Chiare, fresche, scarse acque

Chiare, fresche, scarse acque DOPO LA GRANDE SICCITÀ DELL'ESTATE OCCORRE RIPENSARE LA POLITICA DEI CONSUMI: DAI BAGNI ALLE CAMPAGNE Chiare, fresche, scarse acque Frédéric Lasserre LI ESTATE 2003 è stata la più calda in Europa da cinquecento anni. Questo, almeno, affermano alcuni ricercatori dell'università di Berna. Siccità e calura eccezionali durante quest'estate hanno battuto numerosi record in molti paesi provocando la morte di migliaia di persone, perdite economiche per miliardi di euro. Che questa possente ondata di calore sia un segnale precursore dei cambiamenti climatici annunciati, conseguenza delle emissioni di gas con effetto serra? Certamente, se si deve credere alle simulazioni, le temperature medie nel mondo andranno aumentando nel futuro, e con esse aumenterà la probabilità di ondate di caldo. Il riscaldamento del clima potrebbe quindi tradursi in un'accentuazione delle temperature e dei fenomeni estremi (tempeste, violenti uragani, forti precipitazioni e inondazioni), poiché l'effetto serra porta a un aumento dell'energia termica nell'atmosfera. Spiegazioni congiunturali possono spiegare il fenomeno. Dopotutto, non è la prima volta che l'Europa viene colpita da forti siccità; quella del 1976 ha avuto un carattere più generale di quella del 2003. Oltre all'anticiclone delle Azzorre, bloccatosi sopra l'Europa, lo spostamento dell'equatore meteorologico terrestre potrebbe avere avuto un ruolo contribuendo a far stabilizzare le alte pressioni tropicali al di sopra delle latitudini medie. Ma se, in effetti, un'estate molto calda e secca è un fenomeno troppo congiunturale per costituire una prova dei cambiamenti climatici, non bisogna dimenticare che questo episodio si inserisce in una successione di eventi climatici fuori dalla norma: tempeste nel dicembre 1999, forti precipitazioni e straripamenti della Somme (2001) e del Card (2002), siccità nel nord americano nel 2002, scioglimento del permafrost nel Grande Nord del C666anada dal 1999 in poi. Nell'Artico si assiste alla progressiva scomparsa dei ghiacci che fondono più rapidamente in primavera e si formano con maggior ritardo in autunno. Il periodo di navigabilità è già aumentato di oltre quattro settimane dal 1970. La superficie totale della banchisa permanente si è ridotta del 1407o dopo il 1960 e del 60Zo dopo il 1978. Il suo spessore è calato globalmente del 4207o dopo il 1958. Nel mese di agosto 2003, un grosso blocco di banchisa di è spezzato sull'isola di Ellesmere testimoniando per lo meno, secondo i ricercatori del Centro di studi nordici (università Lavai, Quebec), che sono in corso cambia- menti nella fisica dei ghiacci di questa regione. Qualunque sia la causa della grande siccità dell'estate scorsa, un bilancio dei fabbisogni di acqua e dei mezzi per soddisfarli costituisce un compito che non può essere aggirato, non fosse altro che per pianificare misure contingenti d'urgenza in caso di ricorrenza del fenomeno. In Canada, il ministro delle risorse naturali ha stanziato nel 2002 un milione di euro per lo studio del possibile impatto dei cambiamenti dei regimi idrici sui bisogni socio-economici. Le città del Quebec e dello Sherbrooke, scottate dalla brusca riduzione delle loro risorse di approvvigionamento nel 2002, hanno avviato simili ricerche in collaborazione con il settore privato e con le università. Ha già avuto inizio un dibattito sul ruolo degli sbarramenti, molto criticati da qualche anno in qua: alcuni gestori di bacini ritengono che gli invasi d'acqua abbiano consentito di limitare l'impatto sui fiumi di un'estate eccezionale e vorrebbero riprendere alcuni progetti. Se questa posizione affronta il problema dell'improvvisa rarefazione dell'acqua dal punto di vista dell'offerta, occorre anche porsi quello della domanda. In Francia, i prelievi di acqua (volumi attinti alle risorse e poi restituiti) ammontano a 32 miliardi di metri cubi. Ma il 590Zo di questo volume è utilizzato per produrre energia, in particolare nelle centrali termiche. Quindi, la produzione di elettricità presenta ima considerevole vulnerabilità agli improvvisi cab delle risorse. In compenso, la gran parte di questi volumi viene restituita e si rende disponibile per altri usi: le centrali consumano pochissima acqua (quella che scompare durante il ciclo e non è più disponibile per altri usi). Il