DOSSETTI uno e due di Luigi La Spina

DOSSETTI uno e due INTERVISTA AL LEADER DI «CRONACHE SOCIALI» CON LA TESTIMONIANZA DI UN ALTRO GRANDE CATTOLICO, GIUSEPPE LAZZATI DOSSETTI uno e due Luigi La Spina FATICOSA, quasi di controvoglia, a tratti un po' smozzicata nei tempi e negli argomenti. Ma, alla fine, l'autobiografia di Giuseppe Dossetti, a otto anni dalla sua morte, si delinea con chiarezza nei momenti fondamentali di un'esperienza politico-religiosa peculiare nella nostra storia del Novecento: la partecipazione alla Resistenza, il grande contributo alla Costituzione italiana, la breve ma intensa militanza de e il clamoroso distacco da quel partito, l'influente appoggio al Concilio Vaticano n, la definitiva scelta monastica. Accanto alla sua testimonianza, quella di un'altra grande figura del cattolicesimo democratico, l'ex rettore dell'Università Cattolica, Giuseppe Lazzati. Sono i due protagonisti di una lunga intervista concessa al presidente emerito della Corte Costituzionale Leopoldo Elia e allo storico Pietro Scoppola e registrata nella casa di Gaetano Lazzati da Giuseppe e Marcella Glisenti il 19 novembre 1984. La pubblicazione, quasi vent'anni dopo, di questo dialogo, durato un'intera giornata, per le edizioni «il Mulino», offre un contributo importante allo studio dell'esperienza di Dossetti e del suo gruppo di sodali, ma costituisce anche un curioso caso editoriale. Come si sa, le carte che riguardano la prLua parte della sua vita sono state distrutte dallo stesso Dossetti, quando decise di ritirarsi dalla pohtica. Il resto dei documenti, importanti e delicati soprattutto perché parlano dei suoi travagliati rapporti '-on la Chiesa e con i movimenti cattohei italiani, sono rigorosamente sorvegliati dal fratello Ermanno, custode dell'impegno di riservatezza affidatogli. Una responsabilità morale che, ovviamente, si oppone alle richieste di pubblicazione da parte dei principali storici italiani, interessati allo sviluppo della ricerca scientifica su basi documentarie di provata affidabilità. Tra questi documenti «riservati» figura la registrazione dell'intervista di Elia e Scoppola. Molti, tra cui uno dei nostri maggiori studiosi di storia della Chiesa, Giuseppe Alberigo, sollecitano invano l'autorizzazione a pubblicarla, finché Alberto Melloni, allievo di Alberigo, fa esplicito riferimento al testo del dialogo in alcuni suoi studi. Poiché brani di questa intervista vengono citati, inoltre, da altri studiosi, Elia e Scoppola decidono di renderla pubbhca, anche per evitare interpretazioni non corrette delle parole di Dossetti e di Lazzati rispetto al contesto nel quale sono state pronunciate, ottenendo l'assenso dei familiari. Il piccolo retroscena che si cela dietro questo libro spiega non solo la distanza ventennale con la quale il dialogo viene reso pubblico, ma fa capire anche la deheatezza di alcuni passaggi dell'intervista che documentano, senza troppi eufemismi, contrasti non solo con De Gasperi e con la maggioranza dei democristiani, ormai motivi noti per il distacco di Dossetti e di Lazzati dall'impegno diretto in politica, ma anche con il Papa, la Gei, e con alcuni movimenti cattohei come Ci o l'Opus Dei. A questo proposito, occorre ricordare che è in corso un processo di beatificazione per l'ex rettore della Cattohca, Giuseppe Lazzati. Una procedura che un clima di polemiche sulla sua personalità potrebbe certamente complicare. L'interesse alla «sui generis» autobiografia di Dossetti offerto dall'intervista è acuito, inoltre. dalla datazione del colloquio, un periodo esattamente al centro del lungo suo silenzio monastico, nell'intervallo, più che trentennale, tra il primo impegno pubblico, dalla Resistenza al Concilio, e il secondo, alla fine della sua vita, nei primi anni Novanta fino alla sua morte, in difesa di quella Costituzione che aveva così fortemente contribuito a scrivere. Ecco perché l'accento di questi ricordi di vita è caratterizzato profondamente dal sentimento del distacco e della delusione. Davanti alle incalzanti domande degli intervistatori che voghono capire il significato di certe scelte, Dossetti ha come un moto di ribellione, come se non ci fossero spiegazioni da motivare: «Poiché io, in fondo, non sono mai stato un politico...». Elia interrompe l'osservazione del protagonista cercando volutamente di non coglierla per non compromettere le risposte a cui tiene, ma Dossetti insiste non lasciando più margini alla discussione: «Vi assicuro, i miei interessi sono solo religiosi». Davvero uno strano religioso si aggirava negli anni eentrali dello scorso secolo in Italia. Un capo partigiano, anzi addirittura presidente del comitato di liberazione provinciale che gira per città e campagne senza essere armato. Un cattolico impegnato nella vita