Sebald viaggia fra le ombre di Luigi Forte
Sebald viaggia fra le ombre Sebald viaggia fra le ombre Luigi Forte A tutta prima sembra una parafrasi di pagine note; l'autobiografia di Henry Beyla, alias Stendhal, il diario kafkiano del viaggio in Italia. Vertigini, il primo libro di W. G. Sebald, uscito nel 1990 in una raffinata collana dell'editore Eichbom diretta da Enzensberger, e ora tradotto per Adelphi con grande eleganza da Ada Vigliani, indaga in realtà uno spazio anomalo, fra biografia, rivisitazione letteraria e memoria storica. Quando esso apparve in Germania, l'autore, scomparso due anni fa in un incidente automobilistico, era già emigrato da un ventennio e insegnava letteratura tedesca all'università inglese di Norwich. La sua famiglia di vecchia tradizione socialista, veniva dalla Baviera dove lui era nato nel 1944. Forse quelle stesse radici politiche lo portarono lontano da una patria che sentiva offuscata da una colpa indelebile. Gli occorreva distanza per potersi riawicinare con il disincanto del ricercatore in viaggio fra le ombre del passato. Dopo aver letto splendidi libri come Gli emigrati (Bompiani 2000) e soprattutto .AusteWifz (Adelphi, 2002), non si hanno più dubbi: Sebald è stato un accanito, instancabile testimone fra le macerie della storia contemporanea. In un modo del tutto atipico: auscultando gli eventi e lasciando filtrare traumi e vite spezzate, testimonianze e memorie. Una prosa in cui mimesi e storia si fondono, talora con ritmo ossessivo e inarrestabile, che sembra esorcizzare, come nell' amato Thomas Bernhard, il male e la morte. Ma alle parole che egli sente inadeguate, accosta icone, immagini: le fotografie che costellano le sue pagine, sono un aiuto per la memoria, esplicite menzioni, didascalie; talvolta semplici reperti di una realtà che si intuisce dissolta e perduta in quell'attimo di etema fissità. Il viandante Sebald rileva e annota tracce, delinea i contorni di un mondo risucchiato dall'abisso che s'era lasciato alle spalle. Nazismo e antisemitismo. Olocausto e topografia del terrore sono gli inevitabili crocevia di devastazione. E in Verri- gini un breve, ma agghiacciante flash tratto dalle pagine di Stendhal sulla spianata di Marengo, a mesi di distanza dalla famosa battaglia del 1800, in uno sterminato ossario a cielo aperto, declina passato e presente nel segno di un'immane, apocalittica violenza. Fu allora che Beyle decise di diventare scrittore; di fronte all'orrore che il potere sublimava nel vuoto della retorica. Meditando su di lui, Sebald esplicita la sua poetica e s'immerge in quella zona ibrida, che diverrà la sua cifra letteraria, dove storia e fatti biografici si alleano all'invenzione. I quattro racconti che compongono questo splendido libro d'esordio hanno solo in apparenza il tono obiettivo di resoconti di viaggi. In realtà essi tendono, con forti suggestioni, a fondere una sensibilità individuale nel marasma della memoria collettiva, ripensando fatti ed eventi all'ombra di una problematica quotidianità. Dunque, una peregrinazione nel tempo e nello spazio; ricalcando orme di autori come Stendhal e Kafka, talvolta veri e propri sosia della sua immaginazione itinerante, ma anche riannodando, in pagine di intensa e fosca evocazione, i fili della propria vita come nucleo di una più ampia memoria sociale. Un album di famiglia, che è ritratto d'epoca, in cui lo scrittore raccoglie, per sé e per i suoi autori, cartoline, foto, lettere in ima sorta di scrapboók, libro di stracci, come direbbero gli inglesi. Un esordio da grande autore, in cui paesaggi e volti, vivi e morti, città e remote contrade, tragici fantasmi e morbide voci d'infanzia, alberghi e stazioni ferroviarie si sciolgono nel gioco estroso di una sensibilità. Alla fine, anche se sulla scena fanno capolino Casanova e Grillparzer, Kafka e Werfel, Pisanello e Tiepolo, è la vita che qui occhieggia in modo singolare, tra enigmi e visioni. Sebald decide fin da principio di osservarla dai suoi margini, perché riflessione e giudizio critico siano al riparo da ogni frastuono di becera modernità, che qua e là pur echeggia. Quest'eterno emigrante ha occhi che superano il muro delle cose e vedono in profondità. Tra i fantasmi che popolano il tempo, in zone d'ombra, dove speranze e paure non cessano di sognare e il dolore trova finalmente parole che lo accolgono. In «Vertigini», splendido esordio dello scrittore scomparso due anni fa, si mescolano biografia, memoria storica di nazismo e antisemitismo, rivisitazioni letterarie da Stendhal a Kafka W.G. Sebald Vertigini traduzione di Ada Vigliani Adelphi, pp. 229, e 15 R A C C O N T Adelphi traduce il .trimo libro di Sebald, uscito nel 1990: alle parole lo scrittore accosta icone e immagini, cerca tracce, contorni,ombre Lo scrittore W. G. Sebald
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