POLO NORD odissea di bugie di Domenico Quirico

POLO NORD odissea di bugie LA STORIA DELL'ESPLORAZIONE ARTICA COME UNA GRANDE TRUFFA. I DOCUMENTI NELLA RICOSTRUZIONE DI UN ESPERTO INGLESE, DA OGGI IN LIBRERIA POLO NORD odissea di bugie Domenico Quirico IL telegramma arrivò, il primo settembre 1909, con una nave danese che attraccò a bandiere spiegate nelle Shetland del nord: «Raggiunto il Polo nord. Firmato Frederick Albert Cook». Quattro giorni dopo la nave americana Roosevelt irruppe a Indian Harbour in Labrador con un altro folgorante messaggio: «Ho il vecchio Polo. Firmato Robert Peary». In quella baraonda di rivendicazioni bastarono altre quarantotto ore perchè i giornali di tutto il mondo si accorgessero che invece di preparare epicedi per un altro agognato trionfo umano dovevano attrezzarsi per seguire interminabili maratone processuah, cavilli, memoriali, querele. Uno dei due esploratori accusava esphcitamente l'altro di essere un bugiardo! L'epopea dei ghiacci diventava bega awocatizia. Cronisti che fiutavano un solido vitalizio di colpi di scena la definirono «ima storia grande come un continente». Non avrebbero esagerato se avessero optato per «la truffa grande come un continente». Son passati cento anni: insomma chi arrivò primo al Polo nord tra quei due yankee biliosi? Peary, un ingegnere deciso a scalare il successo con qualsiasi mezzo, imo che ti scruta nelle fotografie con qualcosa di torbido nello sguardo, una sorta di vibrazione fredda che ti mette angoscia? O Cook, medico, alpinista, figlio di immigrati tedeschi che ha puntigliosamente scalato il sogno americano, e a guardarlo capisci che la fatica gli è ignota, pare invaso dall'argento vivo? I fatti come racconta Feigus Fleming con scrupolo poliziesco in Deserto di ghiaccio (edito da Carocci) sono sotto gli occhi di tutti. E come sempre sono testardi: nessuno dei due è stato il vincitore. La conquista dell'Antartide, esattamente dall'altra parte del mondo, fu una iliade, una ossessione come trovare le sorgenti del Nilo o piegare l'Everest. Ma Ar.-.undsen e Scott duellarono nello stile di Ettore e Achille, austeramente consapevoli delle regole severe del loro tragico destino. La corsa al «punto in cui si può guardare solo a sud», invece, fu a cavallo tra ottocento e novecento una tortuosa odissea di bugie, ammutinamenti, spedizioni abbandonate per indifferenza e incapacità, odi rancidi: un incubo. Si inseguiva un luogo metafisico per definizione, perennemente mutante, «il più lontano dalla terraferma in ogni direzione». Si lottava arrancando in un freddo che stordisce, accecati da effimeri purpurei splendori, sulla pelle ruvida dei ghiacciai scalando a passi di lupo alture ripide e scabre, braccati dalle trappole d'acqua che si aprivano mutevoli e dispettose nel pack, intontiti da notti che duravano mesi e regolavano angosce mortali, cibandosi di licheni, di cani sceletriti dalla fatica, cercando riparo in navi a cui il ghiaccio aveva spezzato le vertebre con il suo abbraccio spietato. I protagonsisti non erano gentlemen, erano rudi marinai, balenieri, arrampicatori sociali disposti a tutto, anche a mentire. Il duello tra Peary e Cook è tutto nelle fotografie che scattarono per immortalare, e provare, la loro vittoria. Cook ha piantato una bandiera a stelle e strisce su un igloo. I due eschimesi che hanno assistito stupefatti alla danza selvaggia con cui ha festeggiato «la vittoria». Peary, si vede, ha talento, è un meticoloso archietetto del proprio mito: cinque uomini sono accortamente allineati davanti a un pinnacolo di ghiaccio con le bandiere dele associazioni americane che hanno sponsorizzato la spedizione. Uno tra loro è un nero, Mat Henson, il domestico di Peary, gli altri sono eschimesi: l'unico bianco a raggiungere il Polo doveva essere il capospedizione T'ecine di spedizioni fino ad allora si erano sfiancate per guadagnare qualche grado latitu¬ dine sulla banchisa. Il più tenace, o fortunato, era stato Umberto Cagni, comandante in seconda della sontuosa spedizione di un bislacco rappresentante dei Savoia, il duca degli Abruzzi, che i parenti consideravano un matto ma che collezionava invece che battaghe terre