Tragedia in Abruzzo «Per salvarci abbiamo dovuto abbandonarlo» di Pierangelo Sapegno

Tragedia in Abruzzo «Per salvarci abbiamo dovuto abbandonarlo» GLI ALPINISTI RITROVATI GRAZIi ALL'ULTIMO SQUILLO DI UN CELLULARE ORMAI SCÀRICO Tragedia in Abruzzo «Per salvarci abbiamo dovuto abbandonarlo» Muore uno degli escursionisti dispersi da domenica sul Gran Sasso due superstiti: «L'unica speranza era andare avanti a cercare aiuto» la storia Pierangelo Sapegno TERAMO CI È tutta neve attorno, è tutto così candido. Andrea è sdraiato sul lettino che scivola vicino all'ambulanza, una faccia da bimbo, la coperta tirata fin sul collo. «Lo ha salvato uno squillo?», chiede uno, microfoni che avanzano accerchiandolo, le sue mani strette sulla felpa, gli occhi vuoti, cielo grigio sopra, come questo sguardo sperso, ancora triste. Dice solo sì, Andrea Marrancone, 25 anni, da Sellante, Teramo. Salvo. Dopo il portone, nella corsia, dietro a un giaccone arancio che traballa davanti alla telecamera. Sull'altra barella, un uomo con il pizzo e gli occhi spenti. «E' finita. Dovevamo fare questo», dice Claudio Puglia, 48 anni, da Bellante, Teramo, caporeparto in un'azienda di ceramica. Salvo. Non chiedono niente di Ermanno, il terzo alpinista bloccato nella bufera sui monti della Laga, cinquanta ore dentro alla tormenta, e forse lo sanno già, perché a Claudio scappa da piangere, e dice «è stato il momento più duro quando abbiamo deciso di staccarci da lui», da Ermanno che è stato il primo, accricchiato dal freddo, e poi sfinito e vinto dalla tormenta, «ma era l'unico modo di salvare anche lui» sospira di nuovo, mentre il padre Giuseppe lo cerca nel vasto piazzale, soffocando le urla e \e lacrime. Ermanno Santucci, 33 anni, da Bellante, Teramo. Morto. Erano perduti da sabato pomeriggio, finiti in una bufera di neve mentre andavano sulla Morricana. «Siamo stati sorpresi dalla tempesta e non eravamo attrezzati», ammette Puglia. «Eravamo diretti a Pizzo di Moscio e abbiamo sbagliato canalino, perché c'era questa tempesta e non si vedeva a un metro. La neve ci picchiava nella faccia e negli occhi, cercavamo solo di non fermarci, di andare avanti come dei disperati». E così, dice. camminavano piegando la testa, passando oltre le loro tracce, le loro ombre, la loro paura e dice, girando gli occhi verso il taccuino, «abbiamo avanzato fino a quando è arrivato il buio. Allora ci siamo riparati facendo un buco sotto la neve». Li ha salvati un telefonino, dopo tre giorni così, alle 7 e 10 di ieri mattina. Andrea racconta che tentava di chiamare la fidanzata con il cellulare, ma che le pile erano quasi tutte andate. «Ho fatto il numero con quel che rimaneva della batteria, appena il tempo di fare uno squillo, e poi più niente, è morto». Però quell'unico squillo è bastato, perché ha rimesso in moto le ricerche e Antonio Paesani, - coordinatore del corpo Forestale per la provincia di Teramo, spiega che ormai erano senza speranze, «e quella chiamata ci ha ridato fiducia. Attraverso la Tim abbiamo individuato il ponte che aveva ricevuto l'impulso telefonico e siamo riusciti a restringere l'area della ricerca». Anche lui, anche Andrea, dice che quando ha fatto lo squillo ha pensato che forse ce la faceva a tirar fuori la ghirba da quell'incubo e da quella tempesta: «Quel¬ lo che mi ha dato più forza in questi giorni è stato il pensiero della mia ragazza». Da quel momento, la Forestale ha individuato