Vincerà Bush. Oppure la sua fotocopia

Vincerà Bush. Oppure la sua fotocopia LA CORSA ALLA CASA BIANCA Vincerà Bush. Oppure la sua fotocopia John Micklethwait TUTTE le elezioni presidenziali americane vengono ritenute cruciali, ed è giusto che sia così, perchè qui si sceglie l'uomo più potente del mondo. Comunque sia, il tentativo di George Bush di aggiudicarsi un secondo mandato nel 2004 sembra particolarmente importante, soprattutto per qaunti che sono in disaccòrdo con l'indirizzo super conservatore dell'amministrazione Bush. Sul fronte intemo, questa tornata elettorale viene percepita dai democratici come una sorta di ultima spiaggia per impedire ai repubblicani di rirnodellare completamente gli Stati Uniti. Oltreconfine, invece, molti degli alleati dell'America credono che un presidente democratico avrà un atteggiamento più collegiale e meno unilaterale. L'unica cosa certa riguardo le elezioni presidenziali è che saranno incerte. Bush ha vinto le elezioni del 2000 per un pelo, e molti Democratici ancora ritengono che non le abbia vinte affatto. Nel 2002 ha conseguito una grande vittoria nelle elezioni di metà mandato, aiutando i repubblicani a riconquistare il Senato. Ma era l'epoca in cui gli indici di gradimento del Presidente erano alle stelle. Stavolta sarà diverso. Bush dovrà dimostrare che la sua politica in Iraq ha portato dei risultati, ma questo non è un compito così difficile come si immaginano (e in molti casi sperano) tanti europei. I sondag- gi indicano che la maggioranza degli americani è disposta ad accettare le inevitabili perdite di vite umane nella lontana Mesopotamia, per lo meno finché la vittoria finale non viene messa in discussione. Dal punto di vista elettorale, la sfida più grande per il Presidente sarà quella economica. In questo senso Bush, che se si votasse adesso si presenterebbe alle urne con sulle spalle la perdita di 2 milioni di posti di lavoro, ha qualche ragione per sentirsi perseguitato ingiustamente. L'economia si sta ancora riprendendo dagli squilibri creatisi in quella che i repubblicani chiamano la «bolla di sapone di Clinton». Inoltre, uno dei motivi per cui la ripresa del prossimo anno sarà buona (anche a lungo termine), a prescindere dalla disoccupazione, è che la produttività è migliorata, quindi le aziende possono andare avanti con sempre meno dipendenti. Dal punto di vista elettorale sarebbe comunque una rogna non da poco per qualsiasi politico, in più Bush faticherà a dare una spiegazione plausibile del pesante deficit di bilancio. I democratici avranno quindi qualche possibilità, anche se la loro posizione è più debole di quanto non sembri a prima vista. Nel 2004 Bush avrà a disposizione molti più fondi del suo oppositore e un mandato più chiaro e netto dal suo partito. Grazie al suo rigido conservatorismo, l'indice di gradimento di Bush tra i repubblicani si è mantenuto altissimo per tutta la durata della sua presidenza. Viceversa per i democratici le primarie saranno una vera bolgia. Chiunque sia il candidato destinato ad emergere, entrerà subito nel mirino dei cani da guardia di Bush e dipinto come un «liberal» del Nord Est (Howard Dean, John KenV), uno sprovveduto politico (Wesley Clarice, John Edwards), un sinistroide all'antica (Richard Gephardt) o un moderato senza speranza (Joe Lieberman). Per i democratici, la brutta notizia è che nel 2004 quella per la presidenza è forse l'unica battaglia che hanno qualche possibilità di vincere. I repubblicani potrebbero infatti consolidare la propria maggioranza in Senato, mentre nella Camera dei rappresentanti un'altra disgraziata ridistribuzione delle circoscrizioni significa che vi sono pochi e preziosi seggi da disputarsi. Intanto i repubblicani controllano i governatorati dei quattro maggiori Stati dell' unione (Texas, New York, Florida e da poco anche la California con Schwarzenegger) oltre alla maggior parte delle assemblee legislative statali. Perciò i de¬ mocratici temono che un secondo mandato di Bush consentirebbe al suo partito di «conservatorizzare» l'apparato giudiziario e di iniziare a smantellare i programmi del New Deal (ad esempio privatizzando in parte la previdenza sociale). Per molti.europei, la prospettiva di una seconda presidenza Bush appare ancora più fosca. Dal loro punto di vista, Bush è il texano cattivo che ha portato fuori l'America dal protocollo di Kyoto, definito Ariel Sharon «un uomo di pace», rifiutato di partecipare al Tribunale penale intemazionale e invaso l'Iraq senza l'autorizzazione delle Nazioni Unite. Che si sia d'accordo o meno con queste definizioni, gfi europei dovrebbero invece chiedersi se l'ascesa di un Presidente democratico porterebbe veramente a un cambiamento. Sulla maggior parte delle questioni, con l'alternativa democratica a Bush si avrebbe un cambiamento di tono più che di sostanza. Il protocollo di Kyoto è stato bocciato dal Senato nel 1997 con un margine di 95 a 0; perfino Dean, il più a sinistra degli attuali candidati del partito democratico, ha titubato sulla firma del trattato sull'ambiente. Dean è stato l'unico candidato a schierarsi apertamente contro la guerra in Iraq, appoggiata da gran parte dell' opinione pubblica americana. Tutti i candidati democratici sostengono Israele come e più di Bush e alcuni di loro hanno pure accusato il Presidente di essere troppo indulgente nei confronti degli alleati arabi, specialmente i sauditi. Nei confronti delle Nazioni Unite, un presidente democratico avrebbe forse maggiore considerazione di Bush (ci vuol poco), ma difficilmente lascerebbe che le Nazioni Unite controllassero la politica estera americana come invece vorrebbero molti europei. La diatriba di Dean con Bush era sul singolo caso dell' Iraq e non sul diritto di prelazione degli Stati Uniti. Nell'immediato futuro, i presidenti di entrambi i partiti sarebbero fortemente tentati dall'uniteralismo, per due ordini di motivi: in primo luogo l'America può permettersi di pensare che il suo peso militare equivale a quello di almeno una ventina dei Paesi meglio armati messi insieme; in secondo luogo l'America, comprensibilmente e diversamente dall'Europa, ha fatto della guerra al terrorismo una questione personale. Il che introduce l'ultima (e spaventosa) variabile per il 2004: un altro attacco di Al Qaeda sul suolo americano. Se dov^s'é vexificafgì;:è pi'DBàbile che la nazione si stringa ancora una volta attorno a Bush. Anche* soltantòna^ìSiBaGGÌÌ^ di un altro attacco terroristico potrebbe essere sufficiente per farlo rieleggere. Ma con un margine risicato. ^ f L'opposizione Ww iberna spera di impedire ai repubblicani di rimodellare il Paese in chiave conservatrice Vincendo le elezioni ci riuscirebbe. Invece è solo un'illusione degli europei che possa modificare la politica estera: i cambiamenti non ci saranno w Voto a rendere. Tornata elettorale con poche insidie per il presidente George W. Bush