Un'Odissea rosso sangue
Un'Odissea rosso sangue Un'Odissea rosso sangue RACCONTA tutta l'Odissea in 100' senza intervallo, l'ultimo spettacolo del Carretto di Lucca. Per farlo si serve di undici attori (nove uomini e due donne) e di una scenografia attiva quanto loro, una piattaforma di legno rotonda e inclinata con un bordo rialzato, simile alla sommità di una botte. Sormontata da funi pendenti che possono fungere da altalene, disseminata di botole invisibili, parzialmente innalzabile per formare un muro, questa piattaforma sollecita continuamente la fantasia diventando via via, con poche modifiche, la reggia di Itaca, la nave delle peregrinazioni, la grotta di Polifemo, la porcilaia di Circe, e via dicendo. Come il poema, si comincia coi Proci - sbracati giovanotti dall'aria patibolare in calzoni e giacca nera, camicia candida - che banchettano oscenamente nella dimora di Ulisse, mentre Penelope e Telemaco, vestiti di bianco, fanno congetture sul ritomo delrispettivo marito e padre. Poi arriva, infagottato in un cappottone, un mendicante barbuto (Ulisse) al quale i prepotenti danno la baia, sbeffeggiandolo. Dopodiché - potrebbe essere come un delirio nella memoria confusa di questo barbone - gli stessi giovanotti, con l'occasionale contributo di una ancella corrotta, discinta e agitata come una menade, si prestano a rievocare mediante una serie di pantomime le principali peripezie dell'eroe, partendo dall'impresa del cavallo di Troia - questa, una parodia da avvinazzati - per proseguire con l'accecamento del ciclope, la resistenza al canto delle Sirene, la prigionia dalla maga, l'incontro con la madre, le gioven¬ che del sole, fino alla conclusione con lo sterminio dei pretendenti alla mano di Penelope. Concertando coreografie energiche e precise, suggestive di molta violenza rituale - il rosso del sangue è quasi l'unico colore contro lo sfondo del legno, degli abiti neri e dei corpi sovente seminudi -, la regia di Maria Grazia Cipriani si avvale di elementi vividamente disegnati da Graziano Gregori a supporto della propria scenografia: inquietanti maschere per i maiali e per le vacche, cruente frattaglie per il fiero pasto dei banchettanti, un assai realistico manichino spezzato in due mentre vola verso l'alto per essere divorato dal Ciclope, ecc., ecc. L'avvolgente colonna sonora di Hubert Westkemper cita a un certo punto i Vespri Siciliani, e la madre di Ulisse gli viene incontro cantando con la voce della Callas prima di sprofondare lentamente nell'abisso dell'Ade. Come nei precedenti, memorabili spettacoli di questa formazione (tra cui r«Iliade» che debuttò a Spoleto una quindicina di anni fa), si parla molto poco, ma ogni tanto arriva qualche citazione di versi del poema, per esempio, verso il finale, la celebre descrizione del talamo ricavato da un ulivo. In compenso si grida, forse un po' eccessivamente. Ma il tutto è affascinante, l'approdo di un lavoro di équipe ispirato nelle invenzioni e poi meticoloso nel realizzarle. Strenui tutti gli interpreti; ricorderò il solido Ulissevagabondo di Teodoro Giuliani, e per cavalleria le due donne, la composta, dolente Fiammetta Bellone e la spiritatissima Nicoletta Menconi. Al Vascello di Roma ancora oggi.
Persone citate: Callas, Fiammetta Bellone, Graziano Gregori, Hubert Westkemper, Maria Grazia Cipriani, Nicoletta Menconi, Penelope, Teodoro Giuliani
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