gli escursionisti sopra i 1900 metri, in località Pizzo di Moscio. Le squadre hanno portato una motoslitta in quota oltre il limite del bosco, e da Pescara è arrivato un elicottero, un NH500, che si è avvicinato aspettando una schiarita. Alle 10, una pattuglia ha individuato delle sagome nere puntando i binocoli sul costone imbiancato. S'è avvicinato l'elicottero, aspettando una schiarita per scendere. Giù, quasi sepolti nella neve, Andrea e Claudio hanno intravisto la vita che continuava. Un rumore, oltre il fischio della bufera, oltre 0 vento, dentro al cielo sceso sulla neve. Saranno state le 10, e Marrancone racconta che quel rumore del velivolo che girava sopra di loro era come un cuore che batteva. «Appena l'abbiamo sentito ci siamo buttati fuori per farci vedere dai soccorritori. Quando ci hanno raggiunto abbiamo detto che il nostro amico stava ancora sotto, cento metri in basso, che stava molto male, che dovevano fare in fretta». Sono scesi i vigili del fuoco, l'hanno recuperato nella zona detta della Morricana, l'hanno portato in ospedale a Teramo. Quand'è arrivato là hanno diagnosticato la sua morte. Ermanno Santucci si è sentito male lunedì sera, dice Puglia: «E' stato il momento più brutto quando ci siamo divisi, ma dovevamo fare così, lui non ce la faceva più, e l'unico modo di salvare anche lui era quello di andare avanti almeno noi, a cercare i soccorsi». Andrea ha la frangetta di capelli neri tagliata corta, la faccia bianca bianca, e gli occhi sempre vuoti, ancora perduti nella bufera: ((Abbiamo cercato in tutti i modi di aiutarlo. Per rallentare l'assideramento gli abbiamo dato un nostro giubbetto e abbia¬ mo scavato buche nella neve dove dormire tutti e tre». La situazione dev'essere peggiorata ieri mattina. Raccontano che Santucci hn. avuto una crisi di nervi: «Gridava che non ce la faceva più, era disperato. Noi abbiamo cercato di aiutarlo come potevamo, e anche noi avvertivamo i primi segni dell'assideramento. Ma lui conti- nuava a star sempre peggio». Hanno deciso di andare avanti e di lasciare indietro Ermanno, ed è stato il momento più drammatico ripete Puglia spezzando la voce fra i singhiozzi, ma dice «ho dovuto fare questa scelta dolorosa, e però inevitabile. Ermanno non ce la faceva proprio più e camminava troppo a rilento: non era lucido, era crollato emotivamente. Anche per questo ho deciso di accelerare. Ho pensato che fosse la soluzione giusta. Dovevamo subito andare incontro ai soccorsi e dargli una mano». La magistratura ha aperto un'inchiesta e l'ultima parola la dirà l'autopsia. Puglia si accarezza il pizzo con il dorso deUa mano, la voce cupa. Andrea dice siamo salvi grazie alla mia ragazza e cerca un sorriso che non gli viene. Claudio dice che ha sentito addosso il peso della responsabilità, «perché ero il più anziano», dice, «e ho avuto paura che loro non ce la facessero. Sarebbe stata colpa mia. Quando ho visto i soccorritori ho raccolto le ultime forze e ho pensato: almeno uno l'ho portato in salvo. Ecco, questo ho pensalo». Guarda i microfoni che lo stringono. Ancora una cosa? «No. L'ultima energia l'ho lasciata lassù. Me l'ha presa tutta la montagna». E' appena pomeriggio. Il cielo è grigio. La montagna è tutta bianca. Le squadre di soccorso recuperano il corpo di Ermanno Santucci, assiderato sul Gran Sasso

Persone citate: Andrea Marrancone, Antonio Paesani, Claudio Puglia, Ermanno Santucci, Marrancone, Santucci