Perché Berlino ha ucciso il PATTO

Perché Berlino ha ucciso il PATTO LA BREVE VITA DELL'ACCORDO SUI CONTI PUBBLICI TRA i PAESI DELLA ZONA EURO Perché Berlino ha ucciso il PATTO BERLINO LI ULTIMO atto avviene nel pomeriggio di giovedì 13 novembre, quando il ministro alla CanceUeria Frank-Walter Steinmeier e i più stretti collaboratori, vengono convocati da Gerhard Schroeder al settimo piano della «Grande Lavatrice», la sede del pruno ministro nel cuore di Berlino., Schroeder li accoglie con la faccia peggiore: «Così non può andare avanti». Il partito, l'Spd, è in caduta libera e da quando il governo è in carica ha perso un terzo degh iscritti. L'economia è ferma. Il cancelliere annuncia che per il congresso di Bochum, quattro giorni dopo, sceglie la linea dura: «Giocheremo la carta delle riforme a ogni costo». Una carta ad alto rischio come mostrano i sondaggi. Secondo i dati, anche l'Spd, la «vecchia zia», è contraria. «La scelta è irrevocabile» è la rephca. Solo a fine riunione si alza una voce: «Ma come faremo con i tagh alla spesa che ci chiede BruxeUes?». La risposta è un irritato, eloquente e definitivo silenzio. Per il ministro deUe Finanze, Hans Eichel è il via libera: con la Commissione sarà scontro. Così, in pochi secondi, una pietra tombale cade sul Patto di stabilità. Ma come mai proprio per mano tedesca? Due sono state le spiegazioni. La più ambiziosa denuncia lo storico cambiamento di filosofia politica di Berlino: daUa visione comunitaria dell'Europa, a. ima visione intergovernativa; dal trasferimento di sovranità alla Commissione, al recupero di autonomia dei governi. Una seconda lettura sottolinea invece i problemi di procedura del Patto, che con pochi aggiustamenti... Ma è davvero così? Dietro la svolta di Berlino, forse si è nascosto qualcosa di più semphce e grave al tempo stesso: l'esplosione di un deficit democratico latente nell'Unione europea, ma molto più radicale di quanto percepito anche da chi sta lavorando alla futura Costituzione. All'inizio del 2003, dopo una miracolosa rielezione ottenuta solo grazie all'alluvione nell'Est, Schroeder è di nuovo vicino alla crisi. Con lo staff ristretto dei consiglieri decide di giocare il tutto per tutto: prepara «l'Agenda 2010», un pacchetto impegnativo di riforme strutturali che renderà più agile l'economia da anni paralizzata. In quel momento Schroeder fa una prima scelta non scontata, ma dettata dai sondaggi: decide di non usare l'Europa come sponda per le riforme. Non evocherà l'argomento tradizionale degh ultimi anni: «Dobbiamo fare le riforme, perché ce lo chiede l'Europa». La motivazione - spiegano i collaboratori di Schroeder - sarebbe stata percepita come troppo debole a fronte di politiche molto impopolari. E' qui che si apre il primo medito varco istitu- zionale tra Berlino e l'Europa. Il consenso popolare deU'idea-Europa, che Kohl aveva volutamente trascurato in occasione deh' addio al marco, viene messo in dubbio. Non si tratta di un passaggio del tutto irragionevole: «l'idea Europa» dà eh sé una prova deprimente nei mesi della guerra in Iraq. I Quindici si dividono amaramente e Chirac e Schroeder si legano strettamente nel duro confronto con Washington. Eppure non è ancora un addio al paradigma europeista. Grazie a Joschka Fischer, infatti Berlino continua a lavorare per il successo deU'Ue. Mentre si salda il rapporto in politica estera, Berlino e Parigi si trovano però affiancate anche in materia di pohtica finanziaria: entrambe incapaci di mantenere il disavanzo pubblico al di sotto del 30Zo delpil. Fino al termine deUo scorso ottobre, Eichel mantiene le distanze dal cohega francese Francis Mer. Eichel non condivide la