I soccorritori italiani continuano a scavare di Flavia Amabile

I soccorritori italiani continuano a scavare IL TEAM DELLA PROTEZIONE CIVILE SI E' ACCAMPATO IN UN SOBBORGO DI BAM I soccorritori italiani continuano a scavare «Anche se è ormai un'impresa disperata, speriamo in un miracolo» Flavia Amabile ROMA Quando ieri mattina sono spuntate le prime luci del giorno gli italiani si sono trovati davanti una situazione poco confortante. L'Algeria che pure era stata una catastrofe di dimensioni colossali appariva quasi un paradiso al confronto. Le case, tutte di argilla e fango, erano crollate come torte venute male. «Sembra di trovarsi in una delle città europee dopo i bombardamenti del 1945: le case praticamente non esistono più, ci sono solo rovine», racconta Agostino Miozzo, direttore generale del Dipartimento della Protezione Civile leader del team di soccorsi itahano e anche di quello europeo. La possibilità che sotto il peso di tanta povertà sia rimasto in vita qualcuno appare una chimera persino per i più ottimisti. Le autorità iraniane hanno infatti sospeso le ricerche, anche gli svizzeri hanno ritirato le proprie unità cinofile. Gli italiani no: sono andati avanti fino a quando ieri sera è calato il buio e andranno avanti fino a questa sera «confidando nel miracolo di trovare qualcuno ancora vivo: è sempre possibile che nel crollo di una casa si sia formata una nicchia dove qualcuno potrebbe essere sopravvissuto», spiega Miozzo. Gli italiani continuano a sperare dunque, dopo aver preso pieno possesso di Baravat, sobborgo a sud-est di Bam, fino a quattro giorni fa abitato da 27 mila persone, ora un nugolo di vicoli deserti, macerie, case sventrate, fra i quali gli esperti della Protezione Civile, dei Vigili del Fuoco e della Croce Rossa si aggirano senza sosta con i cani, le sonde e una fiducia scomparsa altrove. Di tanto in tanto la terra trema, nella giornata di ieri si sono susseguite sei scosse «tutte di una certa entità», ma si continua comunque a scavare, ancora con le mani, protetti dalle mascherine e circondati da un silenzio quasi irreale. Le carovane di persone che a piedi, in auto, nelle corriere, da giorni si stanno mettendo in viaggio sono molto lontane da Baravat e dalla piccola guerra degli italiani contro il tempo. Quando - molto presto - ieri sera sono calati la notte e il freddo, le operazioni di scavo si sono fermate. Da quel momento a Baravat i lavori sono proseguiti soltanto all'interno di una caserma dell'esercito circondata da palme, calcinacci, polvere e le luci dei fuochi accesi per riscaldare e illuminare il buio. Lì i medici della Croce Rossa hanno montato in tempi record una tenda sanitaria dove i feriti sono arrivati a decine nella giornata di ieri. I più gravi sono stati trasferiti negh ospedah più grandi, lontano da Bam. Gli altri sono stati curati lì, erano persone con fratture multiple, «le più gravi alla testa», racconta Miozzo. Intanto dall'altra postazione logistica, ubicata sempre all'interno della caserma, si coordinano le operazioni delle prossime ore, quelle di assistenza. «Abbiamo scaricato i beni di pronto soccorso giunti con il nuovo aereo», racconta Agostino Miozzo «manca la corrente elettrica e gli impianti di potabilizzazione dell'acqua sono quindi fermi: ciò porterà sicuramente ad un forte aumento delle malattie gastroenteriche. Inoltre - sottolinea - aumenteranno anche le malattie respiratorie: tantissima gente, infatti, è costretta a vivere all'aperto, dormendo per terra, con le temperature che di notte scendono anche sotto lo zero». Per far fronte a questi problemi, prosegue Miozzo, «entro domani (oggi per chi legge, n.d.r.) allestiremo un centro medico avanzato, una sorta di piccolo ospedale da campo, con un'equipe di medici della Croce Rossa e del servizio sanitario nazionale. Intanto la tenda sanitaria allestita a tempo di record in una caserma dell'esercito ha già cominciato ad accogliere i feriti: in maggioranza lamentavano fratture». Sempre oggi sarà allestita una tendopoli che darà riparo ed assistenza ad oltre 1.200 persone rimaste prive di alloggio. Il terremoto, osserva Miozzo, «ha distrutto ogni cosa, non e' è nulla che funzioni, si fanno gli incontri senza luce, seduti per terra. Ma in queste ore una parvenza di organizzazione sta ricomparendo e da parte della popolazione e delle autorità locali c'è grande collaborazione e disponibilità». Mentre le operazioni di soccorso proseguono ci sono state ancora scosse sismiche di notevole entità «Non c'è più acqua potabile, il nuovo pericolo adesso sono le epidemie» Un gruppo di vigili del fuoco italiani al lavoro tra le macerie del centro storico di Bam

Persone citate: Agostino Miozzo, Miozzo

Luoghi citati: Algeria, Bam, Roma