L'infinita prateria del pallottoliere

L'infinita prateria del pallottoliere L'infinita prateria del pallottoliere CONTIAMOCI. Vediamo quanti siamo, vediamo chi siamo. Questa è un'espressione che spesso sentiamo usare da chi, in cerca di un'identità collettiva, si rivolge alla quantità per verificare la qualità, per esempio di un gruppo. Si tratta di una forma di censimento, nella quale i numeri, il contare appunto, si configura come attività che conduce a un risultato che non è più solamente numerico, ma qualitativo. Contare, numerare nel senso di censire. Le radici di questa accezione sono per noi profonde: si apra la Bibbia, si vada al libro dei Numeri. Il censimento con cui il libro si apre è precisamente questo. Il Signore dice a Mosè, nel deserto del Sinai, il primo giorno del secondo mese del secondo anno dell'uscita dall' Egitto: «Fate il censimento di tutta la comunità degli Israeliti, secondo le loro famiglie, secondo il casato dei loro padri, contando i nomi di tutti i ijiaschi, testa per testa...». Il censimento conduce al riconoscimento della provenienza secondo la storia famigliare («secondo il casato dei loro padri»), stabilisce l'identità pre¬ sente e permette di procedere in avanti nel tempo: per sapere dove si va, occorre sapere da dove si arriva e chi siamo. In questo senso il censimento ha anche a che fare con il tempo. Ma naturalmente tutto ha a che fare con il tempo, e i numeri più di ogni altra invenzione umana. Nel concetto stesso di successore numerico brilla questa perla meravigliosa e spaventosa che noi, forse unici fra tutti gli animali, crediamo di aver sottratto all' ostrica del tempo. In certe sensibilità la visione delle successioni numeriche si fa vivida, sfolgorante. I gemelli studiati da Oliver Sacks nel suo L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello (neitascabili Adelphi, pp. 318, C 9,50), uniti dalla genetica e dall'handicap, comunicavano l'un l'altro dicendosi numeri primi, sempre più alti, sempre più misteriosamente computati. Frobabilmente, anzi, non si trattava di calcolo, ma di visione. L'infinita prateria delle successioni numeriche, per loro, era probabilmente punteggiata di numeri primi, così come l'infinita landa del tempo è punteggiata di eventi. Ed è proprio nella ripetizione di questi che noi troviamo il ritmo grazie al quale accostarci al mistero del tempo. Narrativamente il personaggio dotato di una tak 3ensibilità ha valenze notevoli, perfettamente indossabili dalla figura del detective, nel genere investigativo. Un po' diverso dalla media dei viventi, è dotato di un acume che lo limita, perché lo addolora e lo allontana dalla comunità, ma contemporaneamente ne fa un recordman, perché gli permette di vedere ciò che noi non vediamo: è lontano da noi perché è più indietro, ma anche perché è più avanti. Il quindicenne Christopher Boone, per fare un esempio recente, protagonistadel roamnzo di Mark Ha..don Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte (Einaudi, pp. 247, 6 16), soffre di una forma autistica chiamata sindrome di Asperger. Il suo rapporto con la realtà vacillerebbe, se non ci fosse un'altra realtà che al contrario frequenta con estrema sicurezza, a differenza di noi. Si presenta così: «Mi chiamo Christopher John Francis Boone. Conosco a memoria i nomi di tutte le nazioni del mondo e delle loro capitali, e ogni numero primo fino a 7507». I numeri sono oggetti misteriosi. Fuoi trovarteli di fronte quando meno te l'aspetti. Fuoi intuire, con certo sgomento pitagorico, che sotto la pelle di ciò che vedi scorrono e si intrecciano numeri, numerini e numeretti. Esiste l'ipotesi che l'antico Libro dei Mutamenti cinese (I Ching, Adelphi, pp. 727, C 28,41) derivi da una forma di numerazione aritmetica vicina alla numerazione binaria, quella cioè che oggi sta alla base del calcolo elettronico. Il nesso che sentiamo forte (tanto quanto è forte il nostro desiderio di oracoli), benché