Rush finale per la presidenza italiana dell'Ue di Emanuele Novazio
Rush finale per la presidenza italiana dell'Ue PROSSIMO E ULTIMO APPUNTAMENTO, IL VERTICE DEI CAPI DI STATO E DI GOVERNO A BRUXELLES Rush finale per la presidenza italiana dell'Ue Ancora due settimane per smussare le divergenze sulla Costituzione analisi Emanuele Novazio inviato a NAPOLI LI APPUNTAMENTO era cruciale. Presentato dalla presidenza italiana con un eccesso di ottimismo, alla vigilia, come l'ultima occasione per «sgombrare il campo» da tutti i dossier «secondari» per consentire alla riunione dei capi di Stato e di governo del 12 e 13 dicembre «la soluzione poUtica» dei punti chiave (sistema di voto, composizione della Commissione, ripartizione dei seggi all'Europarlamento), il vertice di Napoli si è rivelato insieme riduttivo e produttivo. Riduttivo perché ha confermato di non poter essere il «conclave» immaginato da Silvio Berlusconi, che si illudeva di «tenere sotto chiave» i 25 ministri degli Esteri «finché non avranno sciolto tutti i nodi» della Conferenza intergovernativa. Riduttivo, ancora, perché non ha sgombrato il campo dalla «zavorra istituzionale», molta della quale sarà comunque riproposta a Bruxelles. Produttivo perché, come ha ricordato il ministro Franco Frattini, ha consentito passi avanti «insperat4. e imprevedibili» fino a poche seUimane fa - l'intesa di massima sulla difesa - e ha aperto importanti spiragli in capitoli istituzionali delicatissimi e controversi come la composizione della Commissione (sul quale si profila un'intesa in due fasi, un commissario con diritto di voto per ogni Paese finché l'allargamento non sarà entrato nella sua fase matura, ritomo a un esecutivo compatto nel giro di una legislatura o due) e il numero minimo di commissari per i Paesi più piccoli, sul quale «è caduta la pregiudiziale di limitarli complessivamente a 4». La presidenza italiana emerge dunque dalla due giorni napoletana con un bilancio misto, nel quale non mancano i motivi di preoccupazione per la mina non ancora disinnescata e portenzialmente devastante del sistema di voto, ma compaiono anche obiettive ragioni di soddisfazione: nella fiducia di poter rispettare nonostante tutto la scadenza di fine anno. «Abbiamo fatto passi avanti estremamente importanti nel lavoro comune con l'obiettivo di un accordo complessivo entro dicembre», ha commentato al termine il ministro Franco Frattini. Al di là dell'enfasi che ogni presidenza spende sul piano dell' immagine e delle relazioni pubbliche, Frattini ha ragione o si illude? L'esempio della difesa é il punto migliore messo a segno dal nostro ministro degli Esteri e dalla sua équipe: è vero che l'accelerazione finale è venuta da Francia, Germania e Gran Breta¬ gna; ma la linea adottata a Napoli rispecchia in pieno la posizione italiana, cancella ogni ipotesi di conflittualità con la Nato e ricolloca il problema difesa nell'alveo europeo, ricucendo lo strappo consumato in primavera dai «Quattro» (Francia, Germania, Belgio,Lussemburgo). Aggirata sia pure a fatica anche la mina del ^.tto di stabilità innescata dalla riunione Ecofin che ha graziato Francia e Germania, archiviando la proposta Tremonti di ridurre i poteri della Commissione in tema di governo dell'economia, la presidenza italiana si è concentrata a Napoli sul compito più arduo: ridurre le divergenze sui temi più squisita¬ mente istituzionali dai quali dipenderà l'assetto dell'Europa a 25. La linea seguita è quella annunciata fin dall'inizio da Palazzo Chigi e Farnesina: preservare al massimo il lavoro della Convenzione presieduta da Giscard, puntare a compromessi che non significhino «ritomi all'indietro». La partita decisiva, nelle due settimane che restano prima del vertice dei capi di Stato e di governo, si giocherà intomo a questo principio per nulla retorico ma di sostanza: la marcia verso la prima Costituzione europea, si rileva in ambienti della presidenza italiana, può fallire perché molti Paesi non sono di¬ sposti a compromessi al ribasso, che nel caso del sistema di voto significherebbero non adottare un meccanismo «decidente» ma un meccanismo «bloccante». «Qualunque sistema verrà scelto ci preme l'efficacia delle decisioni», ha sottolineato Frattini: «Serve uno strumento che consenta di decidere meglio, più in fretta e con maggiore trasparenza». Come dire adozione del sistema a doppia maggioranza, magari ritoccato rispetto alla formulazione della bozza Giscard. Come dire rigetto del tortuoso sistema della «maggioranza ponderata» deciso a Nizza e sostenuto da Polonia e Spagna. Con quali possibilità di successo? Chi ha seguito da vicino i lavori del vertice, ieri, ha notato una prima divaricazione nei toni fra la delegazione polacca e quella spagnola. Varsavia ha usato un linguaggio meno rivendicativo e più prudente di Madrid: forse perché la richiesta polacca di spostare al 2009 ogni decisione sul sistema di voto non sembra più considerata un tabù, nonostante le forti perplessità tedesche e l'apparente rifiuto della presidenza italiana a metterla all'ordine del giorno. Sarà sfruttando fino in fondo questo spiraglio forse non apertosi del tutto casualmente a Napoli, che «a orologi bloccati» la presidenza italiana riuscirà a piegare le resistenze di Madrid? La riunione non è stata il «conclave» immaginato da Berlusconi, che sperava di tenere «sotto chiave» i 25 ministri degli Esteri finché non avessero sciolto tutti i nodi Ma ha consentito come ha detto Frattini passi avanti «insperati e imprevedibili» fino a poche settimane fa come quello sulla difesa, e ha aperto importanti spiragli in capitoli controversi Il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini al vertice di Napoli con la collega austriaca Benita Ferrerò Waldner e il capo della diplomazia britannica Jack Straw
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