Allegre stagioni per Nekrosius di Masolino D'amico

Allegre stagioni per Nekrosius ROMA, IL TESTO TEATRALE DI DONELAITIS Allegre stagioni per Nekrosius Masolino d'Amico ROMA Di sohto vediamo il grande regista Eimuntas Nekrosius impegnarsi su classici tradotti in lituano da altre lingue, e si sospetta che questo abbia qualche incidenza sulla sua caratteristica lettura dei testi in chiave plastica, con la parola relegata a una condizione risolutamente secondaria e la prevalenza, invece, di immagini libere, spesso audaci e talvolta geniali. Oggi però egli propone un lavoro, sia pure di origine non teatrale, appartenente alla letteratura del suo Paese: il poema in esametri «Le stagioni» dell'ecclesiastico settecentesco Kristijonas Donelaitis. Nekrosius ne ha tratto (finora!) due spettacoli intitolati rispettivamente «Gioie di primavera» e «Ricchezze d'autunno». Sono in scena all'Argentina a giorni alterni fino a domenica 21, quando saranno rappresentati tutti e due, e dopo il primo posso confermare che la maniera del regista-demiui^go non è cambiata. Del dettato originale, infatti, sceglie solo pochi versi, non più di qualche dozzina, e li fa dire quasi casualmente da un personaggio al pubblico a mo' di ilÌustra2Ìone di quanto si sta svolgendo, che spesso non corrisponde, se non in senso lato, a quanto si ascolta. Questi versi sono delle pie, ingenue e talvolta anche timidamente ironiche descrizioni di vita agreste - la macchia e la brughiera rispondono gioiose al richiamo della buona stagione; ogni fiore, ogni fogha lancia radiosi sorrisi; l'usignolo canta la notte quando gli altri si sono stancati; la cicogna è tornata alla nostra amata terra e tu lavora, guadagnati il pane quotidiano, non ingozzarti di carne ma cura cavoli e rape, festeggia l'arrivo della primavera con canti e con burle... Lo leggiamo sui soprattitoh, ma solo di tanto in tanto. Tutto il tempo invece guardiamo nove attori giovani, dinamici e anche spiritosi, nell'abito dei contadini di ogni tempo - maschi in nero con scarponi e giacchette che si tolgono spesso, femmine in sottane lunghe di cotone - esibirsi, tra fischi, strilli e altri richiami, in varie attività anche corali, simboli¬ che di quelle sempiterne di chi vive sulla terra e deEa terra. Dico simboliche perché costoro non mimano, se non solo episodicamente, le attività vere (zappare, sarchiare, tessere...), bensì eseguono con brio giochi inventati da Nekrosius, giochi che tali attività interpretano poeticamente. Per esempio, il pattinaggio o gli scivoloni sul ghiaccio che presto si sdogherà sono resi da due che si lanciano su di un'asse appoggiata sopra un cilindro di ferro, facendola slittare prima di precipitare sul pavimento. La scena è nera e neutra, con vari elementi di legno crudo che tornano utili, come una sedia appesa con sopra certi uccellini di gesso uno dei quali quando ci si soffia dentro canta come un usignolo; le luci di Aurius Jankauskas sono limpide e affettuose, la piacevolissima musica di Mindaugas Urbaitis, facile e melodiosa, talvolta incalzante e appena appena inquietante. Inizialmente raggruppati dentro una specie di stazzo laterale, i rustici maneggiano certe lastre di vetro, bagnandole e pulendole e limandone i bordi, con una delle quali un ragazzetto si ferisce alla testa, e poi il papà gh ricuce lo strappo con del filo rosso. Tra i traffici successivi, una banda di paese che non suona, un banchetto con distribuzione di frittelle, un funerale. C'è molto uso di acqua, spesso spruzzata in controluce, i vùlici se la tirano volentieri addosso, e nella sezione burle percuotono in faccia una malcapitata con degh stracci bagnati. Sempre confermando una sua nota tendenza, Nekrosius ripete le sue gag all'infinito. Un trave è rizzato orizzontalmente a simulare un ponticello che quindi un bifolco attraversa in precario equilibrio, dopodiché lo stesso passaggio viene implacabilmente compiuto, con variazioni minime, da altri sette. Da ultimo il tema è la costruzione. Per renderne la difficoltà, un attore si dondola su di un'altalena cui è appoggiato con il petto, e a ogni passaggio gh altri gh poligono un mattone che lui avventurosamente colloca su di un mucchio fino a ottenere un abbozzo di muretto, col che la serata (due ore e mezzo con intervallo) lietamente si conclude.

Persone citate: Eimuntas Nekrosius, Jankauskas, Kristijonas Donelaitis, Mindaugas Urbaitis, Nekrosius

Luoghi citati: Argentina, Roma