Eroismo e cause sbagliate di Pierluigi Battista

Eroismo e cause sbagliate Eroismo e cause sbagliate GLI alpini, i bersaglieri, i fanti, gli artigberi italiani che durante la Seconda guerra mondiale hanno combattuto in Russia tra indicibili sofferenze meritano il rispetto e la considerazione di tutti noi, pari almeno al ricordo commosso dei tanti soldati dell'Armir che sono morti in un'impresa sceUerata e votata alla sconfitta. Ma troppo spesso, come ha fatto notare Gianni Oliva nel suo ultimo libro «L'alibi della Resistenza», l'Italia democratica e antifascista non ha voluto fare i conti fino in fondo con la realtà della nostra sconfitta nell'ultima guerra. Estrapolando il dato della sconfitta, anzi, la memoria nazionale ha potuto coltivare un'ambigua interpretazione autoinnocentizzante della propria condotta in guerra, quasi nascondendo la circostanza che gli alpini dell'Armir, come del resto i soldati che si batterono eroicamente a El Alamein, hanno sì sacrificato le loro vite, ma per una causa sbagliata in una guerra sbagliata. Una confusione che dà ragione del modo contraddittorio con cui a Torino il ricordo della campagna di Russia venga celebrato quasi simultaneamente a una manifestazione celebrativa in onore della strenua ed eroica difesa' sovietica di Stalingrado. Una battaglia cruciale per le sorti della guerra ed è giusto che Stalingrado venga menzionata, come lo sbarco alleato in Normandia o come le battaghe decisive nel Nordafrica e ad El Alamein, come uno dei passaggi cruciali che porteranno alla sconfitta del mostro hitleriano. Ma il mito di Stalingrado, la leggenda di Stalingrado, il rispetto per l'eroismo con cui quella città ha resistito all'aggressione nazista pagando un prezzo smisurato in tennini di vite umane e di immani distruzioni, non può più impedire lo sguardo sulla realtà effettuale di Stalingrado e sul dopo Stalingrado. Già Vassihj Grossman, nel suo bellissimo «Vita e destino», ha sottolineato le segrete somiglianze, le inconfessabili affinità, le sorprendenti analogie tra i due eserciti che si sono combattuti fino alTultima stilla di sangue sulle strade di Stalingrado. Ma non si può più ignorare che per una parte importante dell'Europa, quella satellizzata per decenni dall'Unione Sovietica e che sta per fare il suo ingresso nell'Unione europea allargata, Stalingrado non ha cancellato il nome di Stalin e che l'esito di quella battagha ha rappresentato soltanto il tragico passaggio da un dispotismo a un altro, da un'oppressione a un'altra oppressione. Ulteriore dimostrazione che la storia non può mai essere dipinta in bianco e nero. Pierluigi Battista La ritirata di Russia: una delle immagini in mostra

Persone citate: Gianni Oliva, Grossman, Stalin