Il sogno deirislam democratico Due passi avanti e uno indietro

Il sogno deirislam democratico Due passi avanti e uno indietro IL DIFFICILE CAMMINO CONTRO LA TIRANNIA Il sogno deirislam democratico Due passi avanti e uno indietro Noah Feldman* UN anno fa, le prospettive della democrazia nel mondo musulmano dipendevano solamente dagli sviluppi pohtici nei singoli paesi. Le libere elezioni in Turchia, ad esempio, hanno portato al potere un partito di orientamento islamico che finora ha governato in modo democratico e con meno interferenze militari del previsto. Elezioni "semilibere" in Marocco e in Pakistan hanno dimostrato come i partiti islamici riescano a guadagnare voti ogni volta che i regimi autocratici consentono loro di partecipare alle elezioni. Nel frattempo in Iran è apparso chiaro come il presidente Mohammad Khatami non abbia la volontà o la forza di opporsi ai più intransigenti e di trasformare i suoi due trionfi elettorali in cambiamenti significativi. Un progresso graduale sembra all'ordine del giorno, con un passo indietro ogni due passi avanti. La guerra dell'Iraq ha cambiato tutto. Con la caduta di Baghdad, la coalizione angloamericana ha dichiarato la sua volontà di instaurare quella che sarebbe la prima democrazia araba legittima e una delle pochissime democrazie costituzionali tra i paesi a maggioranza musul¬ mana. Questo è un obiettivo ambizioso in un paese come l'Iraq dove mancano ancora le più elementari condizioni di ordine e legalità necessarie per costruire la democrazia. Tuttavia l'Iraq viene e verrà considerato come un esperimento naturale, ovvero il tentativo di creare dal nulla la democrazia in un paese dove l'Islam svolge un ruolo fondamentale nella vita pubblica. La gradualità non viene presa in considerazione. O l'esperimento iracheno avrà successo, nel qual caso le sue ripercussioni incoraggeranno la democratizzazione in altri paesi arabi e musulmani, oppure fallirà clamorosamente, sferrando un colpo terribile alle' fragili radici della democrazia islamica. I progressi in Iraq saranno relativamente facili da valutare. Nell'autunno del 2004 dovrebbe tenersi un'assemblea costituente. Il popolo iracheno avrà una bozza di costituzione da discutere, modificare e (si spera) approvare entro la fine dell'anno, aprendo la strada a successive elezioni. Se un libero dibattito costituzionale avrà effettivamente luogo, e sarà trasmesso in diretta via satellite in lingua araba, segnerà un vero e proprio spartiacque nella storia dell'Islam e della democrazia. Clerici e laici ispirati daUa democrazia, donne con il velo e cittadini comuni dibatteranno non solo questioni come il federalismo e l'autogoverno dei curdi, ma anche il rapporto tra l'Islam e lo stato. Gli spettatori saranno coinvolti in disquisizioni sull'Islam e la parità tra i sessi, il trattamento dei cittadini non credenti, il finanziamento delle moschee e parecchie altre questioni che oggi come oggi sono mera utopia in gran parte del mondo musulmano. Da tutto questo sorge una domanda fondamentale: uno stato può avere un carattere autenticamente democratico e al contempo islamico? La risposta si vedrà nei fatti: un movimentato dibattito seguito daUa ratificazione della costituzione e da libere elezioni potrà far molto per sfatare il luogo comune secondo cui la democrazia e l'Islam sono incompatibih. L'eventuale successo in Iraq resterebbe comunque un esempio a sé stante di intervento straniero, forse irripetibile altrove nel mondo musulmano a causa dei suoi enormi costi. Tuttavia la presenza di una democrazia nascente in Iraq influenzerebbe i governi islamici autocrati, timorosi di un'intensificazione della pressione da parte degli Stati Uniti. In- fluenzerebbe anche i singoli cittadini dei paesi musulmani, che potrebbero presto adottare anche per sé il modello di un Iraq prospero e democratico. La sola presenza di un Iraq democratico potrebbe finalmente spingere l'Iran ad attuare le riforme. E non sorprenderebbe vedere l'Arabia Saudita creare un processo basato sul consenso per la sua assemblea consultiva, ancora lontano dalle legislature sempre più diffuse tra gli altri emirati del Golfo, ma pur sempre un passo avanti rispetto agli attuali governi basati esclusivamente sul criterio della nomina. La monarchia giordana, che nel 2003 ha indetto elezioni a lungo ritardate, potrebbe liberalizzarsi ulteriormente. Viceversa, se in Iraq la sicurezza non viene ripristinata e se il processo costituzionale si blocca su questioni religiose o se si rivela una farsa come in Afganistan, gli autocrati di paesi come l'Egitto e l'Algeria vedranno presto giustificata la propria insistenza sulla scelta di Hobson tra legge e anarchia. La cauta liberalizzazione nel Golfo, in Giordania e in Marocco sarebbe tenuta al freno. Il potente esercito indonesiano sarebbe tentato di usare la costante minaccia di al-Qaida per tenere ulteriormente al guinzaglio il presidente Megawati Sukamoputri. Il presidente pakistano Pervez Musharraf avrebbe tutte le scuse che vuole per mantenere il controllo sulla corrotta pohtica del suo paese, e l'America continuerebbe a sostenerlo. Se l'esperimento iracheno fallisse, a perdere non sarebbe solo il popolo dell'Iraq, ma anche tutti quei musulmani di altri paesi che negli ultimi anni hanno sostenuto che la democrazia non è meno compatibile con la loro cultura e le loro credenze di quanto lo sia in Svezia o nello Sri Lanka. Anche se pazienza dovrebbe essere la parola d'ordine per lo sviluppo democratico in qualunque paese, la cruda verità è che le speranze di un Islam capace di accoghere la democrazia (e viceversa) dipenderanno dal successo o meno dell'autogoverno costituzionale dell'Iraq. Indipendentemente dalle sue peculiarità, nel 2004 l'Iraq diventerà il prisma attraverso il quale si rifletteranno, a tinte forti, tutti i dibattiti su democrazia e Islam. * professore di diritto presso la New York University e autore di "After Jihad: America and the Strugglefor Islamic Democracy" (Farrar, Straus Si Giroux) L'eventuale successo Ma se sarà un fallimento in Iraq resierò comunque gli autocrati musulmani un modello irripetibile torneranno allo scoperto M' Tutti alla Mecca. Uno stato può essere democratico e al contempo islamico?

Persone citate: Clerici, Giroux, Megawati Sukamoputri, Mohammad Khatami, Noah Feldman, Pervez Musharraf, Straus