Temano alla luce i tesori della necropoli longobarda

Temano alla luce i tesori della necropoli longobarda STRAORDINARIO RITROVAMENTO DURANTE I LAVORI PER LA METROPOLITANA A COLLEGNO Temano alla luce i tesori della necropoli longobarda Nell'area del campo volo un villaggio dei fieri «Arimanni» risalente al 570 dopo Cristo Gli oggetti rinvenuti saranno esposti dal prossimo marzo in una mostra alla Certosa il caso Maurizio Lupo GLI ori, le armi, le case e I persino le spoglie dei Longobardi che nel 570 dopo Cristo conquistarono Torino, sono venuti alla luce nell'ex campo volo di Collegno. I cantieri che scavano la nuova metropolitana di Torino hanno rintracciato un intero villaggio, completo di cimitero, dove hanno vissuto e trovato riposo i fieri ((Arimanni» di Re Alboino e i loro discendenti, per oltre 130 anni. Partirono dalla Pannonia, l'odierna Ungheria, il giorno di Pasqua dell'anno 568. In una dozzina di mesi divennero padroni dell'intera Padania. A Torino giunsero affiancati da popolazioni e milizie germaniche, che i Franchi nel 531 avevano scacciato dalla Turingia. Fra loro era nato quell'Agilulfo che diverrà Duca di Torino, «Dux Turingorum de Taurini», poi secondo marito di Teodolinda e quindi Re, dall'anno 590. Divenne potente perchè controllava i passi alpini che fronteggiavano i Franchi. Il valore strategico di Torino fu riconosciuto. I Longobardi disposero subito presidi militari per controllare le strade dirette ai valichi transalpini. Accadde anche a Collegno, che allora si chiamava ((Ad Quintum», perchè distava cinque miglia da Torino, lungo la strada che andava verso Susa e le antiche Gallio. Qui i romani avevano già fondato una «mansio», un abitato con basilica, poi trasformata nella chiesa paleocristiana di San Massimo, dove la tradizione vuole che sia sepolto il primo vescovo di Torino. La località era ideale per controllare il guado o il ponte che valicava la Dora Riparia, che in questo punto forma un'ampia ansa. Pertanto qui si accamparono ima o più «Fare» longobarde. Erano «clan», composti da diversi guerrieri e familiari al seguito. Formavano l'elemento base sia dell'armata sia della società longobarda. Fondarono un villaggio che gli archeologi della Soprinten- denza guidata da Luisa Brecciaroli hp^no identificato su un'area di circa tremila metri quadri, compresa fra la Dora e la Basilica di San Massimo. Gli scavi, finanziati dal Gruppo Trasporti Torinesi, hanno già portato alla luce mezza dozzina di capanne a pianta rettangolare, di dimensioni fra i sei e i dodici metri quadri, con focolare esterno. Sono tutte orientate da Nord a Sud, separate da cortili, ma munite di recinti per i cavalli e bestiame. «La loro struttura portante - spiega l'archeologa Luisa Pejrani - è apparsa in pali lignei, infissi nel terreno o poggiati su fondazioni di ciotoli. Avevano pavimenti in terra battuta. Le pareti erano un impasto di terra e ghiaia. Il tetto, a due spioventi, poteva essere coperto di paglia». Accoglievano gente sobria, ma benestante. Lo dimostrano le sepolture della necropoh, rintracciata a 300 metri di distanza. «Occupa un'area che supera i mille metri quadri» prosegue Pejrani. ((Abbiamo indagato 73 sepolture, ordinate a fili paralleli, secondo la tradizione germanica. Vi sono fosse superficiali e tombe profonde fino a un metro e 70. Sei sono del tipo a camera lignea. Alcune avevano pareti foderate di legno, con 4 pali agli angoli della fossa, che potevano sostenere una casetta emergente dal terreno». I resti rinvenuti, circa 200 reperti fra gioielli, armi e complementi d'abbigliamento, rivelano che accolsero personaggi di un certo rango e gusto, pur se vivevano in capanne. «La salma veniva composta nella fossa con il capo a Occidente. Il corpo era forse adagiato su coltri di piume, che abbiamo rinvenuto. Il defunto indossava una veste. Aveva il viso coperto dal sudario, sul quale veniva cucita una croce in lamina d'oro». Dai sepolcri riemergono resti che parlano di uomini di muscolatura e dimensioni rilevanti per l'epoca: «Le donne raggiungevano il metro e 63, gli uomini anche un metro e 80 centimetri». Un guerriero maestoso, rinvenuto con lo «scramasax», il suo coltellaccio da battagba, rivela d'aver patito una ferita di guerra al cranio, dalla quale guari. Altri soffrirono d'artrosi e di mal di denti. La loro identità è narrata dai corredi funebri. C'è una giovanotta adoma di semplice collana di perline in pasta di vetro e c'è un aristocratico, ^he vanta una cintura da scramasax «firmata». E' in ferro, ageminata d'argento, arricchita da piccoli granati e reca una scritta: «Magister». Era il titolo dell'artigiano che confezionò la cintura. Un potente guerriero si è fatto seppellire in armi. Forse è un capo, certo un cavaliere. Indossa speroni in ferro ageminati d'ottone. Ha con sé lancia «porta stendardo», un coltello, ma soprattutto una lunga spada, damaschinata, come pochi potevano permettersi, con fodero di legno, rivestito di pelliccia all'intemo. Lo scudo, rotondo, di 50 centimetri di