freddezza di Schroeder nei confronti delia Commissione di Bruxelles (acuita dal caso Volkswagen) ed è deciso a curare gh ottimi rapporti personali con il commissario europeo agh Affari economici e monetari, Fedro Solbes. I due sono considerati una coppia molto affiatata, che condivide un tono burocratico, semphee, privo di arroganza: neUe riunioni deU'Ecofin sono frequenti le manifestazioni di reciproca simpatia. Sarà solo all'inizio di novembre che i rapporti cambieranno. Fino ad allora la pohtica fiscale di Eichel era stata deludente. Nel 2000 aveva rimediato all'aumento del debito solo grazie ai proventi deU'asta per le licenze Umts. Nel 2001 aveva commesso l'errore capitale, sbaghando previsioni economiche e tagliando le entrate in una fase di improvvisa recessione. Dal 2002 il bilancio diventa così sempre più una partita pohtica col controllo della Commissione. Eich '1 è ancora collaborativo con Solbes e nell'agosto 2002, il mese prima delle elezioni rinvia i tagh alle tasse per finanziare la ricostruzione dopo le alluvioni di Dresda. E' solo tre mesi dopo il voto che il ministro ammette l'impossibilità di rispettare il Patto di stabilità. Nonostante una riduzione del deficit strutturale dello 0,5^0, il disavanzo tedesco è al 3,507o del pil nel 2002 ed è previsto al 407o nel 2003 e 2004. E' allora che Schroeder e Ei- chel inquadrano l'Agenda 2010 in un'inversione di rotta della pohtica di bilancio: i tagh alle tasse saranno accelerati, insieme al varo delle riforme, per far uscire il paese dalla stagnazione. I rapporti con Solbes sono ancora talmente buoni che Eichel informa il commissario prima dei colleglli di partito. A ottobre infatti la Commissione concede sostegno alla scelta di Eichel, a patto che Berlino contemporaneamente riduca il deficit 2004 di 6 miliardi di euro. Ed ecco il 4 novembre. Alla riunione deU'Ecofin, Solbes non riesce a ottenere la censura della Francia, rea di aver violato per il terzo anno di fila i limiti d'indebitamento. Eichel si schiera a fianco di Parigi e preannuncia, in base aUe cattive stime sulle entrate fiscali, che non procederà ai tagh di spesa richiesti dalla Commissione. Solbes rephca annunciando che la Commissione prevede che altri tre paesi violeranno i limiti del deficit 2004 e non esclude la censura in base alla procedura finale di sanzione, quella che fa capo all'articolo 104 (9) anziché a quelli intermedi 104 (7) e (8). Eichel replica che il Patto va interpretato: «Non vanno sanzionati i Paesi che mostrano volontà di collaborare con la Commissione, senza riguardo al fatto che il riordino dei conti pubbhci sia effettivamente coronato dal successo». Per l'ultima volta quindi Eichel mantiene le distanze da Parigi e lascia aperta la porta a Bruxelles. Ma fi clima tra la Commissione e i governi, Parigi e in particolare e la presidenza italiana, sono tah da allarmare Solbes, che chiude i rapporti con Eichel. Da quel giorno i due smettono di parlarsi. Secondo le fonti, si negano al telefono. Eichel capisce che Solbes sta per chiedere una pesante censura anche contro Berlino. Questo significa la fine pohtica per il ministro che non gode più della piena protezione del canceUiere Schroeder, ma che anzi negh ultimi mesi è rimasto isolato nella coahzione di govemo. Eichel viene descritto come «furioso e scandalizzato». E' in questo clima che si svolge la riunione alla Cancelleria del 13 novembre, quando a Berlino si sviluppa, come talvolta accade in Germania, la sindrome del tradimento. Anzi, addirittura una sindrome deUa doppia congiura. La prima congiura di cui sospettano sia Schroeder, sia Eichel, riguarda Klaus Regling, uno degh autori del Patto di stabilità. Regling