La Fenice è viva con Temirkanov di Giorgio Pestelli
La Fenice è viva con Temirkanov IL MAESTRO RUSSO CHIUDE LA SERIE DI CONCERTI INAUGURALI DIRIGENDO LA FILARMONICA DI PIETROBURGO La Fenice è viva con Temirkanov Acustica perfetta nella sala ricostruita In programma Ciaikovskij e Stravinsky Una malinconica e antica «Sagra» Giorgio Pestelli VENEZIA Se c'è qualcosa che mi piace nella vita musicale più recente sono i concerti di Yuri Temirkanov: nessun direttore come lui, specialmente alla guida della «sua» Filarmonica di San Pietroburgo, mi dà la sensazione che ascoltare un concerto non sia un'occasione culturale da seguire con più o meno sussiego, ma una passione, un incontro con qualche verità che ti colpisce direttamente come un fatto di vita più che d'arte; è vero che l'occasione era di quelle che fanno salire la temperatura emotiva: 0 concerto conclusiva della settimana che ha festeggiato L riapertura del Teatro La Fenice, con il ritorno in grande stile della musica nella sala nuova e antica allo stesso tempo; ed è vero che Temirkanov sceglie sempre musiche di assoluta congenialità, che rispecchiano il suo stato d'animo del momento senza imposizioni d'altro gene¬ re; ma è certo che l'autorità con cui si muove fra slanci estemporanei e precisione, fra fastosità sonore e percezione di voci intime è inimitabile e conviene, appena possibile, andarsela a risentire. Intanto: l'impressione della sala ricostruita è fehcissima, calda e accogliente come una volta; i colori e le dorature oggi così squillanti in capo a qualche anno di aria di città e riscaldamento avranno ripreso il brunito e la patinatura desiderabile. Ancora più importante: l'acustica è perfetta, anche per l'opportuna sostituzione della moquette con il nuovo pavimento di legno ; tra un anno il battesimo decisivo con le voci sul palco e l'orchestra nella buca. Due nomi in programma, Ciaikovskij e Stravinsky: una visione storica dozzinale li collocherebbe sotto gli opposti vessilli di Otto e Novecento; e invece, quanto familiarmente vicini li abbiamo sentiti dalle mani di Temirkanov, quasi avesse voluto confon- dere le rigide cronologie. Una Quarta Sinfonia di Ciaikovskij di disperata sincerità nella forza d'urto, ma anche formicolante di mezze voci, racconti e confessioni nel suo fraseggio snodato, mobile, sensibilissimo: da ricordare il patetico splendore degli ottoni, lo scuro velluto di viole e violoncelli, la precisione dei legni nella «canzone», incisivi come la trafitta di un ricordo; e poi quegli arabeschi di flauti e clarinetti, leggeri come fiocchi di ne¬ ve nel loro impercettibile «rubato»: lussi principeschi, che anche un Temirkanov solo con una orchestra superlativa può permettersi. Tanto moderno Ciaikovskij, quanto radicata nella tradizione la «Sagra della primavera» di Stravinsky. Troppe analisi hanno un poco impallidito questo capolavoro; con Temirkanov e i Filarmonici pietroburghesi la «Sagra» riprende colore, più nel timbro che nel ritmo, e con una più accentua¬ ta sottolineatura del tono malinconico e lamentoso delle melodie russe di cui è intessuta. In conclusione, una «Sagra» più orientata verso il passato russo che verso una modernità apolide: con quelle sonorità leggendarie, come fossili o minerali mezzo interrati. Acclamazioni trionfali e due bis: il Preludio della «Traviata», in affettuoso omaggio al Teatro che la vide nascere, e l'irresistibile «Trepak» dallo «Schiaccianoci» di Ciaikovskij. Una immagine della sala della Fenice ricostruita dopo l'incendio. Temirkanov ha chiuso la serie di concerti inaugurali
Luoghi citati: San Pietroburgo, Venezia
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