incapaci di esplicitarlo pienamente, fra numeri, cosmo, tempo e destino, si arricchirebbe così di un ulteriore tassello. Ma la sequenza temporale e quella numerica sono davvero specchio l'uno dell'altra? Davvero sono orologi paralleli e sincronizzati? Davvero controllando la seconda riusciamo a fronteggiare la prima? Non è proprio la visione dell'intera successione numerica a trasformarsi nel suo contrario? Jorge Luis Borges, nel suo L'Aleph (Adelphi, pp. 171, e 12,50), ci ha dato l'immagine più maneggevole di questa intuizione. Molto vicina al punto, una sferetta può essere il ricettacolo del Tutto. Visione della totalità è in aperta contraddizione con la logica della sequenza, eppure si rincorrono e alla fine si trovano. Chi veda tutto il tempo, vedrà anche che il tempo è illusorio. I numeri, che hanno portato la disciplina che noi chiamiamo Fisica fuori dal territorio della filosofia, come Israele fuori dall' Egitto, che hanno cioè permesso la matematizzazione della teoria, la sua evoluzione in scienza - come usiamo dire esatta, non salvano la Fisica stessa da questa possibilità di cambiamento, di slittamento nell'opposto. Anzi, proprio in loro, nei numeri, continua a vivere il paradosso del tempo, spingendolo dentro il cuore stesso della ricerca. Si veda ad esempio la posizione espressa da Julian Barbour nel suo La fine del tempo Einaudi, pp. 370, 6 23). Possiamo banalizzarla così: il tempo non esiste. Detto da uno scienziato, ha un peso specifico di tutto rispetto. Si può tornare a Parmenide da più strade, evidentemente. Si può tornare indietro, o ritornarci dopo un lungo giro, passando da Agostino, da Newton e da Einstein. D'altronde, se il tempo non esiste, forse non ci siamo mai spostati. Eppure sono già le undici, e io devo andare. Dario Voltolini Il censimento (la Bibbia) per risalire alle proprie origini, il down di Haddon che conosce ogni numero primo fino a 7507, la fine del tempo annunciata dallo scienziato Barbour e e . o l a i o o e , l' e o C e o i e i e ì d i l e o è o o a n recordman, perché gli permette di vedere ciò che noi non vediamo: è lontano da noi perché è più indietro, ma anche perché è più avanti. Il quindicenne Christopher Boone, per fare un esempio recente, protagonistadel roamnzo di Mark Ha..don Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte (Einaudi, pp. 247, 6 16), soffre di una forma autistica chiamata sindrome di Asperger. Il suo rapporto con la realtà vacillerebbe, se non ci fosse un'altra realtà che al contrario frequenta con estrema sicurezza, a differenza di noi. Si presenta così: «Mi chiamo Christopher John Francis Boone. Conosco a memoria i nomi di tutte le nazioni del mondo e delle loro capitali, e ogni numero primo fino a 7507». I numeri sono oggetti misteriosi. Fuoi trovarteli di fronte quando meno te l'aspetti. Fuoi intuire, con certo sgomento pitagorico, che sotto la pelle di ciò che vedi scorrono e si f V benché incapaci di esplicitarlo pienamente, fra numeri, cosmo, tempo e destino, si arricchirebbe così di un ulteriore tassello. LAleph (Adelphi, pp. 171, e 12,50), ci ha dato l'immagine più maneggevole di questa intuizione. Molto vicina al punto, una sferetta può essere il ricettacolo del Tutto. Visione della totalità è in aperta xc scienza - come usiamo desatta, non salvano la Fstessa da questa possibilcambiamento, di slittamnell'opposto. Anzi, proprloro, nei numeri, continvivere il paradosso del tespingendolo dentro il cuoreso della ricerca. Si veda ad esempio la pone espressa da Julian Banel suo La fine del teEinaudi, pp. 370, 6 23). Pomo banalizzarla così: il tnon esiste. Detto da uno sziato, ha un peso specifitutto rispetto. Si può tornParmenide da più stradedentemente. Si può tornadietro, o ritornarci doplungo giro, passandAgostino, da Newda Einstein. D'alde, se il tempoesiste, forse nosiamo mai spostEppure sono undici, e io devo anDario Voche strenna fa ca: caos li bid

Luoghi citati: Egitto, Israele