lavorava a diretto contatto col predecessore di Eichel, il conservatore bavarese Theo Waigel e aveva abbandonato l'incarico proprio all'arrivo del govemo rosso-verde. Dopo aver lavorato nella City per Moore Capital Strategy, Regling aveva assunto l'incarico di direttore generale della Direzione per gli Affari economici e monetari di BruxeUes. In tale ruolo prepara le riunioni deU'Ecofin e partecipa aU'Eurogruppo. Non si sa in realtà quali siano le sue simpatie pohtiche, ma a Berlino c'è voluto poco pei vedere, dietro la sua assoluta intransigenza nel chiedere a Solbes la condanna deUa Germania, l'influenza deU' opposizione cristiano-democratica tedesca. Proprio la Cdu infatti neUe stesse ore dichiarava di voler bocciare la riforma fiscale di Schroeder se non fosse stata accompagnata da tagh aUa spesa pubblica: la stessa richiesta deUa Commissione. La seconda «congiura» guarda invece a Bruxelles. Berlino teme che la Commissione punti ad accentuare lo scontro con l'Ecofin per denunciare l'inefficacia dei controlli intergovemati- vi neUa pohtica economica, in vista della Costituzione europea. Sui tavoh di governi e Commissione si trova infatti la proposta deU'Ecofin aUa Conferenza intergovernativa perché neUa nuova Costituzione vengano sottratte alla Commissione la sorveglianza e le raccomandazioni sui conti pubbhci. Si tratterebbe della fine deU'embrione di govemo sovranazionale che gh europeisti sperano di estendere oltre la finanza pubblica: la fine deUa Commissione e la vittoria deU'Europa intergovernativa. Per fronteggiare la «congiura europea», Berlino attiva insieme a Parigi una rete di rapporti tra le capitah, assicurandosi U sostegno di altri paesi, tra cui U Lussemburgo a cui viene fatto intravedere un sostegno in caso di candidatura di Jean-Claude Juncker a capo deUa Commissione del dopo-Prodi. I problemi intervengono con la Spagna, i-lie chiede l'agenzia per la ricerca suU'energia nucleare, già con base in Francia, e che invece ottiene solo la sede legale. Troppo poco. Aznar, deluso, si opporrà aUa decisione deU'Ecofin. Nel complesso Berlino sa però di avere i voti sufficienti a battere la Commissione. Se le congiure sono immaginarie, U vero problema è lo scontro interno alla pohtica tedesca. Eichel sa che un esito infausto deU'Ecofin o addirittura una pubbhca condanna deUa Germania, porterebbero alla caduta del govemo. Il canceUiere Schroeder era stato esplicito con Eichel: era impossibUe sia assecondare le richieste deUa Commissione, sia accettare una condanna. Nel primo caso, i tagU aUa spesa pubbhca avrebbero messo a repentagho in Parlamento l'approvazione dell'Agenda 2010, per l'irritazione deUa sinistra Spd. Una condanna invece avrebbe dato U destro aU'opposizione per fare a pezzi pubblicamente le riforme di Schroeder. In nessuno dei due casi l'Agenda avrebbe superato la Commissione interparlamentare di conciliazione del 10 dicembre e tanto meno il voto al Bundesrat del 19 dicembre. Ma in caso di fallimento deUe riforme U destino di Schroeder sarebbe segnato: non potrebbe sopravvivere aUe 13 elezioni del 2004, né tanto meno al cruciale voto in Nordreno-Vestfaha del maggio 2005. In tah condizioni U govemo sarebbe condannato, proprio come avvenne a queUo portoghese, oggetto della prima procedura di infrazione del Patto di stabilità nel 2002. L'unica soluzione accettabUe per Berlino è quindi la «sospensione» del giudizio di Bruxelles: la riapplicazione deU'articolo 104 (7), che impone al Paese divergente «di far cessare la situazione entro un determinato periodo», anziché U 104 (9) che «intima aUo Stato membro di prendere, entro un tempo determinato, misure volte aUa riduzione del