«Le sanzioni non aiutano a migliorare Eurolandia» di Cesare Martinetti

«Le sanzioni non aiutano a migliorare Eurolandia» BAVEREZ, ECONOMISTA FRANCESE AUTORE DI UN BESTSELLER EUROCRITICO «Le sanzioni non aiutano a migliorare Eurolandia» intervista Cesare Martinetti corrispondente da PARIGI LE regole non si cambiano in corso d'opera, dice Nicolas Baverez, ma dobbiamo anche chiederci se affibbiare sanzioni a Germania e Francia per lo sforamento del deficit sia utile all'interesse generale o no. Insomma, il vero problema è innescare la crescita e realizzare le riforme, dice questo economista eurocritico che da dv.e mesi fa discutere con il suo bestseller «La France qui tombe», la Francia che crolla, spietata anatomia della situazione economica francese. Monsieur Baverez, l'Europa sta discutendo se punire Germania e Francia per deficit eccessivo. Lei come la pensa? «Io penso che bisogna sempre guardare l'interesse generale dell'Europa. Non credo che le sanzioni di per se stesse possano aiutare a migliorare la situazione di Eurolandia». Ma le regole ci sono e andrebbero rispettate. Si può forse trovare un compromesso? «Personalmente sono contrario a sistemare la regole cambiando gli indicatori. Si sono fatte vaile proposte: sottrarre le spese per investimenti, per la difesa, eliminare una serie di indicatori. La cosa importante è l'impegno fermo ai riduzione dei deficit strutturali per quando la crescita ritornerà. Ma fare una politica violentemente deflazionista in un periodo in cui nel cuore di Eurolandia la crescita è a zero e la disoccupazione al 9,7 per cento non mi sembra la scelta mighore». E allora bisogna ammorbidire il patto di stabilità? «Io ho sempre pensato che non può funzionare il patto per come è stato pensato e cioè con sanzioni automatiche che non tengono conto né di quello che accade nei diversi paesi, né nel resto mondo. Un patto fondato sull'idea che le stesse regole valgono sia quando c'è il 4 per cento di crescita o quando si è in deflazione mondiale». Qual è la sua proposta? «Ci vuole una vera gestione comune della zona euro. D problema è che abbiamo una politica monetaria unica mentre le politiche di bilancio di ciascun paese sono diverse e disparate. L'idea di coordinare con meccanismi puramente tecnocratici e con criteri arbitrari e immaginare che tutto ciò avrebbe preso la forma di una politica coerente è stato un errore». E' la classica rivendicazione francese di un'autorità europea per pohtica economica? «Sì, la Francia su questo punto ha ragione e non è un riflesso delle sue difficoltà. Succede anche alla Germania: ha inventato le sanzioni e ora ne è vittima. Il problema non sono le singole situazioni, ma far funzionare il sistema». Per far funzionare il sistema Theo Waigel, l'ex ministro delle Finanze tedesco, in un'intervista pubblicata ieri da La Stampa, chiede sanzioni per la Germania. «La Germania è il 30 per cento del pil della zona euro, se mettiamo sanzioni che corrispondono all'1-2 per cento del suo pil, considerando che nel mighore dei casi in Germania la crescita sarà 1,5-2 per cento, le sanzioni significheranno lo zero di crescita l'anno prossimo. E' nell'interesse di tutti noi europei bloccare la ripresa in Germania? E' una domanda che pongo». Quest'analisi vale anche per la Francia? «Da noi c'è un problema di livello e di qualità della spesa che mantiene la funzione pubblica ma non produce crescita. Nel deficit Usa, invece, c'è molta spesa per la ricerca». Il govemo Ralf ai-in ha messo in cantiere varie riforme ed ha realizzato quella delle pensioni. Nonbasta? «Sono insufficienti. Anzi, negh ultimi tempi, le riforme annunciate sono cadute l'ima dopo l'altra. Ultima quella dell'Università. E poi non ci sono rifonne in vista per la securité sociale (che ha un deficit di 14 imbardi di euro, ndr), la disoccupazione e la legislazione del lavoro. C'è una considerevole differenza con quanto sta facendo il govemo tedesco». Dunque la Francia continua a «crollare» come dice il titolo del suo libro? «I risultati del 2003 purtroppo sono chiari. Siamo tra zero e 0,2 di crescita, il peggior anno dopo il '45. Dieci per cento di disoccupazione, 4,2 per cento di deficit, 62 per cento di debito pubblico, centomila posti di lavoro persi, 46 mila fallimenti. Non sarà la crescita americana a fare le riforme in Francia, ma saranno le rifonne a permeUare di beneficiare della crescita americana».

Persone citate: Baverez, Nicolas Baverez, Theo Waigel