Virzì: il cinema ha migliorato l'Italia

Virzì: il cinema ha migliorato l'Italia IL REGISTA DI «CATERINA VA IN CITTÀ»: «UN SUCCESSO ANCHE SUPERIORE ALLE ATTESE» Virzì: il cinema ha migliorato l'Italia «1 film possono correggere i difetti del nostro carattere» Alain Elkann L' ULTIMO film del regista Paolo Virzi, «Caterina va in città» è uno dei grandi successi del cinema itaUano. Virzì, se lo aspettava? «Sta andando anche megho di quanto mi aspettassi. Ho cercato di fare un film divertente, ma aveva un'anima spinosa e dolorosissima, Derché parla di una malattia mentae e come questa si riflette sulla famigUa e sui figU». C'è nel film qualcosa di sinistro, un po' come nei film di Chabrol. ((Accetto volentieri il paragone, senza però azzardarmi a dire altro». Castellito, il protagonista, che personaggio interpreta? «Un borghese piccolo piccolo, con un'anima non cresciuta, che affligge la famigUa con le sue frustrazioni; un pezzettino di quel malessere cre- dol'abbiamo tMtti.foTOO anch'io». La moglie di Castellito, nel film Margherita Buj, è una donna remissiva, silenziosa, che alla fine lo lascerà. «In realtà lei sembra soggiogata, ma aUa fine di quest'uomo infeUce avrà solo molta pena e tenerezza». I figli non sono un po' esagerati, nei loro stereotipi? «La protagonista è una ragazza provinciale che viene in contatto con il mondo di certe famigUe privilegiate romane. Ragazze piene di sicurezza apparente, ma forse troppo sole e senza lo sguardo affettuoso dei genitori, troppo presi da se stessi e dalle loro carriere». Anche lei, Virzì, era un po' provinciale? «E' una maschera che indosso per proteggermi, per andare un po' controcorrente rispetto al mio status privilegiato di regista. Talvolta mi sento un po' lontano e spaesato». Come va il cinema italiano? «Negli ultimi anni si registrano risultati positivi. I nostri film circolano con crescente successo, ma ci sono anche tanti film itaUani beUi che non incontrano il pubbUco, perché le sale privilegiano sempre i film americani, in realtà solo dei remake. Ma nonostante il confronto impari, nei top ten oggi ci sono di nuovo anche film itaUani. Quindi bisogna avere un po' di fiducia». La storia italiana che ha raccontato nell'ultimo film può interessare il resto del mondo? «Spesso i film itaUani che hanno avuto successo nel mondo erano molto radicati nei nostri paesaggi, neUa nostra vita. Quando si è provato a far recitare ili inglese attori stranieri non funzionò. Anzi mi sembra proprio il contrario». Allora lei dissente da quanto ha detto a Venezia Dino De Laurentiis? Lui dice che si dovrebbero girare in Italia film direttamente in inglese. «Penso che non abbia assolutamente ragione, i film itaUani, da "Ladri di biciclette" di De Sica a "La vita è "bciila" ài'Benigni sono rum. iuAianis- simi, addiritturalocaU». I suoi film come sono? «Sono profondamente imbevuti, zeppi, zuppi di cose itaUane; di tenerezza e di crudeltà». Sta preparando un altro film? «Con ù mio produttore Riccardo Tozzi pensiamo a un film dal romanzo di Melania Mazzucco "Vita"». Un grande film epico, che si svolge anche negli Stati Uniti? «Non so ancora in che maniera impugnarlo, ma la passione per una grande epopea popolare d'immigrazione mi interessa moltissimo perché non è mai stata narrata prima. solo forse in alcuni racconti di PascoU o De Amicis». Però è un film appunto fuori dall'Italia di oggi. «Si tratta di due provinciaU che vanno in America, un po' come nel mio precedente film, "My name is Tanino". Anche lì c'era un ragazzo che andava negh Stati Uniti America, ma la novità è che si tratta di un soggetto per la prima volta non mio, tratto da un romanzo». Gli attori sono importanti? «Sì, e poi anche la storia. Storia e cast sono l'anima di un film». Chi sono i suoi preferiti? «Ho lavorato con tanti bravissimi attori, da Orlando a Sabrina FerilU, da Margherita Buj a CasteUito, da Massimo Ghini a Laura Morante; e poi molti ragazzi e ragazze chiamati per la prima volta a fare i protagonisti, non avendo mai recitato prima. Abbiamo grandi talenti, anche tra i giovanissimi. Ma al contrario degU statunitensi noi non abbiamo star che da sole facciano accorrere U pubbUco. Il nostro è più un lavoro di squadra; regista, attori, storia e produttore ogni volta mettono in piedi un film che è come un piccolo prototipo. Non vi sono strategie di marketing dietro. Megho così, io non vorrei fare Matrix 1,2o3». Esiste un cinema europeo? «Sì, ci sono tanti cinema nazionaU, l'ItaUa con la Francia e l'Inghilterra esprime una delle cinematografie più interessanti. Ha anche un cinema popolare e non solo da Festival come altri paesi europei». Si va di più al cinema, oggi? «Io ci vado spesso e mi piace, e spesso vedo cinema pieni di gente. Non so se sia un luogo comune, ma si dice che le donne, le ragazze sono la salvezza del cinema». Lei rivede i suoi film? «Sì, e sto molto sulle spine. E' come vedere un figUolo che si esibisce davanti agU altri e quindi ho una sorta di apprensione, da mamma». Come vede questo paese, che lei guarda con la cinepresa? «Non mi faccia indossare i panni del maitre a penser. Faccio filmetti, ma spero di servire a qualcosa. Spesso il cinema itaUano è stato una medicina per certe malattie del carattere nazionale: siamo considerati un popolo ironico e spiritoso, ma siamo gU stessi che hanno indos- sato l'orbace salutando romanamente per vent'anni, senza sentirsi ridicoh. Il senso dell'ironia l'abbiamo conquistato grazie ai nostri attori e ai film, che sono serviti come psicoterapia coUettiva. Penso a Sordi, Gassman o a Fellini e MonicelU, che non hanno fatto altro che mettere in scena criticamente e ironicamente i malesseri di una nazione». /jl^jj. Gassman "w sordi, Fellini e Monicelli non hanno fatto altro che mettere in scena criticamente i malesseri del Paese 99 II regista Paolo Virzl

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