Gli immigrati in galera, i criminali nell'ombra di Gianfranco Marrone

Gli immigrati in galera, i criminali nell'ombra Gli immigrati in galera, i criminali nell'ombra Gianfranco Marrone UN'OMBRA, da sola, è poca cosa: entità ^cura e immateriale, viene spesso usata come facile metafora di un'esistenza effìmera. Ma una metafora, si dice, va «filata», in modo da sfruttare tutte le proprietà insite nell'immagine di partenza. Così, oltre ad essere inconsistente, un'ombra evoca un preciso meccanismo ottico: ha bisogno di ima fonte di luce, di un oggetto che la proietta, e c'è, spesso, qualche altra cosa che, grazie alla luce, il primo oggetto finisce per rendere invisibile. In tal modo, il valore simboheo dell'immagine si trasforma in una vera e propria storia. Riprende adesso la metafora dell'ombra, e la «fila» adeguatamente lungo una complessa indagine etnografica e un sottile ragionamento teorico, un sociologo dalla non comune sensibilità filosofica, letteraria e artistica come Alessandro Dal Lago. La città e le ombre è appunto il titolo del suo ultimo libro, scritto a quattro mani con Emilio Quadrelli, che riporta i risultati di una lunga e impegnativa ricerca sull'attuale criminalità a Genova. Apparentemente, le ombre evocate nel titolo sono gh esponenti della cosiddetta malavita locale, a cui si devono i tipici traffici illegali presenti in una città marinara come il contrabbando, la prostituzione, lo smercio della droga, l'usura, il gioco d'azzardo, gh scippi, le rapine, le truffe e quant'altro. Si tratta di esistenze effimere che circolano indisturbate fra la gente comune, la quale regolarmente le ignora, e s'accorge di loro solo per fame oggetto di risentimento ma anche per usufruire dei loro servizi. Gh esponenti della società legittima si lamentano della mancanza di sicurezza nehe strade e nelle piazze, affollate di quei grandi e piccoh criminali che caratterizzano la società illegittima. Ma poi chiedono agh immigrati di lavorare in nero nehe loro case, comprano la droga, vanno con le prostitute, frequentano le bische. Così, «la città illegittima è titolare di un'offerta di servizi la cui clientela è costituita in gran parte dai membri della società legittima». Ne viene fuori una vera e propria dialettica che rende il quadro sociale della criminalità ben più complesso e che porta a filare la metafora dell'ombra. Innanzitutto perché questi criminali hanno bisogno di una fonte di luce che indichi la loro presenza: è lo sguardo attivo del sociologo che non senza difficoltà si avvicina a questi devianti cercando, per usare l'espressione di Foucault, di «narrare l'infamia», di dar loro la parola affinché raccontino in prima persona, e dunque donino di senso, le loro esistenze. Una volta illuminati dalla narrazione, i criminah non sono più in quanto tali dehe ombre, ma semmai ne producono. Da una parte ci stanno, opportunamente oscurati, i membri della città legale che, sfruttandola, rendono possibile l'illegalità. Da un altro lato ci stanno altri personaggi senza volto, nome o possibilità di parola che né il ricercatore sociale né altra possibile luce raggiungeranno mai: sono i veri reietti, i nuovi «infami», le vere e proprie ombre, ossia soprattutto gh stranieri, quelle «non persone» cui Dal Lago da tempo dedica gran parte della propria attenzione. Così, gli immigrati costituiscono oggi una presenza molto particolare nella nostra società, che accentua sempre di più le difficoltà insite in una definizione stabile della legalità. Dinanzi a queste «comparse» e queste «vittime» che sono gh stranieri, di fronte a questa «schiuma della criminahtà» che invade gh attuah scenari meti opohtani, i confini fra la legalità e l'illegalità, ne concludo¬ no i due autori, non possono essere segnati una volta per tutte. Tali confini vengono invece negoziati volta per volta, cambiati e ricambiati sulla base di una dialettica culturale più profonda, queha fra «noi» e (doro», fra quel che a seconda dei casi viene considerato identitario e ciò che viene considerato estraneo. «Il senso comune prevalente, maggioritario, tende a minimizzare le infrazioni commesse da "noi" e a sopravvalutare quelle commesse da "loro". Gran parte dehe "illegalità lecite" non sono socialmente stigmatizzate in quanto pratiche correnti della "nostra" comunità immaginata». In tal modo una sensibilità diffusa crea una definizione «a geometria variabile» della criminalità, che è tutt'altro che trascurabile, non foss'altro perché influisce in modo decisivo sulle decisioni dei pohziotti e dei giudici. In questo quadro così complesso, chi perseguire? La risposta si trova andando a vedere chi abita oggi le patrie galere: migranti, tossici e minori. Gh altri, nell'ombra, la fanno franca. Droga, contrabbando, prostituzione, lavoro nero: chi si lamenta contro la piccola e la grande malavita spesso poi ne sfrutta i «servizi», così si legittima una «illegalità lecita», pagano solo i più deboli Alessandro Dal Lago e Emilio Quadrelli La città e le ombre Crimini, criminali, cittadini Feltrinelli, pp. 402, G.20 S A G G

Persone citate: Alessandro Dal Lago, Dal Lago, Emilio Quadrelli, Foucault

Luoghi citati: Genova