AMBROGIO & AGOSTINO battesimo d'Europa di Maurizio Assalto

AMBROGIO & AGOSTINO battesimo d'Europa UNA MOSTRA RIPERCORRE L'INCONTRO FATALE TRA I DUE PADRI DELLA CHIESA ^t?^*?^^ NELLA MILANO DEL QUARTO SECOLO AMBROGIO & AGOSTINO battesimo d'Europa Maurizio Assalto inviato a MILANO . ."D 01 fummo battezzati e da noi ''JT scomparve ogni ansia della vita passata». È la notte tra il 24 e il 25 aprile dell'anno 387, la notte di Pasqua. Nel Battistero di Milano (sotto il sagrato dell'attuale Duomo) una figura alta e ieratica, barba bianca, mitra adoma di pietre preziose, sfiora con la mano il capo nimbato di un uomo giovane, immerso nel fonte, che pare farsi piccolo, intimidito, gli occhi bassi contriti, le braccia incrociate sul petto nudo. Così ha immaginato la scena Nicolò di Pietro, agli inizi del XIV secolo. Uno è Ambrogio, il vescovo, l'altro è Agostino, accompagnato dagli amici, che una decina di anni dopo, nelle Confessioni, ritornerà su quel momento. Un moménto epocale, un punto di svolta e di non ritorno: in quella Pasqua non è soltanto un individuo che sì lascia alle spalle il peccato, è tutto un vecchio mondo che abbandona il suo fragile involucro svuotato e rinasce a nuova vita. Questo, tra le righe, l'assunto della mostra «387 d.C. Ambrogio e Agostino, le sorgenti dell'Europa», che sarà inaugurata domani, festa del patrono di Milano, presso il Museo Diocesano attiguo a quella Basilica di Sant'Eustorgio dove si conservano le reliquie dei Magi. Un evento che, per quanto pensato tre anni fa, quando ancora la Convenzione europea era di là da venire, rimbalza con tutto il suo potenziale suggestivo nel pieno della polemica sull'identità comune. «Sorgenti» è termine più dinamico, più effervescente di «radici», ma il senso è quello. Si può condividere o meno l'impostazione (perché allora non puntare su altri retaggi unificanti, anche più antichi?), e certo c'è un'inevitabile artificiosità, come in tutte le periodizzazioni, nella scelta di una data precisa: ma è indubbio che senza le forzatura di Ambrogio la Chiesa avrebbe ritardato chi sa di quanto la sua emancipazione dal potere politico, e senza l'incontro con il vescovo di Milano Agostino probabilmente non si sarebbe mai convertito, non sarebbe diventato filosofo, e la Chiesa non avrebbe avuto uno dei suoi Padri, il Padre dei Padri, e l'Europa non avrebbe mai conosciuto la contagiosa diffusione dei suoi scritti, veicolo straordinario della fede cristiana. In più, c'è nella mostra l'implicita rivendicazione del ruolo di Milano, di una sua priorità, anche, rispetto all'idea (a una certa idea) di Europa. La rivalità con Roma non è soltanto connessa alle vicende dell'Italia unitaria. Nel 387 Mediolanum era da un secolo la nuova capitale dell'Impero romano, più vicina ai confini dove si incrociavano le anni. Era un po' come oggi New York: un meltingpot di genti, un crogiolo in cui tutto confluiva e sì fondeva per uscirne trasformato. L'analisi dei resti umani della necropoli ritrovata sotto il cortile dell'Università Cattolica (in rassegna i poveri utensili della comunità nel IV-V secolo) rivelano una grande varietà dì tipologie - nordica, alpina, mediterranea, perfino negroide. Dai quattro angoli del mondo, per intellettuali, politici, poveracci in cerca di fortuna, tutte le strade portavano lì. L'incontro fra due personalità preminenti come Ambrogio e Agostino era in qualche modo inevitabile. Ma le vie tortuose attraverso le quali doveva realizzarsi ha davvero qualche cosa di provvidenziale: per chi crede, e anche per chi non crede. Partendo da una ricostruzione ideale del fonte battesimale (alle cui vestigia si può accedere dall'interno del Duomo), di forma ottagonale, a simboleggiare 1'«ottavo giorno» della resurrezione, la mostra si sviluppa seguendo le vite parallele, divergenti, finalmente convergenti dei due protagonisti. Erano tempi in cui poteva accadere che un santo si aggirasse per il mondo con amante e figlio al seguito, che un altro diventasse cristiano e vescovo nel giro di pochi giorni, che non si capisse bene chi era il vero imperatore e ben pochi, in ogni caso, morissero nel loro letto. Tempi di contrasti dottrinali, ma anche di fedi che vivono fianco a fianco (in mostra ceramiche, dittici di avorio e altri oggetti di uso comune alternano le tematiche cristiane a quelle tradizionali pagane), di accentuato sincretismo (plasticamente attestato dalla statua dell'Aión, un po' leone un po' serpente un po' creatura alata, miscuglio di reminiscenze caldee, mitraiche, isiache, giudaiche). Ambrogio nasce a Treviri (come Marx), intorno al 334. La città era una delle capitali dell'Impero, con Milano, Sinnio (vicino all'attuale Belgrado) e Costantinopoli: una urbs di 80 mila abitanti pienamente romana, con una produzione raffinata di argenti e vetri (splendidi quelli a gocce, dalla zona di Colonia). Il padre di Ambrogio