inesplorate. L'odissea della sua nave, la Stella polare, aveva acceso la fantasia incontinente di Salgari. Nessuno però aveva gettato nell'impresa la stessa feroce determinazione di questi Caino e Abele del Grande Nord. Finanziato da un amico mOiardario Cook ingannò l'avversario fingendo di partire per una battuta di caccia agli animali artici. Invece porta- va con sé dieci eschimesi, undici slitte e centocinque cani e si lanciò con furia dall'isola di Heberg verso l'ultima thule. Peary era l'uomo su cui puntavano i giornali del gruppo Hearst, la National Geographic Society, braccio armato dell'orgoglio americano. Arrivare al polo significava prestigio politico, e soldi, molti soldi. Peary si vendicò saccheggiando l'immenso deposito di pelli e di zanne di tricheco raccolto dal rivale, un valore di milioni di dollari, e poi si immerse con frenetico ardore nell'inseguimento. I loro racconti facevano acqua: terre che non esistevano, imbarazzanti contraddizioni con le relazioni degli esploratori che li avevano preceduti, ritmi di marcia impossibili persino con mezzi allora inesistenti, silenzi dei testimoni. Ma dietro Peary c'era la potenza degli sponsor; Cook era solo. Ci doveva essere, comunque, un conquistatore americano del Polo e contro l'immigrato tedesco fu scatenata una guerra nibelungica che alla fine lo annientò. Peary fu eletto perfino contrammiragho, girò il mondo facendo conferenze, finì sulle enciclopedie. Cook, sbugiardato, braccato dalle rivelazioni dei giornali nemici, si rifugiò nel Wyoming dove, coriaceo com'era, tentò di ricominciare scoprendo importanti giacimenti petroliferi e diventando miliardario. Ma la vendetta artica non lo dimenticò: accusato di evasione fiscale, fu arrestato e condannato a 14 anni di prigione; i suoi pozzi furono confiscati. Morì nel 1940 senza maledire il nome di quello che era diventato per tutti, senza merito, il conquistatore del Polo. Otto anni dopo scienziati russi misero davvero, per primi, il piede al Polo. Non potevano fallire: l'ordine era firmato da Stalin. Ammutinamenti spedizioni abbandonate per inefficienza o incapacità odi rancidi: un incubo FraPearyeCookèstata una battaglia a chi la contava più grossa Ma dietro il primo c'era la potenza degli sponsor Invece in Antartide Amundsen e Scott duellavano come Ettore e Achille in una moderna Iliade 1845 Sir John Franklin della marina inglese scompare con due navi mentre cerca il passaggio a Nord Ovest tra i ghiacci artici. Le missioni di soccorso avviano la ricerca del Polo Nord 1853-1855 L'americano Kent Kane annuncia di aver trovato il mar polare aperto. In realtà ha trovato solo una distesa d'acqua temporaneamente ibera dai ghiacci 1881 Europa e America firmano il trattato di cooperazione internazionale per raggiungere il Polo Nord 1893-1896 Nansen con gli sci raggiunge r860 grado ^ di latitudine prima di essere S^;-costretto a ritornare alla base sulla Terra di Francesco Giuseppe 1899-1900 Il Duca degli Abruzzi guida una spedizione italiana al Polo: Il capitano Umberto Cagni . e tre uomini ^della spedizione stabiliscono ^\ il nuovo record 5^f di latitudine Nord b\. 1907-1909 Cook afferma di essere arrivato al Polo Nord ma viene smentito 1908-1909 Peary arriva in slitta al Polo ma in seguito le sue rilevazioni risultano false 1926 Amundsen e Nobile sorvolano per primi il Polo con il dirigibile Norge 1948 Una squadra di scienziati russi raggiunge il Polo 1968-1959 L'inglese Wally Herbert è il primo uomo che raggiunge il Polo a piedi attraversando la banchisa Il relitto della Hansa, 1869, immagine conservata alla Royal Geographical Society di Londra (Illustrazione del volume Deserto di ghiaccio) Robert Peary nella pelliccia da viaggio Novaja ^ Zemlja'****^ f *': ^ Isole della Mm Nuova Siberia Terra di Francesco - ' .. Giuseppe isola di White^pitsber9en 'isola di Bennett "ÌT- •isoladi Henrietta ^^vl —. . .^^^ Isola di Danes Isola di Jeannette POLO NORD 'isola di Mera àn» Stretto di Bering IsoladiWrarujel Oceano Artico g^ H ^ iSr** ^ tZxf'". "^sk^ Canale di Smith Isola di AxelHeibergìl^yGroenlandia ^S

Luoghi citati: America, Antartide, Europa, Labrador, Londra, Nuova Siberia, Terra Di Francesco Giuseppe, Wyoming