lei attempata pianista ebrea americana, affetta da atrofia corticale posteriore, una rara malattia degenerativa del cervello che le impedisce via via di riconoscere i nomi deUe •cose, e perciò invece di chiamarle le descrive. Anche la Anna di Merrill Gerber è un po' così, benché conosca ancora i nomi delle cose, ma in fondo questo mondo che le sta intomo risulta sempre più strano ed estraneo. Non lo afferra, non lo capisce e soprattutto lo trova sempre meno interessante. E così, finisce per rivolgersi a un Dio in cui crede poco o nulla, ma che è una specie di ultima spiaggia. Merril Joan Gerber ha scritto un libro originale, intriso di garbo vero. E l'ha fatto affrontando uno dei tempi più scottanti del nostro tempo: quella vecchiaia che il più delle volte viene negata, o quanto meno relegata dietro l'angolo. Che si sbatta la nonna alla ribalta o si ricorra al bisturi per drenare le rughe, il fine è sempre quello: misconoscere l'ultima età, far finta che non esista o che si sia estinta. Questo libro invece ce la racconta per quello che è: qualche bel ricordo, altrettanti non troppo gentili, rughe che sembrano lì da sempre, e una montagno di solitudine. Merrill Joan Gerber Anna traduzione e cura di Agiata Viviani Le Lettere, pp. 7 SO, e 74 ROMANZO

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