«Fate presto o moriranno tutti»

«Fate presto o moriranno tutti» I SUPERSTITI: «CI AVEVANO SPOSTATO IN CASE NUOVE DICENDO CHE ERANO SICURE. SONO CROLLATE E HANNO UCCISO I NOSTRI FIGLI» «Fate presto o moriranno tutti» La gente scava fra le macerie. File di cadaveri sulle strade testimoni Claudia Ferrerò IL gruppo di sopravvissuti indica il cumulo di rovine: fino all'alba di ieri si alzava, splendente di luce, la città vecchia, dove i radi turisti che approfittavano del disgelo degb ayatollah si aggiravano cercando di evocare la magia deba antica Persia degb imperatori e debe favorite, delle ricchezze favolose e dei debtti raffinati e orrendi. Beffardo è rimasto in piedi soltanto un coloratissimo cartebone dove il sorridente ministro degb Interni Mousawi annuncia gb immancabib destini del-l'Iran. Eppure la città aveva resistito per cinquecento anni ai capricci selvaggi deba natura e aba fùria degb uomini: «Noi abitavamo B fino a vent'anni fa, quebe erano le nostre case, b mondo dei nostri padri e nonni. Poi dopo un terremoto, uno dei tanti, le autorità ci ordinarono di prendere tutto quebo che avevamo e dr trasferirci nei quartieri nuovi dove avevano tirato su in fretta altre case. Starete megbo, ci hanno detto, sono più sicure. QueUe vecchie costruzioni avevano resistito per secob, neb'Bl c'erano stati mibe morti. Quebe nuove eccole b, si sono portate via in un attimo i nostri figli)). Bam, la città due volte morta, uccisa daba insipienza criminale degb uomini e daba inesorabibtà deba natura, è l'Iran che tutti i governi hanno dimenticato, sempre: prima lo scià e poi gb ayatobah, troppo impegnati a inventare rivoluzioni, purezza dottrinaria e modernità per ricordarsi di questi sudditi pazienti abituati aba loro città di fango. A questa gente a cui moschee di fango, ben diverse da quebe splendenti di Qom e di Tabriz, nessuno ha mai chiesto o promesso nulla. Adesso nel panorama debe rovine, una Ma di fantasmi coperti di polvere grigia, quanto resta debe case da cui si sono divincolati da sob, sotto choc, feriti. senza speranze, comincia a crescere tra le urla di disperazione una rabbia sorda. Case ripiegate l'ima sub'altra, edifici rasi al suolo, un quadro di distruzione in mezzo al deserto con i volti disperati di chi ha visto cancebata la propria vita. «Ho perso tutta la mia famigba: i miei genitori, mia nonna e le mie sorebe sono intrappolate b, sotto quebe macerie», racconta una diciassettenne, Maryam. Mentre un'anziana, b volto coperto di polvere, ha solo la forza di urlare: «fl mio barabino, il mio bambino...». Tutt'intorno convogb d'ambulanze che trasportano i feriti verso gb ospedab debe città vicine. Il lavoro dei medici è frenetico, annuncia b portavoce deba Mezzaluna Rossa iraniana Mehran Nourbaakhsh, ma non tutti riescono a portare l'aiuto che vorrebbero. L'Iran, gonfio di petrobo, che per fronteggiare il grande Satana costruisce missib e sogna la atomica islamica non sembra in grado di far arrivare qui mezzi, uomini, medicine. Allineati con tragica e meticolosa attenzione lungo le rovine degb edifici si abungano interminabib file di tappeti dai colori scintillanti: sono gonfi dei cadaveri che attendono b turno per la sepoltura. Li vegbano i superstiti che a mani nude li hanno trascmati fuori dal guazzabugbo debe rovine, b hanno cercati con la ostinazione di chi non crede ab'evidenza del disastro. Qualcuno ha la forza ancora di urlare la disperazione, altri attendono, sbenziosi, che venga b loro turno per la sepoltura. I tappeti nel mondo islamico ricordano i prati in fiore, i giardini con le fontane e e sorgenti; sono coloratissimi, splendenti, etemi giardini che non perdono mai colori e freschezza. Chi si sdraia, nel grigio deserto di pietre di questo altopiano può immaginare i profumi e la vita. A" Bam in lunghe file spariscono sotto le manciate di terra che i caterpbler, senza sosta, raspano nebe poche radure libere dabe macerie. La Ma dei parenti in fila guarda e impreca. «Diciassette membri deba mia famigba sono rimasti sotto le macerie deba casa, fate presto altrimenti moriranno tutti», dice Ab, mentre con le lacrime agb occhi tenta di scavare con un badbe. Dab'altra parte deba strada altri cadaveri, altre persone sdraiate a terra che piangono a fianco dei loro morti. E poi bambini che urlano, l'uno accanto ab'altro in una piazza, avvolti in stracci per proteggersi dal freddo. «Perché gb aiuti sono così lenti ad arrivare? Se fossimo in Occidente sareb¬ bero state mobibtate subito tutte le risorse», si lamenta un sopravvissuto a cui lo choc ha tolto l'atavica paura di questa gente a criticare l'autorità, sempre occhiuta e vendicativa. «Non abbiamo acqua né cibo», dice una donna anziana, U cui velo nero è ricoperto daba polvere bianca che ormai avvolge tutti daba testa ai piedi. Accanto a lei altre donne si abbracciano l'un l'altra, guardano i muri ridotti a bassi cumub di mattoni, singhiozzano, ripetono a voce alta i nomi di mariti e figb che non ci sono più. Al dolore si mescola la antica tentazione aba rassegnazione: «H terremoto ci ha sorpresi durante b sonno - ricordano due sopravvissuti -, b momento peggiore: nessuno ha avuto la possibilità di scappare e di mettersi in salvo ab'aperto. Come fare adesso a ricominciare?». «Abbiamo bisogno di carri da soccorso, di apparecchiature per scoprire chi è ancora vivo ma intrappolato, e poi coperte, medicinab, cibo, ma anche case prefabbricate perché l'inverno sta arrivando rapidamente», è l'appebo del ministro degb Interni Abdel Wahid Musa Lara, b governatore deba provincia di Kerman, Mohammad Ab Karimi gb fa eco: «1 miei concittadini sono sepolti sotto le rovine. Abbiamno bisogno di tutto, molti altri potrebbero morire per b freddo e la mancanza di cibo». Perfino l'Iran ufficiale, arrogante e sicuro di essere assistito da Dio, si scopre fragbe e bisognoso di aiuto. Si scavano a Bam le fosse comuni doveseppellirei morti. Allineati lungo le rovine degli edifici si allungano interminabili file di tappeti gonfi dei cadaveri che attendono il turno per la sepoltura «L

Persone citate: Abdel Wahid, Mehran, Mezzaluna, Mohammad Ab Karimi, Mousawi

Luoghi citati: Iran, Persia