civile che, dopo la liberazione, invitato ad iscriversi alla de rifiuta con queste parole: «Non credo a un partito di cattohei». Ma un incidente stradale gli impedisce di prendere parte a un congresso nel quale De Gasperi lo nomina, in sua assenza, addirittura suo vicesegretario. Un esperto di diritto che, durante un incontro segreto con Togliatti, ottiene l'assenso del segretario comunista sulla formulazione dell'articolo 7 dei- la Costituzione, quello che regola i rapporti tra Stato e Chiesa, con l'inserimento dei Patti Lateranensi. Un biblista che vorrebbe opporsi all'ingresso dell'Italia nel Patto Atlantico, ma che si rende conto dell'impossibilità di una posizione neutralista e finisce per votare a favore. Ma che spedisce Aldo Moro, suo fedele seguace, al ministero degli Esteri come sottosegretario, per avere accesso a documenti riservati in possesso del ministro Carlo Sforza. L'intervista di Elia e Scoppola consente a Dossetti di mostrare in tutta la sua originalità questo suo andirivieni dalla pohtica alla religione, dall'abilità tecnicoprocedurale nei riti del partito all'utopia moralistica, dalla lucidità seduttiva di una vivace intelligenza al distacco per le esperienze di mistica orientalizzante. Un nodo di vocazioni irrisolto, ma anche un'altalena di convincimenù che sulla Costituzione, ad esempio, dimostra chiaramente l'influenza dello spirito dei tempi, sintomo classico del politico puro. A metà degli anni '80 prevale lo scoramento: «La Costituzione è stata dimenticata immediatamente. Una volta varata è scomparsa... Non c'è stato nemmeno un mese, dopo aver fatto la Costituzione, in cui c'è stata la volontà politica di attuarla». Una delusione condivisa dallo stesso Lazzati: «La Costituzione sta chiusa in un cassetto». Dieci anni dopo, l'antico leader di «Cronache sociali», sfidando l'età, la malattia e contraddicendo il suo lungo silenzio monastico, si slancia in una difesa appassionata di quel testo che conserva molte impronte delle sue mani. Una battaglia che Elia, nel seggio di completamento all'intervista, definisce come «patriottismo costituzionale». Una reazione che sorprende persino i suoi vecchi allievi ed amici. Gli stessi intrecci dialettici e centrasti anche personah conno- tano l'altro binario parallelo della vita di Dossetti, quello ecclesiastico e religioso. Molto legato al Sostituto Montini, il futuro Papa Paolo VI, se ne distacca dopo la crisi nei rapporti con il cardinal Lercaro, il vescovo di Bologna di cui Dossetti fu un fedelissimo. Dossetti attribuisce molta importanza alle posizioni conservatrici di Papa Pacelli per motivare la sua decisione di ritirarsi dalla politica e condivide con Lazzati le critiche al comportamento di Giovanni Paolo E, nella sua prima fase del pontificato ovviamente. Poi, però, sembra imputare soprattutto ai vescovi e non al Papa la responsabilità per «lo svuotamento» del Concilio. Infine, ritoma a rimproverare il Papa per l'incoraggiamento eccessivo all'espansione di Ci e dell'Opus Dei. E' proprio l'ex presidente della Corte Costituzionale, Leopoldo Elia, a ricordare l'accusa di integralismo che, in ambienti laici, accomuna il dossettismo con il movimento di «Comunione e Liberazione». Dossetti, a questo punto, elenca puntigliosamente le differenze tra i due gruppi, ma torna ad appellarsi al Papa per criticare CI: «Loro naturalmente dicono che Paolo VI fu il loro grande protettore ; inventa no le cose, perché se potessimo parlar chiaro, sappiamo bene come la pensava Paolo VI di CI: era proprio il contrario della sua mentalità, l'opposto». Il giudizio, in proprio, di Dossetti è durissimo: «Loro non hanno un passato di esperienza storica, hanno un apriori totale... Non hanno una preoccupazione sincera neanche sul problema della Chiesa, non hanno ecclesiologia». Opinioni nette, giudizi che non coltivano la tipica diplomazia cattolica, destinati a sicure polemiche. Come il messaggio finale, il testamento di Dossetti. Insieme all'invito di difendere la legalità costituzionale, quello all'educazione civile dei cattolici. Le ultime parole della registrazione sono eloquenti: «Bisogna anche che alcuni di voi si facciano maestri e sistematicamente, in maniera globale, incomincino a collegare tutti questi libri... per fare un libricino di grande divulgazione... mettere delle cattedre, una specie di università popolare dei cattolici per rieducare a capire queste cose...». Una lezione davvero inattuale. O forse no? Singolare autobiografia ' svelata dopo 20 anni La politica, la Chiesa e CI Duro il giudizio contro il movimento fondato dadonGiussani:«Non hanno esperienza storica ma un apriori totale» p'etro Scoppola Leopoldo Elia Giuseppe Dossetti: una vita tra politica e religione

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