Se l'imprenditore si fa mecenate di Giuseppe Berta

Se l'imprenditore si fa mecenate Se l'imprenditore si fa mecenate Giuseppe Berta CHE cos'è la «cultura d'impresa», che la Conf industria sta proponendo questa settimana in tutt'Italia, ripetendo un'iniziativa già avviata l'anno scorso? Non sarebbe facile tentare una risposta univoca sulla base del fitto calendario di incontri, manifestazioni e iniziative che sono in programma in questi giorni. Sembra prevalere l'attenzione per la politica dei beni culturali, come testimonia soprattutto l'evento principale, il convegno che si apre oggi a Roma su «Mecenatismo e imprenditorialità». Su una falsariga analoga si collocano le attività direttamente connesse a Museimpresa (l'associazione che riunisce numerosi musei e archivi aziendali), il cui denominatore comune è costituito dalla salvaguardia della memoria dell'industria, attraverso la valorizzazione dei patrimoni storici custoditi presso strutture imprenditoriali che hanno via via scoperto la necessità di conservare le tracce del loro passato e soprattutto della loro esperienza produttiva. Accanto al filone dei beni culturali, si può poi rilevare l'attenzione per i temi della cosiddetta «etica dell'impresa», che altro non è, in fondo, se non il tentativo di declinare i criteri della responsabilità dell'organizzazione economica verso i soggetti coinvolti a vario titolo nei suoi schemi oberativi e che i diritti di proprietà non bastano a tutelare. Non ci vuole molto ad accorgersi che la cultura d'impresa di cui si parla oggi è qualcosa di molto differente dalla cultura industriale cui ci si riferiva ancora qualche anno fa (e spes¬ so per lamentare l'insufficienza delle sue radici in Italia). La cultura industriale era vista sovente come un effetto ambientale indotto dalla grande impresa. Era anzi considerata come un portato e anche un supporto del processo di industrializzazione, quando quest' ultimo risultava la forza più intensa di trasformazione interna della società. Citare la cultura industriale richiama immediatamente, per esempio, i progetti più grandiosi per congiungere industria e territorio, come cercò, con il suo sforzo consapevole, Adriano Olivetti. Ma evoca anche la stagione fordista, con i suoi modelli di welfare aziendale e le vaste scuole di formazione, volte a creare e a selezionare schiere di quadri e di operai speciahzzati capaci di presiedere al funzionamento dell'industria. Nella cornice economica e sociale del presente, tutto questo non ha più che un significato storico. Il riferimento all'impresa ha definitivamente sostituito quello all'industria. Alla materialità dei processi di produzione (documentata nei musei aziendah che si aprono ora ai visitatori) è subentrata la rappresentazione di una composita area di attività in cui sono caduti di fatto i confini fra materiale e immateriale, industria e servizi, mentre sembra sfumare la stessa distinzione fra lavoro e imprenditorialità. Un segno dei tempi, per un'epoca che si vorrebbe dominata, dal punto di vista professionale, dalle tre «i» (inglese, informatica é impresa). Ma anche la prova della difficoltà di stabilire un canale di comunicazione con una società che pare guardare con incertezza alle prospettive economiche del futuro.

Persone citate: Adriano Olivetti

Luoghi citati: Italia, Museimpresa, Roma