Il «veterano» assassinò un gendarme in Belgio di Lodovico Poletto
Il «veterano» assassinò un gendarme in Belgio Il «veterano» assassinò un gendarme in Belgio Lodovico Poletto inviato a CERESOLE D'ALBA (Cuneo) Un rapinatore già condannato per omicidio e libero dall'ottobre di un anno fa. Uno studente ad oltranza di medicina. Duo zingaro sinto ed un bandito che il tribunale aveva dichiarato incapace di intendere e volere. Eccola qui la banda che l'altra mattina, a Ceresole d'Alba, voleva assaltare l'ufficio postale. «Criminali di spessore - dicono gh investigatori - gente che è disposta a tutto, se si trova con le spalle al muro». Banditi con armi vere, pronti a sparare. Il capo del gruppo un nome, ufficialmente, ancora non ce l'ha. Di lui, però, si sa molto. E la prima cosa è che era stato giudicato incapace di intendere e volere: «il pazzo» lo chiamavano. Nonostante i suoi problemi, però, nei guai c'è finito un bel po' di volte, un po' perché è uno spericolato e un po' perché ha il grilletto facile. Ha preso il volo, adesso, «il pazzo», scappando sull'auto che lo studente di medicina ha guidato fino a Torino. E mentre loro scappavano, a Ceresole si scoprivano i nomi degli altri due: il morto e quello finito in manette. Il primo si chiamava Gianmarco Scalitti, aveva 51 anni, era uno con una quantità di precedenti lunga una spanna. Nell'SS, mentre Torino viveva la guerra tra bande di criminalità organizzata, Roberto Miano, pentito del clan dei catanesi, lo tirò in ballo per un assalto a un furgone che portava le paghe agli operai di una miniera, a Farcienne, in Belgio, messo a segno nel maggio dell'anno prima. In quell'occasione morì un gendarme e un altro rimase ferito. Miano fece anche il nome di Scalitti: «Io ho ucciso la guardia e con me c'era anche lui...». In primo grado la corte d'Assise di Torino lo condannò all'ergastolo. In appello si prese trent'anni. Ottenne poi la revisione del processo, ma produsse un certificato medico falso, e finì in nulla. In galera, però, c'è rimasto ben poco. Diventato semilibero, dall'ottobre dello scorso anno era tornato a casa. Gh era rimasto soltanto un obbligo: andare ima volta al giorno alla caserma dei carabinieri di San Mauro, vicino a Torino, e firmare il registro. Tutto h. Il più giovane del gruppo è il sinto: Santino Trompini, 31 anni, catturato dopo la sparatoria. Di lui si dice che abbia fatto parte di bande specializzate in colpi in banche ed uffici postali. Uno deciso, già finito qualche volta nella mani di polizia e carabinieri. Poi c'è Domenico Ursida, 35 anni, lo studente universitario, autista della banda, figlio di grossi possidenti calabresi. Dopo la fuga è andato a bussare alla porta dello studio dell'avvocato Aldo Perla, e accompagnato da Perla e dal suo aiuto, Roberto Morda, s'è consegnato ai carabinieri. Quattro ore lo hanno interrogato il procuratore di Torino, Marcello Maddalena e i pm Annamaria Loreto e Sandro Ausiello. La sua è la posizione più defilata della banda, di minore impatto, tanto che alla rapina si sarebbe addirittura presentato senza armi, È finito nei guai altre due volte nella sua vita. La prima per una violenza sessuale, la seconda per una sparatoria, si dice per motivi passionali, con un lontano cugino.
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