Il Mosè in francese è michelangiolesco di Sandro Cappelletto

Il Mosè in francese è michelangiolesco STASERA APERTURA DELLA SCALA CON ROSSINI Il Mosè in francese è michelangiolesco Sandro Cappelletto MILANO Opera cruenta e consolatrice, che promette per alcuni salvezza regalando ad altri annientamento, il «Moise et Pharaon» di Gioachino Rossini inaugura questa sera alle 18 (collegamento in diretta di Rai-Radio Tre) la stagione della Scala, ospitata al Teatro degli Arcimboldi nella zona dell'ex Bicocca. Dalla fabbrica alla lirica, per un'immagine forte come nessuna delle metamorfosi radicali che stanno vivendo le nostre città. Diciottesima inaugurazione scaligera per Riccardo Muti: il prossimo anno, per il ritorno alla casa madre, è annunciata «L'Europa riconosciuta», l'opera di Antonio Salieri che nel 1778 inaugurò la Scala, mentre nel 2005 il maestro affronterà un titolo mozartiano, avviando così le intense celebrazioni per i due- cervtocmquanXa amai dalla morte di Wolfgang Amadeus. A quel punto Muti sarà diventato il direttore più duraturo nella lunga storia del teatro milanese, superando i precedenti primati di Arturo Toscanini e Claudio Abbado. Ieri, un convegno ha raccontato le vicende del «Moise». Monsignor Ravasi ha riflettuto sulla figura del grande leader così come ci viene consegnata dalle fonti bibliche, lo storico della musica Philip Gossett, specialista rossiniano, ha parlato del rapporto dialettico, tra debiti e soprattutto prestiti, fra musica francese e italiana negli anni dell'arrivo a Parigi di Rossini. Nel pomeriggio, il convegno è proseguito con un'analisi delle interpretazioni del «Rossini serio» da parte di Muti: «Guillaume Teli», «Donna del lago», ora questo «Mosé», rappresentato per la prima volta alla Scala in lingua francese. Le parole d'esordio della celebre preghiera-invocazione finale - «Dal tuo stellato soglio» - suoneranno più solenni così «Des cieux où tu résides»? Scultorea declamazione della lingua francese (Muti per quest'opera di Rossini usa volentieri l'aggettivo «michelangiolesca»), adatta anche alle visioni di un Rossini legittimista nella Francia post-napoleonica - c'è chi dice senz'altra mediazione: reazionario e maggiore intimità, «confidenza» nel suono delle parole italiane? La regia di Luca Ronconi sembra tendere verso l'orizzonte monumentale, in una sfolgorante e macchinosa invenzione neo-barocca. Auguriamoci che la passione del nostro grande uomo di teatro per le «macchine sceniche» (ideate da Gianni Quaranta) non prevalga troppo - in un' opera senz'altro spettacolare e corale - sul lavoro dedicato ai personaggi: questa è anche una storia di passioni e dolori privati, in quell'antagonismo tra affetti dei singoli e ragioni e pressioni pohtiche e religiose che ritroveremo poi come cardine del melodramma di metà Ottocento, e die accenderà il genio di Verdi. L'Associazione Amici della Scala inaugura oggi una mostra che ripropone, con abbondanza ingegnosa di ricostruzioni virtuali e di percorsi interattivi, le tre ultime scenografie realizzate per il «Mosé» alla Scala: Nicola Benois (1958), Piero Zuffi (1965), Luciano Damiani ( 1979) gli artisti coinvolti. I direttori di questi spettacoli furono Gianandrea Gavazzeni, Nino Sanzogno, Jesus Lopez Cobos, mentre Boris Christoff, Nicolai Ghiaurov, Evgenij Nesterenko interpretarono il ruolo protagonista: un primato delle voci deU'est europeo, ribadito questa sera dal giovane basso russo Ildar Abdrazakov. Restavano, ieri, ancora qualche decina di biglietti invenduti «in una città dove ormai da qualche anno l'offerta musicale supera la domanda, senza che ancora si vedano i segnali di una politica di rete e di collaborazione», come ha scritto di recente Matthias Deichmann, consulente di imprese della cultura. Desmond Richardson e Roberto Bolle protagonisti del balletto del «Moise e Pharaon»

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