era un membro di spicco dell'aristocrazia romana, inviato in Germania come prefetto del pretorio. Ma nelle vene della famiglia scorreva anche sangue orientale. Il Nord, l'Est, Roma, dove presto sarebbero rientrati: per abbracciare tutto l'Orbe manca soltanto l'Africa. Aurelio Agostino nasce vent' anni dopo, nel 354, a Tagaste, nella Numidia Proconsolare (l'attuale Algeria orientale). Il padre. Patrizio, è un piccolo possidente pagano, la madre, Monica, fervente cristiana. Anche in questo caso, la coesistenza dei culti è attestata dai reperti esposti, alcuni dei quali escono per la prima volta dai musei algerini. Tra tutti, una commovente Madonna con bambino di pietra bianca, malridotta e senza testa, da Tebessa: la più antica mai trovata in Africa. A Roma intanto Ambrogio completa la sua formazione sui classici latini e greci. Nel 365 viene mandato a Sinnio, come avvocato presso il tribunale imperiale. Nel 370 a Milano, come consularis, responsabile dell'ordine pùbblico per tutta l'alta Italia. In Africa Agostino si trasferisce a Madauro, la patria di Apuleio. È uno scapezzacollo, ha diverse avventure amorose che ingigantisce con gli amici per vanteria (come racconterà, pentito, nelle Confessioni). Nel 370 approda a Cartagine, la capitale dell'Africa romana, per gli studi superiori di retorica. Conosce la dorma che starà con lui per 14 rnni, e che che gli dà il figlio Adeodato («dato da Dio») da cui non si separerà mai. Studia la filosofia, aderisce al manicheismo. A Milano nell'autunno 374 muore il vescovo ariano Aussenzio, scoppia un duro conflitto con i cristiani che rivendicano la carica, Ambrogio si propone come paciere e su ispirazione di un bambino, come vuole la leggenda, viene acclamato lui stesso dalla folla. Ma è soltanto catecumeno: affidato a Simpliciano (poi suo successore), in sette giorni viene battezzato, riceve gli altri sacramenti e il 7 dicembre sale in cattedra. Nel 376 Agostino insegna retorica a Cartagine. Sette anni dopo, attratto dalla prospettiva di «maggiori guadagni e maggior prestigio», si trasferisce a Roma. E poco dopo ottiene la nomina di professore a Milano, grazie alle aderenze dell'ambiente manicheo e all'appoggio del prefetto pagano Quinto Aurelio Simmaco, che preferisce per quella carica un non cristiano. Agostino ha sentito parlare dell'eloquenza straordinaria di Ambrogio, andarlo a ascoltare di persona è per lui una forma di «aggiornamento professionale». In quegli anni il vescovo di Milano è impegnato in una durissima disputa con Simmaco (384) che si conclude con la piena vittoria: le argomentazioni di Ambrogio convincono l'imperatore Valentiniano n, il paganesimo che il suo avversario voleva rilanciare viene degradato al rango di superstizione. Nel 385 è la volta della «lotta per le basiliche»: agli ariani che reclamano la restituzione della Basilica Portiana, appoggiati anche dalla madre dell'imperatorp, il vescovo risponde a muso duro, assenagliandosi nella chiesa con i suoi fedeli (tra loro anche Monica, la madre di Agostino) e alla fine imponendo la sua volontà. Nel 386, durante la costruzione della Basilica Martyrum (l'attuale Sant'Ambrogio), riemergono i resti di Protasio e Gervasio, due martiri milanesi che Ambrogio proclama patroni, stabilendo (contro gli ariani) l'identità fra comunità cristiana e città di Milano. Agostino è presente e resta profondamente impressionato. Fin dall'arrivo aveva reso omaggio al vescovo: «Mi accolse in modo paterno... cominciai ad amarlo». Vorrebbe convertirsi, ma non riesce a decidersi. Nel luglio 386 la crisi decisiva, la voce di un bambino che lo distoglie dalla lettura, come una cantilena che dice «prendi e leggi, prendi e leggi» (tolle et lege). Lui riapre a caso il laro e legge le parole dell'Apostolo che invita a abbandonare i piaceri materiali per volgersi a Gesù Cristo: «Appena terminata la lettura, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono». Agostino lascia l'insegnamento, si ritira in campagna fino al giorno del battesimo. Poi tornerà in Africa, vescovo di Ippona, dove morirà nel 430 durante l'assedio dei Vandali. Dedicherà tutte le energie al servizio della fede cristiana, che grazie alle sue opere ben argomentate, al suo splendido latino, va incontro a una rapida inesistibile diffusione. L'involucro sempre più vuoto del vecchio Impero romano, sempre più frantumato e minacciato, si riempie di nuova linfa: l'unità europea, non più assistita dall'impalcatura politica, si trasferisce nelle coscienze. O pieno della polemica sulle «radici» testimonianze di un evento che segnato la storia del Cristianesimo soltanto: così l'antica unità Impero si trasferì nelle coscienze Nicolò di Pietro, Battesimo e//Sant'-Agost/no, 1413 (particolare): provienedalla Pinacoteca Vaticana

Persone citate: Aurelio Agostino, Gesù, Marx, Milano Agostino, Quinto Aurelio Simmaco, Secolo Ambrogio