settore agricolo, con il 68IK) del volume, costituisce di gran lunga il principale consumatore di acqua in Francia, seguito dal settore dell'erogazione di acqua per usi domestici con un 240Zo. In tale contesto, ci si può chiedere se la rapida espansione, da una decina d'anni, delle aree irrigate, là dove le colture erano fino ad allora condotte in regime pluviale, non costituisca una causa di forte dipendenza in caso di siccità ricorrenti. Nello stesso spirito, i gestori dovrebbero chiedersi se l'espansione delle colture di mais, che richiedono molta acqua, costituisca una forma di sviluppo duraturo del settore agricolo. In questo quadro, la rivendicazione dei produttori di disporre di maggiori riserve d'acqua merita un vero dibattito pubblico, poiché una decisione in merito costituisce un problema eminentemente politico. Gli agricoltori auspicano introdurre nel progetto di «legge sull'acqua, in preparazione presso il ministero dell'ecologia, un capitolo sul!' organizzazione di questa risorsa. Si tratta di sostenere le aree irrigue esistenti, non di estenderle, precisano i produttori, consapevoli dell'opposizione degli ecologisti. Gli sbarramenti non sono l'unica soluzione, secondo la FNSA (Fédération Nationale des Syndicats d'Exploitants), favorevole alla moltiplicazione delle piccole riserve d'acqua, sotto forma di "laghi collinari", dove vengono raccolte le piogge invernali, o di serbatoi che richiedono maggiori investimenti. Queste misure sono pertinenti, ma non sarebbe il caso di dare all'acqua per il settore agricolo un valore più giusto e assoggettare infine i produttori alle quote delle agenzie dell'acqua? Anche la domanda urbana deve essere oggetto di ricerche sulle possibili regolamentazioni da applicare in caso di riduzione della risorsa. Bisogna prevenire moltiplicando gli impianti di captazione, sempre più lontani e dispendiosi, il cui costo viene sistematicamente riversato dagli operatori sulla bolletta degli utenti, sebbene essi ricevano notevoli finanziamenti per effettuare simili lavori? O non si deve invece cercare di ridurre i bisogni, già modesti se confrontati a quelli degli americani del nord (un americano consuma circa 420 litri di acqua al giorno, mentre un francese si accontenta di 150 litri)? E' già nota una panoplia di misure mirate al contenimento dei consumi: riduzione delle annaffiature e del lavaggio delle auto, riciclaggio dell'acqua di rigovernatura per irrigare il giardmo, installazione di docce, sanitari e rubinetti a basso consumo. Tuttavia, i volumi potenzialmente economizzati in questa maniera non sono grandi. Quindi il problema della gestione delle acque urbane non si pone perché i cittadini sono spreconi, ma perché l'approvvigionamento di una grande città mobilizza e concentra volumi enormi. Fenomeno interessante, i consumatori urbani, che pagano V80Vo del bilancio complessivo delle agenzie dell'acqua, vi figurano in misura ridotta. Al contrario, sono numerosi i rappresentanti del settore energt'.'.co, industriale... e agricolo. La questione della gestione preventiva dell'acqua non potrà essere affrontata che in rapporto agli sforzi degli altri settori, in particolare quello agricolo, che sono di gran lunga i principali consumatori e la cui preponderanza non cessa di crescere. Frédéric Lasserre è geografo, professore presso l'università Lavai (Quebec). [traduzioneGruppo LOGOS] Sessantasei immaginlin bianco e nero del fotografo londinese Mike Goldwater, fondatore di Network Photographers, per raccontare e percorrere la storia dell'acqua, la preziosa e insostituibile risorsa, fonte di vita e felicità, ma anche di morte e distruzione. È la mostra Acqua che si aprirà giovedì a palazzo Valentlni di Roma. Prodotta da Federico Motta editore e da Bracco, con la partecipazione della provincia di Roma e di Acea, la mostra è realizzata in collaborazione con «Green cross», la Ong riconosciuta dalle Nazioni Unite fondata e presieduta da Mikhail Gorbaciov e di cui Rita Levi Montalcini è presidente d'onore in Italia. Un evento, spiega una nota, che è parte del progetto Water far life and Peace di Green Cross ed è realizzato sotto l'Alto patronato del Presidente della Repubblica. La mostra resta aperta fino all'11 gennaio.

Persone citate: Bracco, Federico Motta, Green, Green Cross, Lasserre, Mike Goldwater, Mikhail Gorbaciov, Peace, Rita Levi Montalcini