Chiesto il rinvio a giudizio per la br Lioce di Vincenzo Tessandori
Chiesto il rinvio a giudizio per la br Lioce ACCUSATA DI CONCORSO IN OMICIDIO, TENTATO OMICIDIO, DETENZIONE ILLEGALE DI ARMI, FALSO, RAPINA Chiesto il rinvio a giudizio per la br Lioce A gennaio l'udienza preliminare, il processo entro primavera Vincenzo Tessandori FIRENZE Il primo conto da saldare, forse, è come il primo amore: dicono che non si scordi mai. E quello che hanno presentato a Nadia Desdemona Lioce è salato e riguarda la sua partecipazione, il 2 marzo scorso, alla tragica sparatoria sul treno 2304 Roma - Firenze nella quale rimasero uccisi il sovrintendente di polizia Emanuele Petri e Mario Galesi, brigatista rosso Duemila. Oltre a quella di concorso in omicidio, vengono elencate altre accuse: tentato omicidio, porto e detenzione illegale di armi, falso, rapina. La richiesta di rinvio a giudizio, quattro fitte pagine, è stata depositata ieri alle 10,30 dal pubblico ministero Giuseppe Nicolosi. Una «ricostruzione minuziosa», commenta il dottor Nicolosi. Alla quale, naturalmente, non ha preso parte la bierre che si è finora limitata a dichiarare l'appartenenza all'organizzazione clandestina e la condivisione delle sue imprese. Ma che avrebbe trovato in alcune sue lettere dal carcere «puntuali riscontri» nel mosaico composto, tessera dopo tessera, da polizia e magistratura. Eppoi, ci sono le testimonianze del sovrintendente Bruno Fortunato, che quel giorno rimase ferito, e dell'agente Giovanni Di Fronzo. Non è tutto, dicono in procura: la sparatoria sul vagone è stata anche ricostruita al computer dal professor Domenico Compagni. Dal momento in cui i tre poliziotti sono saliti sul treno: per un controllo di routine, si è sempre affermato. In un vagone centrale di seconda classe avviene l'incontro con quella coppia che desta qual- che interrogativo. I documenti mostrati, li indicano come Rita Bizzarri e Domenico Marozzi. Ci sono, soprattutto, i numer. progressivi di quelle carte che provengono da un furto avvenuto in provincia di Roma e che accendono i sospetti del sovrintendete Petri, e non appena i terroristi si rendono conto che la «copertura» è saltata, decidono il tentativo sanguinoso per evitare la cattura. Scene rapide, quasi una serie di flash, che nella descrizione delle quattro pagine perdono in efficacia e sembrano abbandonarsi a immagini sfumate. Galesi punta la sua Beretta 7,65 dalla matricola abrasa al collo di Petri; Lioce intima a Di Fronzo di consegnare la sua arma, lui la estrae dalla fondina e invece di darla nelle mani della terrorista la fa scivolare sotto il sedile e guadagna così attimi preziosi; lei raccoglie la pistola, tenta di sparare ma non riesce a liberarla dalla sicura. Poi tutto si brucia in un solo fotogramma: Petri riceve il colpo a bruciapelo nel collo da Galesi che fa fuoco pure su Fortunato e lo ferisce, ma l'agente risponde e abbatte il brigatista a pistolettate. Alla compagna Desdemona mettono le manette. Tutta questa massa di informazioni non ha mai convinto l'avvocato Attilio Bacciob, difensore della brigatista: nella scena tragica descritta dal pm, e ricostruita virtualmente, dice di scorgere «alcune ombre». Ma, naturalmente, dubbi e certezze verranno discussi in un'aula di tribunale. La prossima mossa, in questo gioco spossante, spetta a Silvio De Luca, giudice per le indagini preliminari: deve decidere, entro gennaio, la data per l'udienza preliminare che dovrebbe concludersi con la formalizzazione del rinvio a giudizio. Poi, il processo, entro la primavera. E sarà il primo che subiranno le Brigate rosse Duemila. Nata da questa tragedia casuale, l'inchiesta si è allargata a macchia d'olio. Nadia Lioce aveva con sé un archivio elettronico ficcato dentro un palmare difeso da ima chiave d'accesso che pareva inviolabile e, al contrario, non lo era. Da quelle informazioni, come risalendo lungo un filo, le indagini hanno toccato altri capitoli: il delitto di Massimo D'Antona, a Roma, e quello di Marco Biagi, a Bologna. Le due «imprese militari» rivendicate dalle Br-Pcc. Nella rete sono così caduti personaggi più o meno sospettati e sospettabili: a Roma il tecnico informatico Marco Mezzasalma e la giovane Laura Proietti, che sembra inchiodata da un cvapello trovato nel furgone usato per l'agguato a D'Antona; infine Paolo Broccatelli. Nella Toscana del terrorismo, sono stati catturati Cinzia Banelli, a Pisa, e Roberto Morandi, a Firenze: entrambi infermieri, lei finora non ha voluto rispondere al magistrato ma potrebbe anche farlo; lui si è sintonizzato con Nadia Lioce, si è dichiarato «prigioniero politico» e «militante delle Br-Pco. E oggi la Cassazione deve decidere sull'opposizione della difesa per il coinvolgimento di Lioce nel delitto Biagi. Insomma, ne seguiranno altri al primo conto da saldare. II treno 2304 Roma della tragica sparatoria, dove rimasero uccisi Petri e Galesi
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