Morin : la Rete è uguale per tutti di Anna Masera

Morin : la Rete è uguale per tutti INTERNET E LE NUOVE TECNOLOGIE AL CENTRO DEL SUMMIT ONU SULLA SOCIETÀ DELL'INFORMAZIONE Morin : la Rete è uguale per tutti Anna Masera inviata a GINEVRA CCN Internet siamo sempre comunque in ritardo» Edgar Morin, il sociologo francese (autore di La conoscenza della conoscenza), ha concluso così una piccola ma concitata tavola rotonda dedicata al tema «Internet al servizio dello sviluppo umano» in cui, nel 550 anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, ha proposto un progetto di Magna Charta per un'etica e una civiltà comune degli utenti digitali. «Oggi Internet è un sistema planetario meravigliosamente complesso, una Rete simile a quella neuro-cerebrale, al servizio dello sviluppo umano» ha detto Morin. «Poiché ogni computer contiene tutta Internet, la parte è nel tutto e il tutto è nella parte: mai come oggi è possibile un accesso planetario alla conoscenza, ed è ora che questa diventi un diritto inalienabile dell'uomo». L'essenza del mondo nuovo che va salvaguardata è la libertà e la gratuità, perché si tratta di un bene comune di conoscenza. È stato proprio l'accesso alla conoscenza il filo conduttore del primo Vertice mondiale sulla società dell'informazione (Wsis) dell'Onu che si è concluso ieri a Ginevra. Indetto dalla Itu (International Telecommunication Union), ha mobihtato 150 paesi e ben 16 mila delegati (ne erano previsti 6 mila) da tutto il pianeta per discutere delle grandi opportunità offerte da Internet, informatica e telecomunicazioni. Ma soprattutto per discutere di tre grandi nodi da sciogliere: diritti civili, divario digitale (tra chi l'accesso alle nuove tecnologie ce l'ha e chi no) e «governance», cioè «chi governa» e detta le regole di Internet, «La tecnologia ha fatto nascere l'era dell'informazione, spetta ora a noi edificare una società dell'informazione» ha dichiarato Kofi Annan nel discorso di apertura. «Questo vertice è unico: all'opposto della maggioranza delle conferenze mondiali non è infatti dedicato alle minacce che gravano sul pianeta, ma al miglior modo per trarre vantaggio dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione». Alla tavola rotonda dedicata alla multiculturalità nel ciberspazio si sbracciava in maniera insolita Lawrence Lessig, il professore della Stanford University esperto di copyright digitale. Stentava a trattenere la sua indignazione nei confronti del rappresentante del governo ugandese. «Siamo qui perché tutti i paesi si impegnino per garantire ai loro cittadini l'accesso globale alla conoscenza, voi non lo fate» accusava. Senza scomporsi, il delegato dell'Uganda gli ha risposto che nel suo paese non c'è alcun problema di libertà, è garantita dalla Costituzione, Alla fine Lessig è uscito sconsolato: ((A parole sono tutti bravi, ma i fatti sono altri». Il problema della libertà di informazione e di garantirla tra i diritti civili universali è ancora tutto aperto. C'è chi non vuole nessun tipo di controllo in Rete, chi ritiene di poter esercitare una vera e propria censura online (sul banco degli imputati Cina, Iran, Arabia Saudita e molti altri), e chi nega di farlo, perché ha tradizioni democratiche, ma di fatto esercita sempre più controllo: gli Usa, con la scusa della lotta al terrorismo, in testa. (tA volte le leggi sono legali, ma non necessariamente legittime, visto che è l'uomo che le fa» sottolinea filosoficamente Morin. E su Internet, sviluppatasi proprio grazie al diritto all'anonimato e al nomadismo, la distinzione tra il legale e il legittimo è sempre più ampia. Basti pensare al fenomeno diffuso e sempre più di massa della cosiddetta «pirateria» di tutto ciò che è software e scaricabile online, dai ed musicali ai dvd dei film ai programmi, che ha colpito l'industria della musica, del cinema e i grandi marchi proprietari dell'informatica, a partire da Microsoft. La ricerca di nuove regole tocca interessi economici. Ma Internet ha rivoluzionato anche le regole sociali, politiche e culturali. «Ci vuole una direttiva europea di iniziativa popolare che ci garantisca ima società dell'informazione libera e plurale» ha dichiarato il senatore verde Fiorello Cortiana, ormai una specie di ministro ombra per l'innovazione. Ministero peraltro rappresentato egregiamente in questi giorni da Lucio Stanca, che da tecnico (ex dirigente Ibm) conosce a fondo il settore e in qualità di rappresentante di turno della Uè ha mediato fra le varie posizioni per produrre una dichiarazione finale comune. Su questi temi è previsto un tavolo europeo tra governi, imprese e società civile. Nelle platee e nei corridoi delegati di tutte le razze, di tutti i generi e di tutti i colori si sono scambiati un'infinità di bigliettini da visita e hanno commentato i lavori. «Speriamo che la proposta del presidente del Senegal di creare un fondo mondiale per lo sviluppo della società dell'informazione venga accettata» sospira Martin Maluza, presidente della società civile africana in Svizzera. «Io mi batto perché ci si ricordi di rendere accessibili le tecnologie di Internet anche ai disabili» spiega Sylvia Caras, californiana dell'organizzazione non governativa «People Wbo». La voce che corre tra gli intemettiani è che l'Icann - Internet Corporation for Assigned Names andNumbers, l'organizzazio¬ ne non profit (con sede negli Usa) che si occupa di decidere quali tecniclie la Rete deve adottare per sopponare la sua crescita - sia infiltrata da agenti della Cia, facendo temere a tutti che il Grande Fratello sia solo a stelle e strisce. «Se così fosse sarebbe sbaghato, certo creare un organo di controllo intemazionale alternativo altrettanto sbaghato non sarebbe la scelta giusta» commenta pragmatica la Caras. Esclusa dal summit Reporters Sans Frcntières (www.rsf.org), l'organizzazione intemazionale non profit per la libertà di stampa, che ha volantinato fuori: «Tunisia, Cina, Vietnam, Cuba, Singapore e Maldive censurano, spiano, buttano cyber-dissidenti in galera, mentre, i loro leader girano tranquilli al summit Onu di Ginevra. Non lasciate che siano loro a decidere il futuro di Internet». Aveva allestito una radio per fare contro-informazione dinante il vertice, ma le autorità svizzere l'hanno spenta, È con questa contraddizione che il vertice ha chiuso i lavori, rimandando la conclusione fra due anni proprio a Tunisi, dal 16 al 18 novembre 2005. Per l'accesso globale alla conoscenza, la battaglia è solo all'inizio. Due anni, nell'era veloce di Intemet, sono un'eternità. anna.masera@lastampa.it Delegate della Malesia in uno stand del summit Onu che si è chiuso ieri a Ginevra