La strategia del governo accanto a Parigi e Berlino di Ugo Magri

La strategia del governo accanto a Parigi e Berlino PER PALAZZO CHIGI L'INTERVENTO DEL QUIRINALE NON ERA UN RIMPROVERO La strategia del governo accanto a Parigi e Berlino Frattini; «Abbiamo dimostrato che non vogliamo mettere i bastoni tra le ruote a francesi e tedeschi». E Berlusconi media sulla Carta Uè retroscena Ugo Magri ROMA PER quanto garbata nella forma, una bacchettata dal Colle è pur sempre punizione dolorosa. Ecco perché, nei palazzi che contano, si son passate ieri sotto la lente d'ingrandimento le parole di Carlo Azeglio Ciampi sulle «regole comunitarie da salvaguardare». I consiglieri di Silvio Berlusconi e di Giulio Tremonti volevano capire con chi ce l'avesse il Presidente, e se per caso nel suo mirino non ci fosse proprio il governo della Repubblica. Alla fine dell'indagine (corredata da qualche cauto sondaggio col Quirinale), i detective sguinzagliati da Palazzo Chigi e da via XX Settembre si sono accontentati della ri¬ sposta più confortevole: no, l'ex Governatore di Bankitalia che oggi ricopre la più alta carica dello Stato non intendeva affatto biasimare la presidenza italiana per la condotta tenuta all'Ecofin dell'altro giorno, quando Giulio Tremonti ha fatto muro in difesa dei «reprobi» (Francia e Germania). Fonti vicine al ministero dell'Economia fanno osservare che, in fondo, Ciampi non ha mai usato l'espressione «patto di stabilità». E che se avesse voluto contestarne la violazione, un europeista convinto come lui non si sarebbe certo tirato indietro. Anzi, se si dà retta ai discorsi che si ascoltavano ieri sera negli ambienti governativi, Ciampi dovrebbe perfino compiacersi per la linea adottata da Tremonti. Il quale si è mosso in totale sintonia con l'ass": Parigi-Berlino, considerato da molti l'essenza stessa della politica comunitaria. «Ma non eravamo noi», si ironizza, «quelli sempre accusati di mettere i bastoni tra le ruote di francesi e tedeschi? Abbiamo dimostrato che non è così...». Jacques Chirac e Gerhard Schroeder s'erano molto raccomandati col Cavaliere, «niente procedure d'infrazione per piacere». E lo stesso primo ministro britannico Tony Blair, che Berlusconi aveva visitato a Londra due settimane fa, aveva consigliato di chiudere un occhio. Certo, ora Berlusconi dovrà compiere uno sforzo in più, se vorrà placare l'ira di José Maria Aznar, che già puntava i piedi contro il sistema del doppio voto proposto dalla Convenzione. La voce dell'ottimismo è quella di Franco Frattini, capo della diplomazia: «Non c'è nessuna idea né intenzione di minare il Patto di stabilità», semmai si sono semplicemente adottate procedure applicative più soft. Ricadute sui lavori della Conferenza intergovernativa, cui il nostro premier appunta la speranza di passare alla storia come padre della futura Costituzione europea? «Il primo ministro spagnolo ha sempre avuto un atteggiamento molto costruttivo», è il commento di Frattini, «il pro¬ blema che sta davanti alla Conferenza intergovernativa resta quello della doppia maggioranza, che è grande ma pur sempre uno...». Berlusconi viene raccontato dai collaboratori come quello che si dedica anima e corpo per sbrogliare la matassa europea: ieri mattina a tu per tu con il primo ministro lettone Einar Repse, nel pomeriggio al confessionale con l'omologo estone Juhan Parts. «Sta tirando i nodi del negoziato», assicura il porta- voce Paolo Bonaiuti. Non l'avrebbe aiutato di certo uno schiaffo ai due maggiori paesi Uè, che insieme sommano 140 milioni di abitanti. Ecco, dunque, l'autodifesa dell'esecutivo, affidata ai «qui lo dico e qui lo nego»: chi si preoccupa per le proteste spagnole, o per quelle dei piccoli paesi scandalizzati, dovrebbe immaginare cosa sarebbe accaduto se ad alzare la voce fossero oggi Francia e Germania. Romano Prodi ha avuto il fegato di sfidarle, insistendo perché l'Ecofin votasse sull'avvio della procedura d'infrazione? Ambienti prossimi al ministro Tremonti (che col professore bolognese ha una sorta di rivalità accademica) lo spiegano così: «Si vede che ormai Prodi ha veramente deciso di tornare in campo in Italia, perché dopo quanto ha combinato l'altra sera, alla presidenza della Commissione non tornerà neanche dipinto». Ai ministero dell'Economia si sostiene che Prodi vuole entrare in politica e non cerca di essere riconfermato a Bruxelles Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il ministro Giulio Tremonti