disavanzo». L'applicazione deU'articolo più severo avrebbe significato una condanna espheita per Berhno e U trasferimento a BruxeUes del controllo suUa pohtica di bUancio secondo le stesse linee chieste daU'opposizione: Schroeder ne sarebbe uscito a pezzi. Il coUegamento tra la crisi deU'Spd e i tagh al welfare è stretta. Al congresso di Bochum del 17 novembre i segnali per Schroeder e per Eichel sono chiari e minacciosi: U ministro dell'Economia, Wolfgang Clement, viene rieletto nel Consigho del partito solo in seconda votazione col 560Zo dei consensi. Il segretario generale, Olaf Scholz, ottiene solo U 521^ dei voti, contro U. 920Zo deU'anno prima. Le sorti di Schroeder sono appese a un filo sotthe. Ma senza una «vittoria» all'Ecofin il filo si sarebbe definitivamente spezzato. Il 25 novembre aU'Ecofin si è giocato quindi ben altro che una questione di procedure. Solo dopo aver staccato a BruxeUes la spada di Damocle delle sanzioni, U canceUiere può sperare di sopravvivere al dibattto parlamentare deUe prossime settimane. Se ce la farà, nel maggio 2005 potrà tirare in barca i remi deUe riforme, puntare su un'inattesa ripresa deU'economia e approfittare deUa svolta thatcheriana dell'opposizione. Così come non era una questione di procedure, nemmeno si è trattato di una scelta di filosofia europea intergovernativa: non c'era alcuna «pohtica europea» in questione. QueUo che è scattato per Berhno è stato l'antico istinto di sopravvivenza di uomini di potere interessati al solo consenso da cui dipende la loro elezione. La pohtica, dunque, ma solo la pohtica nazionale. Un braccio di ferro improbo tra governi ed Europa, in un assetto istituzionale in cui aUEuropa non corrisponde l'espressione di un consenso europeo, in cui cioè non coincidono ancora come in sede nazionale - funzioni di govemo e queUe di rappresentanza. Lo scontro tra le regole, la disciplina europea, lapeer pressure, la sorveglianza super partes deUa Commissione da un lato e l'utilità politica di un govemo nazionale daU'altro è stato fragoroso. I limiti deUa democrazia europea erano toUerabUi solo quando i governi avevano l'intelligenza e l'interesse di tutelarla. Oltre queUa fortunata circostanza, era pronto a esplodere il deficit democratico deUa costruzione europea. E così è successo a BruxeUes. Questa, aUa vigiha deUa Costituzione europea, l'amara lezione deU'Ecofin. InutUe Uludersi: non siamo ancora neUa poetica europea, ma nel pieno deUa pohtica nazionale in Europa, con le sue strettoie concretissime, fatte di manipolazioni del consenso e deU'opinione pubbhca. Nel 2002 U deficit tedesco aveva superato le stime del govemo del 630Zo. Nel 2003 l'errore è stato del 1300Zo. Le previsioni deUa crescita sono state sovrastimate sistematicamente negh ultimi tre anni anche del 2000Zo. Per U 2006, anno deUe elezioni federah, Schroeder e Eichel fanno circolare apposta stime bassissime, anche qui manipolate: l'obiettivo è di presentarsi con una sorpresa positiva agli elettori al momento giusto. Ora, senza un controUo forte e credibUe deU'Europa, le manipolazioni saranno più facih. il analisi Cario Bastasin Patto di stabilità: Francoforte 1996; Berlino 2003. E stata una breve vita, in cui non è mai stato profeta in patria. Lascia quindici tra figli e figliastri: pochi legittimi. Il governo Schroeder è sull'orlo della crisi Se Bruxelles avesse condannato la politica di bilancio le sue sorti sarebbero state definitivamente segnate Nei lavori per la nuova Costituzione dell'Uè si sottovaluta la lezione deU'Ecofin: il vuoto di democrazia è riempito a uso proprio dalle cancellerie nazionali Hans Eichel Kip ^wMsBm&mw' Jfm Il cancelliere tedesco Gerhard Schroeder