Betlemme, un'isola di pace su ordine personale di Arafat

Betlemme, un'isola di pace su ordine personale di Arafat DOVE L'AUTONOMIA PALESTINESE HA VOLUTO SRADICARE IL TERRORISMO Betlemme, un'isola di pace su ordine personale di Arafat Fino a pochi mesi fa la città pullulava di uomini di Hamas e dei Tanzim ed era un vivaio di «martiri». Ora la polizia dell'Anp ha imposto la legge reportage Fiamma Nirenstein BETLEMME POCHI giorni fa il capo dello Shin Beth (i servizi segreti intemi). Avi Dichter, aveva avvertito: la quiete di cui godiamo dal 4 ottobre inganna. In realtà ogni giorno vengono bloccati, con l'aiuto della fortuna e del lavorio frenetico dell'intelligence, dai 10 ai 15 attacchi di vario genere, alcuni con la cintura esplosiva già innescata. Tunp le organizzazioni terroristiche, da quelle più importanti come Hamas e i Tanzim (la prima religiosa, la seconda laica, di Al Fatah) a quelle più piccole (la Jihad Islamica, legata agli Hezbollah a loro volta dipendenti da Siria e Iran, e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina, di ispirazione marxista) sono rimaste attive anche in queste miracolose settimane di grazia in cui la gente di Israele già cominciava a credere di potere vivere megho. Un'altra tregua non programmata di questo genere la si era avuta quando Hamas aveva subito cinque «eliminazioni» in quattro giorni, e lo sceicco Yassin aveva deciso di cercare di riassestare l'organizzazione in silenzio e in clandestinità. Adesso, le ragioni di questa tregua semicausuale sono state più composite: eliminazioni e incarcerazioni hanno giocato una parte sicuramente importante; ma anche la decisione che al Cairo avevano annunciato Hamas e il Fplp di «escludere i civili dal cerchio della violenza», ovvero di astenersi dagli attacchi all'interno della ((linea verde», aveva fornito ai due gruppi un peso negoziale negli incontri, poi faUiti, promossi da Mub^rak per ristabilire un clima possibilista che non scontentasse gli Usa. Nel frattempo Saddam Hussein veniva catturato, Gheddafi rinunciava alle armi di distruzione di massa, Bashar Assad preparava la sua visita in Turchia. Anche Arafat e l'Autonomia palestinese partecipano del brivido e dei rischi del cambiamento di scenario portato dagli americani. Ma le organizzazioni hanno adepti pronti a morire o a combattere per ogni dove, e comunque l'arma del terrorismo resta la più efficace per gestire gli sviluppi del conflitto: secondo fonti della sicurezza, l'annuncio di Sharon di riprendere la strada delle trattative o del ritiro unilaterale è stata interpretata nell'Anp come fu interpretato dagli Hezbollah l'annuncio dell'uscita dal Libano, mia fuga che se spinta con l'aiuto delle armi può essere più veloce e più ampia. Anche la risposta all'attacco di Rafah può essere stata una molla di ripresa degh attentati. Ma tutto era già pronto, e in grande: la settimana scorsa, parallelamente all'operazione di Rafah, a Gaza, dove l'esercito ha ucciso otto persone nello scontro che ha portato alla distruzione di un lungo tunnel con l'Egitto attraverso il quale venivano contrabbandate armi, lo Shin Bet concludeva un'operazione di cattura di 22 membri di Hamas nella zona di Ramallah. Gli uomini della sicurezza israeliana sono rimasti stupefatti da una scoperta raccapricciante: la cellula pianificava (e si era già munita degh strumenti) di uccidere quanti più soldati e di tagliare loro la testa per chiedere un riscatto in cambio della restituzione dei corpi. Anche Maqled Humeid, il capo della Jihad assassinato ieri da un elicottero Apache, stava preparando qualcosa dì grosso, un mega-attentato sui cui deet- tagli si preferisce per ora tacere. Ma in quest'alzarsi di una marea di sangue, c'è un'isola in cui per scelta dell'Autonomia palestinese, e, pare, di Arafat personalmente, il terrorismo non c'è più, almeno per ora. L'isola è Betlemme: nella mattinata dopo Nata¬ le, trascorso nella quiete e con una certa soddisfazione anche se i turisti erano pochi (ma molti più dell'anno scorso), ci avviamo nel silenzio assoluto delle strade verso l'edificio del Mukhabarat, i servizi di sicurezza: venerdì è festa per i musulmani, e i cristiani riposano. Ci riceve quasi solo nell'edificio il generale del Mukhabarat in persona, Majdi al-Atana, detto Abu Jihad: Arafat l'ha voluto a Betlemme da Jenin perché il suo lavoro non sia disturbato da rapporti antichi, simpatie, parentele; il capo dei Servizi di qui è stato scelto per un'operazione modello. L'esercito israeliano ha lasciato Betlemme a luglio, Betlemme è con Gerico la sola città in cui la polizia lavori a pieno registro («anche se dice Abu Jihad - gh israeliani sono rientrati otto volte suscitando pericolose reazioni fra la gente, che non ne può più»), ed era, racconta Abu Jihad, una città letteralmente preda delle organizzazioni «combattenti», come lui le chiama: da qui sono usciti 15 terroristi suicidi, molti di Hamas; da qui tm gruppo molto nutrito di Tanzim ha preso a fucilate il quartiere di Gilo, alla periferia di Gerusalemme, per più di due anni. Prima di fronte alla Moschea in piazza della Mangiatoia si vedevano a gruppi stazionare gh uomini di Hamas, sotto la piazza si riunivano i Tanzim: facciamo questo giro e non li incontriamo. «Oggi tutto questo è finito spiega Abu Jihad - esiste solo il potere dell'Autonomia, la gente ora sa che qui esiste la legge, e così continuerà a essere se i soldati israeliani non entreranno di nuovo. Prima di Natale abbiamo lavorato duramente per mesi per evitare che vi fossero attentati contro gh israeliani; niente, ne siamo certi, si preparava contro i cristiani. Abbiamo istituito un centro con i cinque responsabih della sicurezza, delle informazioni, delle guardie, dei check-point, dei vigili. Abbiamo impegnato 500 persone e abbiamo agito coordinatamente. Per la prima volta noi stessi abbiamo in questi mesi fermato e messo in prigione, dove si trovano tuttora, nove persone. Gh ultimi due sono suicidi che uscivano dal campo di Aida, due ragazzi di vent'anni. Tutti e nove sono molto importanti. No, non posso dire cosa preparavano, ma chi lo deve sapere lo sa, da queste parti e più lontano». Secondo Abu Jiha^ «la popolazione reagisce, pensando che la nostra lotta debba essere solo contro Israele: abbiamo avuto due manifestazioni davanti alla nostra sede. Ma tutti gh arrestati si sono arresi senza reagire. Io sono comunque molto preoccupato, vorrei che ciò che facciamo aiutasse la pace, ma Sharon non è su questa linea». E il terrorismo? Per Abu Jihad il terrorismo ha motivazioni nella situazione di sofferenza dei palestinesi: alla fine, dice, chi ci va di mezzo sono i civili di entrambe le parti. li Comandante del servizi di sicurezza . generale Al Atana è stato trasferito da Jenin per volere del Raiss: «Abbiamo lavorato duramente, arrestando nove persone molto importanti che pianificavano attacchi Ormai la gente sa che qui è così» I funerali di Mekled Hameid, leader della Jihad islamica ucciso dagli israeliani