diametro, è arricchito da borchie di bronzo dorato, con l'umbone centrale ammaccato dal nemico. Anche le donne avevano un coltello. Indossavano vesti lunghe fino al ginocchio e portavano un mantello con maniche. Il loro rango era espresso da fibule d'argento dorate, ma anche da ricche giarrettiere, chiuse da fibbie preziose, che sostenevano le calze sotto il ginocchio. Sfoggiavano inoltre raffinate cinture, alle quali appendevano nastri, con amuleti gioiello. Un'anziana era orgogliosa di mostrarne uno molto particolare. Raffigura una testa di cinghiale in bronzo, ageminato d'argento, agganciato a un pendente di vetro e pietre dure. Diverrà simbolo della mostra che il sindaco Umberto d'Ottavio e l'assessore Carla Gatti proporranno a marzo per esporre all'antica Certosa di Collegno i tesori della necropoli. Affiancati da gente e milizie germaniche partirono dall'Ungheria e in un paio d'anni conquistarono tutta la Pianura Padana Nei sepolcri i resti di uomini e donne di dimensione rilevanti per l'epoca: i maschi erano alti anche 1,80 le femmine 1,65 Un piccolo cinghiale stilizzato: sarà il simbolo della mostra a Collegno IL POPOLO GUERRIERO Fra loro si chiamavano «Winili», termine che voleva dire «uomini liberi», e si vantavano di avere antiche radici in Scandinavia. Erano un popolo di stirpe germanica, che nel primo secolo dopo Cristo stanziava lungo il corso del fiume Elba. Fu il monaco benedettino. Paolo Diacono, a citare nella sua «Historia Langobardorum» il termine Longobardi. Non è chiaro se per indicare la loro «lunga alabarda» o la «lunga barba». Costretti dagli Unni a scendere verso l'Ungheria, la trovarono già devastata dagli Ostrogoti e in parte occupata dagli Avari e dai Gepidi, contro i quali combatterono. Guidati da Re Alboino scesero quindi nella pianura padana, dove scelsero Pavia come loro capitale. Raggiunsero anche la Toscana e i territori di Spoleto e di Benevento. Afflitti da frequenti lotte interne, non riuscirono però a creare un vero stato. In Piemonte si scontrarono contro l'espansionismo dei Franchi che, guidati da Carlo Magno, varcarono le Chiuse di San Michele di Susa, per poi sottometterli completamente nel 774. L'INSEDIAMENTO Il terreno che per secoli ha custodito i tesori dei Longobardi e i resti delle loro famiglie accoglierà la rimessa dove verranno ospitati i treni della metropolitana di Torino. Sono state le opere preliminari all'edificazione dell'impianto ad intercettare il giacimento archeologico. «Un giorno, nel corso degli scavi delle fondamenta - ricordano gli archeologi - sono affiorati resti umani. Siamo riusciti subito ad intervenire. E' previsto infatti un continuo monitoraggio da parte della Soprintendenza su tutti gli sbancamenti necessari alla futura metropolitana». Il villaggio e la necropoli longobardi hanno rivelato la loro presenza nei pressi di strada della Varda e di via Tampellini, un tracciato molto antico, che in questo punto percorre da secoli il terrazzo fluviale della Dora. Conduceva da Torino a Collegno, quindi guadava il fiume per dirigersi verso Susa. Nonostante sia stata nel passato un'arteria di una certa rWejanza, ha piesewato le vestigia antiche. «La necropoli dicono in Soprintendenza - non risulta che abbia mai patito saccheggi». GIOIELLI DAAMMIRARE tàtr j^S LA CROCE AUREA E' formata da due lamine d'oro purissimo. Ne sono state rinvenut i diversi modelli. Alcuni sono lisci, altri sono arricchiti da raffinate decorazioni naturalistiche e fregi, sbalzati a rilievo. Venivano cucite sul sudario, nel punto in cui copriva il viso del defunto, composto nella tomba con gli oggetti più cario con quelli che caratterizzavano la sua identità quando era in vita. LE «FIBULE» Sono fibbie, dette a staffa o ad arco, una leggermente diversa dall'altra, ma entrambe in argento dorato, arricchito da splendidi decori a niello. Erano per la donna adulta il simbo o del suo rango sociale. Potevano servire a fermare una veste o un mantello, ma molto 3Ìù sovente venivano appese a unghi nastri, che scendevano dalla cintura, quali arricchimento del vestito. IL CORREDO DEL CAVALIERE Proviene dalla tomba più ricca, quella di un cavaliere, identificato dai suoi speroni ageminati. E' un personaggio di rango. Nella sepoltura è stato accompagnato anche da una «lancia porta stendardo», con la punta traforata. Ci sono anche i resti del suo scudo circolare: l'impugnatura posteriore e l'umbone, decorato da piastre dorate, ma ammaccato da un colpo inferto dal nemico. SPADE E SCRAMASAX Erano due le armi dei guerrieri longobardi. La spada, lunga e acuminata e lo «scramasax», una sorta di coltellaccio robusto da battaglia. Sono comparsi in più tombe. Alcune spade hanno pregiate lame damaschinate, composte di strati sovrapposti, ripiegati e riforgiati più volte, per offrire alla lama maggiore resistenza all'urto senza diminuirne la flessibilità.

Persone citate: Carla Gatti, Carlo Magno, Luisa Brecciaroli, Luisa Pejrani, Maurizio Lupo, Paolo Diacono, Pejrani, Popolo Guerriero, Umberto D'ottavio