Il conte Igor sommo artista della patacca di Filippo Ceccarelli
Il conte Igor sommo artista della patacca Il conte Igor sommo artista della patacca Filippo Ceccarelli E se invece di un «enigma», come pensosamente ha tentato di classificarlo il presidente della Commissione TelekomSerbia Trantino, il conte Igor fosse un artista della bugia creativa, un poeta dell'immaginazione testimoniale, un talento così maturo, nello sparare super-palle, da ritorcersi addirittura contro chi gli ha dato credito? A loro modo sono fantastiche le carte, anticipate qui jiovedì scorso da Guido Ruotoo, con cui la magistratura di Torino ha motivato l'ordinanza di misura cautelare per Igor Marini, già super-testimone. Ora, che questi raccontasse frottole lo si era già ampiamente capito. I giudici hanno contabilizzato 59, fra calunnie e auto-calunnie; tutte più o meno finalizzate a incastrare «Mortadella» Prodi, «Cicogna» Fassino, «Ranocchio» Dini (che . poi semmai era «Rospo») e altri del centrosinistra. Ma dalla lettura dei documenti, specie nel segmento per così dire vaticano del supposto riciclaggio delle tangenti, viene fuori qualcosa di veramente eccezionale. Nel senso che il conte Igor ha dato vita a due personaggi che nella realtà non esistono proprio: il cavalier Palermini e padre Astolfo. Così Marini li ha battezzati, secondo canoni d'irrealtà che sarebbero piaciuti a Zavattini o Manganelli («Letteratura come menzogna)), Adelphi). Sono due creature che egli colloca in luoghi immaginari e che fa interagire, anche fra loro. Insomma, si rivela pure lui un burattinaio, per quanto di burattini assolutamente virtuali, o fantomatici. Il cavalier Palermini, che di nome fa Guglielmo, sarebbe un funzionario dello lor. Ma nelle deposizioni telefona, svela segreti sull'imminente Conclave, dà appuntamenti presso indirizzi che non esistono, accoglie ospiti che non l'hanno mai visto, li conduce in caveau immaginari, offre documenti falsi. A un certo punto Marini lo fa anche andare in vacanza, e il cavalier Palermini scende all'hotel delle Terme di Merano, dove ovviamente non v'è nessun hotel delle Terme. E' lui ad accorgersi che i soldi delle tangenti sono bloccati; e a sostenere che nelle «alte sfere» sono molto arrabbiati. Mentre padre Astolfo - che nel nome sembra riecheggiare una figura manzoniana - è uno dei segretari dell'Arcivescovato di Milano. Il conte Igor l'ha nominato collaboratore del cardinal Martini, per il quale tiene i contatti con la Santa Sede. Però quando è a Roma lavora in una stanza dell'hotel Columbus, blindata e insonorizzata, dove padre Astolfo carica dati nel pc e usa anche lo scanner. Era tempo che nella vita pubblica non comparivano invenzioni così compiute e strabilianti. Per ritrovare pari creatività accusatoria occorre forse tornare al caso Montesi. Anche allora, nel tourbillon delle dissipatezze evocate intorno alla tenuta di Capocotta, entrò negli atti giudiziari una creatura inesistente: «Giovanna la rossa», pure conosciuta come «la dromedaria», di cui poi si seppe che era nata dalla fantasia di un prete di campagna. Ecco. Grazie a padre Astolfo e al cavalier Palermini, si può oggi proclamare il conte Igor all'altezza di altri formidabili campioni di bugie nell'accusometro nazionale. Meglio di Donatella Di Rosa, «Lady Golpe», che a colpi di balle fece saltare la catena di comando degli Stati maggiori, oltre a scoperchiare la tomba di un neofascista, in Spagna. Meglio di Elio Ciolini, il mago del depistaggio tramologico, il fantasista dell' allarme elettorale, il signore della rivelazione ritrattata e della ritrattazione rivelata che a suo tempo Andreotti inserì nell'ordine deir«alta patacca». Che di basse ce ne stanno pure, ma evidentemente alle commissioni parlamentari d'inchiesta interessano meno.
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