Bel rock duro e puro fìngendo di crederci
Bel rock duro e puro fìngendo di crederci DISCHI Bel rock duro e puro fìngendo di crederci Alessandro Rosa IL mondo è pieno di anime candide, pronte a credere a tutto. Un po' di sano cinismo è l'antidoto per le illusioni. Compresa quella de rock genuino, puro e duro. A volte però è piacevole far finta di crederci, fermarsi alle apparenze. Come quelle che crea Ryan Adams. L'ex-araldo del country alternativo dice di detestare il mercato ma ne usa le astuzie da marketing: a pochi giorni di distanza ha pubblicato due Cd da Lost Highway, «Rock'n'roU» e «Love is hell. Pt. 1», e quest'ultimo anche in vinile e in fonnato 10 pollici; accredita l'idea che il secondo in realtà l'ha costruito per primo e poi salvato dall'iniziale ricusazione della casa discografica. Probabile favoletta. Nella realtà sono due facce del rock (opposte come i due precedenti album). Se il primo aggredisce perchè secco e sanguigno da chitarra-bassobatteria, il secondo seduce con sinuosa delicatezza, con ricercatezza semiacustica, li unisce uno scarno uso di strumenti, grazie al quale Adams costruisce l'immagine di rock spontaneo. Il risultato è attraente, seguirlo è gradevole e quindi salvate il rocker Ryan. Salvate il tirato, trascinante e uniforme «Rock'n'roU» (deroga la title track cantata alla Kurt Cobain), ma soprattutto il melanconico disincanto di «Love is hell», ricco di freschezza compositiva, con un invogliante inizio («Politicai scientist»), un ottimo finale («Caterwaul» e «Halloween»), una splendida cover («WonderwalL) degli Oasis). Chi Ryan ammira sono gli Strokes, freschi padri di un delizioso ((Room on fibre» (Rea, 1 Cd) e osannati come capofila di un rinnovamento della scena newyorkese. La band conserva stessa concisione, stessa secchezza asprigna nella ritmica e nei riff, stessi toni sarcastici dell'albumd'esordio «Isthesit» ('91). Guidati dalla chitarra di Nick Valensi, macinano rustico rock bilanciato tra reggae bianco (((Automatic stop») e pop («1 can't win»). Con abile gestione della formula musicale e un percorso simile a quei gruppi punk che, alla fine dei Settanta, scivolarono in direzione new wave. Sulla scia ora c'è il secco e artigianale suono che esprimono The Rapture, al loro esordio con ((Echoes» (Reprise, 1 Cd), ricco di un laigo spettro di atmosfere mutanti (più o meno rock, più o meno elettroniche) e influenze (Gang of Four, Joy Division, Cure). Colpiscono la ballata «Open up your heart», la disco digitale di «OHo», l'elettricità di «Killing». E' forte l'impressione che la band, ora diretta ora mutevole, stia ancora cercando la propria strada. O forse è questo il suo fascino. 0 forse è la cifra di queste stagioni del rock che non ha un centro di gravità permanente (ma potrà mai riaverlo?). Sui confini pop sembrano dimostrarlo anche altri casi, pur diversi tra loro. Orecchiabilita e una propensione alla varietà di giochi Dsichedelici, stacchi repentini e camji di groove è la formula degli Electric Soft Parade, apparsi nel 1991 con l'aureola di miglior gruppo inglese. Con «The american adventure» (Bmg, 1 Cd) i due fratelli Tom e Alex White si confermano con questa loro formula neopsichedehea incentrata sul ruolo delle chitarre, che raggiunge il suo apice in «Lose Yr Frown», fatta di asprezze e piccole magie.
Persone citate: Adams, Alessandro Rosa, Alex White, Gang, Killing, Kurt Cobain, Nick Valensi, Ryan Adams, Soft
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