Tra la Guida suprema e il Presidente duello anche sulle migliaia di cadaveri

Tra la Guida suprema e il Presidente duello anche sulle migliaia di cadaveri L'IMPLACABILE LOTTA DJ POTERE TRA IL PORTABANDIERA DEI CONSERVATORI E QUELLO DEI RIFORMISTI Tra la Guida suprema e il Presidente duello anche sulle migliaia di cadaveri Khamenei ha voluto battere sul tempo Khatami, la cui visita nella città distrutta era programmata, precedendolo a sorpresa e promettendo una rapida ricostruzione analisi Mimmo Candito Adirlabene, non dovremmo fingere neanche una ipocrita increspatura di ciglia per la furbata di Khamenei che a Bam tenta di rubare la scena a Khatami. Nelle cronache della politica, infatti, queste meschinerie non sono un'esclusiva che si possa attribuire con sdegnata sufficienza alle indelicatezze di Paesi ancora in via di sviluppo, se soltanto pensiamo alle cattiverie che nella civilissima Parigi si scatenavano tra Chirac e Jospin, o se - guardando anche in casa nostra - ci rammentiamo di tutte le gomitate e degli sgambetti che negli ultimi sei mesi Berlusconi e Prodi si sono inflitti mutuamente davanti agli occhi perplessi di tutta Europa. Evidentemente, la concorrenza sleale non sta nei codici dell'etica politica in nessuna latitudine del pianeta. Tuttavia, la precipitosa apparizione di Khamenei sulla rotta di Khatami ha un significato che va al di là delle scaramucce dell'Eliseo o delle diatribe architettate all'ombra di Palazzo Chigi. Perché quello che ieri si è visto a Bam è il sigillo della conferma d'una lotta di potere che non tocca solo la gestione di un governo o la scelta d'una maggioranza: la Guida Suprema che decide platealmente di mettersi davanti al Capo dello Stato lancia un segnale politico molto forte, che ribadisce una gerarchia e denuncia la volontà di riaffermare una egemonia sottratta a qualsiasi progetto di confronto. L'Iran è una repùbblica islamica che il referendum popolare del 10 e 11 farvadin 1358 del calendario persiano (per noi, il 30 e 31 marzo del 1979) ha approvato con una struttura istituzionale ingabbiata dal disegno autoritario del vecchio Khomeini. L'equilibrio dei poteri che è fondamento delle costituzioni democratiche dell'Occidente fu infatti violentato dalle direttive orgogliose dell' Ayatollah, la cui superba intransigenza non sopportava il minimo giudizio critico; figuriamoci, quindi, se poteva immaginare d'inserire nella nuova Costituzione nata dalla «sua» rivoluzione una pur minima ipotesi di controllo del suo potere assoluto. D risultato è stato che - accanto alla figura istituzionale del Presidente della Bepubblica, ma al di sopra di questo - l'art. 107 della parte ottava della carta costituzionale prevede la nomina di una Guida della Bivoluzione, carica suprema del Paese e ruolo assegnato a vita (a meno di una destituzione decisa dall'Assemblea degli Esperti, costituita però integralmente da religiosi di ferrea osservanza ortodossa: che è come dire che la destituzione è una ipotesi di assoluta astrattezza). La convivenza tra le due massime autorità dell'Iran è dunque, di fatto, la definizione di due ruoli che si esprimono su piani diversi; e se il Capo dello Stato è la massima autorità pohtica, il suo potere è tuttavia subordinato alla identità religiosa della Repubblica islamica, identità la cui tutela è affidata intéramente nelle mani della Guida. Con una lettera che Khomeini scrisse nel 1988 a Khamenei, allora Capo dello Stato, l'Ayatollah statuì infatti il principio che regge l'intero apparato istituzionale dell'Iran rivoluzionario: il «velayat-e matlaqeh faqih», il ruolo dottrinario incontestabile del «teologo tutore» (traduzione letterale dell' incarico che Khomeini si attribuiva, e che ora è di Khamenei, suo successore), ruolo che gli appartiene in quanto unico rappresentante sulla Terra del profeta Maometto. In altre parole, un'autorità assoluta di magi¬ stero simile a quella attribuita al Papa nella Chiesa cattolica. La gabbia che il vecchio Ayatollah ha imposto all'Iran funzionava bene fin ch'era lui il «vali-e faqih», e finché di fronte aveva un fedele e rispettoso allievo com'era in quel tempo Khamenei presidente della Repubbhca. Ma dall'88 l'Iran è mutato profondamente, il rigore e l'austerità ossessiva della rivoluzione si sono sbiaditi nella stanchezza d'una società che non accetta più di subire passivamente la separatezza dietro le cui frontiere la tiene rinserrata una concezione fanaticamente conservatrice della vita pubblica; e i giovani, soprattutto, i giovani (i due terzi della popolazione), spingono per un'accelerazione dei processi di riforma del modello politico e del costume sociale. Khatami, a sorpresa, è stato eletto (e poi rieletto) proprio perché rappresentava l'interprete simbolico di questo desiderio di cambiamento profondo; e su di lui si sono catalizzate tutte le aspettative d'una maggioranza della popolazione che chiedeva forme nuove di vita, apertura delle frontiere culturali, libertà di dibattito. I moti «sessantottini» dell'Università hanno espresso, in questi anni, la volontà d'una accelerazione delle spinte riformatrici che la prudenza di Khatami non pareva coghere. E, nonostante questo eccesso di prudenza, lo scontro tra Khatami e Khamenei - tra Presidente della Repubbhca e Guida della Rivoluzione - è stato continuo, anche aspro, perché Khamenei, che controlla l'apparato giudiziario, i servizi segreti, e le forza armate, può anche servirsi della fedeltà del Consigho dei Guardiani della Rivoluzione (Shora-ye Negahban-e Qanun-e Assassi), un'ulteriore gabbia creata da Khomeini per imbrighare qualsiasi decisione del Parlamento che possa apparire sgradita alla Guida. I due nemici si sono dati battaglia su ogni progetto di legge, Khatami ha perso sempre. Tra poco più d'un mese si dovrebbe votare per il rinnovo del Parlamento, il Majhs. Tenendo conto di quanto s'è visto nell'ultimo ballottagio tenuto a Teheran, dove la partecipazione ai seggi elettorali raggiunse appena il 12Vo, le illusioni sul processo riformatore dell'Iran paiono destinate a consumarsi definitivamente. La stanchezza guadagna i delusi, crea tensioni per ora sotterranee. Ma grazie alla «sua» Costituzione, il vecchio Ayatollah tiene ancora una mano di ferro stretta sul Paese e sulla vogha di modernizzazione che traversa la società iraniana. L'apparizione imprevista di Khamenei, ieri, sulla strada di Khatami, è stata una dichiarazione di principio lanciata per riaffermare un potere assoluto anche quando appaiono timidi segni d'apertura (la «diplomazia del terremoto» avviata con gli americani). Quella sua passeggiata tra le rovine rosse di Bam valeva quanto cento cartelloni elettorali: qui, a comandare c'è sempre uno so tanto. Il vali-e faqih. Con il suo gesto plateale l'ayatollah ha riaffermato l'egemonia assoluta del suo ruolo al vertice sancito da Khomeini nella Costituzione I due leader si sono dati battaglia su ogni progetto di legge e il capo dello •Stato ha sempre perso A febbraio si voterà per il rinnovo del Parlamento La «guida spirituale» iraniana, ayatollah Khamenei, durante la visita a Bam Il presidente iraniano Khatami all'arrivo nella città devastata dal terremoto

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