Il morso della PIZZICA

Il morso della PIZZICA Il morso della PIZZICA La nuova febbre musicale che sta contagiando una fetta consistente di giovani torinesi una volta tanto non arriva dall'Inghilterra né vuole sfidare le vette della hit parade. Arriva storicamente da molto più lontano: nasce in Salente dalla credenza popolare secondo cui per guarire dal morso della «taranta» era necessaria la danza e la musica terapeutica della pizzica. I «tarantati», i «pizzicati» appunto dal ragno, cadevano in uno stato simile alla trance grazie all'effetto ipnotico del ritmo musicale e si abbandonavano a balh sfrenati che portavano alla morte della tarantola, quindi alla loro guarigione. A distanza di secoli e chilometri quelle stesse danze stanno conoscendo all'ombra della Mole un vasto seguito. Corsi, seminari, spettacoli di pizzica e tarantella sono sempre più frequenti. Poche settimane fa, in occasione della festa finale del Festival Giovani, i locali di Hiroshima Mon Amour erano pieni di persone che saltavano con la musica gli Officina Zoe, imo dei gruppi salentini più noti, vicino alla figura del regista Edoardo Winspeare, applaudito al Festival di Venezia con «Il Miracolo» e approdato al lungometraggio proprio con «Pizzica». Atmosfere da rave generate sul palco da una strumentazione insospettabile come violino, organetto, chitarra, tamburi e mandolino, gli strumenti tipici della tradizione musicale del Sud Italia, ingredienti indispensabili di tutto ciò' che chiamiamo in genere tarantella. Con questo ritmo si gusta l'aperitivo il primo e terzo martedì del mese all'Enotria, enoteca specializzata in vini e prodotti del Sud Italia in via Bligny 17, si può passare una serata al Caffè della Basilica, sito nell'omonima via, o spingersi ancora oltre e imparare tradizione e ballo ai seminari organizzati periodicamente dal gruppo Almas nei locali del Soundtown in viaBerthollet25. Magia e passione sono invece le parole più usate dal torinese Simone Campa, 23 anni, quando parla della pizzica e della Paranza del Geco, U progetto di cui è fondatore dal '99 e direttore artistico: « Mi occupo di tutto, dall'organizzazione alla promozione, io stesso suono e danzo. La Paranza è un termine molto usato al Sud, ha tanti significati tra cui quello, di "gruppo musicale", nei paesi intorno a Napoli per esempio come Somma Vesuviana, Pagani e Scafati ci sono vari gruppi di persone che ritrovano per fare le tammurriate, danze di corteggiamento in cui su usa solo la voce e la "tammorra", e così nascono le Paranze di Somma Vesuviana, Pagani, etc. Il Geco invece è l'animaletto, tipico del Sud, ma vuol dire tante cose, può essere anche la pesca, i pesci piccoli finiti nella rete, è una metafora per indicare una moltitudine di persone. In generale ci occupiamo di tutta la musica popolare del Meridione, personalmente però sono legato alla pizzica salentina, perché è quella più diretta, coinvolgente, non devi sapere troppe cose per poterla interpretare a modo tuo nella danza e nell'esecuzione tecnica». II suono del tamburello è la forma più esatta per descrivere la passione di Simone per la musica. «E' lo strumento che non può mancare nella musica del Sud e del Mediterraneo. Questa particolarità collega lo stivale d'itaha al NordAfrica e all'Oriente, i tamburi usati qui sono molto simili ai nostri come il bendir marocchino, il rik egiziano con i sonagli in ottone, il daf in Turchia, fino alla Grecia, ai Balcani con la tradizione zingara e al pandero in Spagna. Cambia solo il modo di suonarlo. Noi suoniamo i tamburelli solo con una mano, la destra, e h teniamo con la sinistra, mentre quelli degli altri paesi vengono suonati con entrambe le mani». Quello che Simone sa di queste cose è il frutto di una ricerca personale, di quando giovanissimo, andando a visitare la provincia di Lecce, da cui proviene la sua famigha, inizia a vedere le prime danze e feste popolari del luogo. «Sei anni fa a Torino le persone che si occupavano di questa musica si contavano sulle dita di una mano. Per comprarmi il primo tamburello salentino sono dovuto andare fino a Milano e la prima tammorra napoletana l'ho presa ad Arezzo. Ho iniziato a collezionare ed, a frequentare le feste di giù, a sentire la musica dell'Officina Zoe, che mi ha spinto ad entrare nel mondo delle autoproduzioni fino a creare la Paranza. Adesso come compagnia artistica siamo in tutto una trentina, tra suonatori, danzatori, aiutanti e personale tecnico. Il più giovane di noi ha 14 anni, è un mio allievo di percussioni, il più grande invece ne ha una cinquantina, in realtà la media è di 20-30 anni, e molti ci dicono che fa piacere vedere una così alta rappresentanza giovanile, perché questo porta una ventata di freschezza dentro questi stili così tradizionah». Istintive, coinvolgenti, legate al senso della festa collettiva, le danze del Sud riprendono vita anche da noi, tanto che la Paranza del Geco le ha portate in alcune scuole elementari di Rivoli all'interno di progetti pensati per l'educazione alla musica e quest'anno si è aggiudicata il primo premio al Festival del Teatro di Strada a Liveipool, per loro natura si prestano a nuove reinterpretazioni e spostano le definizioni convenzionah: non più world music o musica folk, ma musica globale. Il prossimo grande appuntamento è per stasera, col Capodanno Pizzicato, a base di prelibatezze e danze del Sud, che si terrà a pochi minuti da Torino, nella cascina «El But» in località Macello.

Persone citate: Edoardo Winspeare, Officina Zoe, Simone Campa