AMIS: papà perchè amavi STALIN?

AMIS: papà perchè amavi STALIN? AMIS: papà perchè amavi STALIN? In «Koba il Terribile. Una risata e venti milioni di morti» Martin Amis ripercorre la tragedia dello stalinismo. Dal libro in uscita per Einaudi (trad. di Norman Gobetti, pp. 285, e 17) anticipiamo un brano. Martin Amis ALL'INTERNO dell'Urss, per tutto il quarto di secolo del suo regime, Stalin fu un leader estremamente popolare. E' umiliante dover mettere nero su bianco una frase del genere, ma inevitabile. Anche Hitler fu un leader popolare, ma a differenza di Stalin aveva avuto qualche successo economico, e aveva preso di mira minoranze relativamente piccole (gli ebrei rappresentavano solo 1' 1 percento della popolazione). Le vittime di Stalin erano state le maggioranze, come i contadini (l'SS per cento della popolazione). E per quanto il suo controllo sulle opinioni della cittadinanza fosse intimidatorio e persistente, Hitler non arrivò mai, come invece Stalin, a creare ima diffusa atmosfera di nausea e terrore. In vm paese in cui «ognuno dava l'addio alla famiglia uscendo di casa per recarsi al lavoro, perché non poteva avere la certezza di tomare la sera» (Solzenicyn), Stalin fu sempre molto popolare. Naturalmente la popolarità di Stalin fu interamente - mentre quella di Hitler lo fu solo largamente - prodotta dall'indottrinamento. Per il cittadino il processo iniziava alla scuola materna, ed era rafforzato con ogni mezzo, da ogni direzione e in ogni istante. Come in Germania, fu la nascita della propaganda massmediatica; allora la gente non sapeva cosa fosse la propaganda, e quindi la propaganda funzionava. Amare Stalin, osserva Volkogonov (che amava Stalin), era una forma di «assicurazione sociale»: ti aiutava a evitare guai. Persino Sakharov amava Stalin, e al pari di Volkogonov rimase sconvolto dalla sua morte. «Ci vollero anni - scrisse in seguito - prima che capissi appieno fino a che punto l'inganno, lo sfruttamento e la truffa vera e propria fossero connaturati all'intero sistema stalinista. Questo dimostra il potere ipnotico dell'ideologia di massa». E' anche incredibile, poi, come Stalin fosse riuscito a far credere che la Ceka operasse indipendentemente dal Cremlino. Racconta un famoso aneddoto: due uomini si incontrano per le strade di Mosca nel periodo più buio del terrore: «Ah, se qualcuno lo facesse presente a Stalin!». E non si tratta di una barzelletta, né di due Ivan qualunque. I due uomini erano Il'ja Erenhurg e Boris Pastemak. L'amore per Stalin: ecco la storia più triste di tutte. Si può immaginare Dmitrij Volkogonov che scuote piano la testa mentre scrive: «Nessun altro nel mondo ha mai ottenuto un successo così straordinario: sterminare milioni di concittadini e ricevere in cambio la cieca adulazione di un'intera nazione». Come ha fatto Stalin? Qual è la peculiare natura del suo crimine? Qual è il suo contenuto specifico? A me appare come una forma di stupro: una parodia dell'amore, ottenuto con la forza. E perpetrato ai tuoi danni da giovane, quand'eri in uniforme da scolaretto. Un'altra gigantesca e contaminante bugia, impiantata nei cuori dei bambini. **# Carissimo papà, [...] tu credevi in un'ideologia e io no. Per quindici anni hai creduto al, e nel, comunismo sovietico. E come dice Bob (Conquest n.d.r.), nessuna razionalità lo giustifica. Però io posso concederti alcune buone scuse: il senso di colpa borghese; «una vaga insoddisfazione per le cose così come stanno» (come hai detto tu stesso), o un insolito odio per lo status quo; il desiderio di scandalizzare il conservatorismo famigliare, o paterno; e la sensazione non del tutto illusoria di ritrovarti coinvolto direttamente negli affari del mondo. Era anche piuttosto comodo, per Stalin, che una descrizione realistica dell'Unione Sovietica fosse esattamente uguale a una caricaturale denigrazione dell'Unione Sovietica. Come scrisse nel suo Ho scelto la libertà l'ammirevole e povero Viktor Kravcenko (nota bene: 1946): «Non potrò mai dimenticare la scena che si svolse fuori [dall'edificio della Ceka, dove i parenti degli arrestati piangevano e urlavano]. Un grande genio teatrale che sperasse di comunicare una disperazione di massa, un dolore macabro e sconfinato, non sarebbe riuscito a inventare niente di più terrificante»... Ma non voglio rimproverarti per la tua credulità. Non sei stato l'unico a credere a Stalin. Ed è la parte del «credere in» quella che mi interessa. Nel tuo saggio Why Lucky Jim Tumed Right, scritto a quarantacinque anni, spiegando la tua passata militanza hai affermato: «Ci troviamo di fronte a un conflitto tra il sentimen¬ to e l'intelligenza, una forma di intenzionale autoinganno in cui una parte della mente sa benissimo che la credenza è nel complesso falsa o malvagia, ma il bisogno emotivo di credere è così forte che quella consapevolezza rimane imbozzolata, isolata, incapace di influenzare la parola ol'azione». Ben detto. Ma qual è la base di quel «bisogno emotivo»? Metterò ora a confronto due frasi dagli ultimi due paragrafi del saggio: «Non puoi decidere di avere la fratellanza; se cominci a cercare di imporla, ti troverai molto presto a imporre qualcosa di molto diverso, e di molto peggio della mera assenza di fratellanza». E: «L'ideale deDa fratellanza degli uomini, della costruzione de la Città Giusta, è di quelli che non possono essere abbandonati senza un sentimento di delusione e perdita destinato a durare tutta la vita». La prima frase mi sembra talmente ovvia, talmente elementare, che rende la seconda priva di senso, anzi, priva di contenuto. Che cosa sarebbe mai la Città Giusta? Che aspetto avrebbe? Di che cosa parlerebbero i suoi cittadini, e che cosa farebbero tutto il giorno? Come si riderebbe, nella Città Giusta? (E di che cosa si scriverebbe?) E' a questo punto che bisogna incominiare a chiedersi perché. Zacto? Perché? Per cosa? A che scopo? Il tuo «bisogno emotivo» non era una forza positiva, ma negativa. Non romantica. Non idealistica. La «nobiltà stessa» dell'ideale, scrivi, «rende doppiamente terribili le conseguenze del suo crollo». Ma il crollo, l'ignobiltà, è inerente all'ideale. Buffo, no? E il buffo sta nella natura umana: l'assurda frequenza, la grottesca rapidità con cui l'utopia diventa distopia, con cui il paradiso diventa inferno... L'ENIGMA DI «KOBA IL TERRIBILE»: UN UOMO E UN SISTEMA, I CRIMINI E LE BUGIE IL TERRIBILE»: EMA, come dice Bob (Conquest n.d.r.), nessuna razionalità lo giustifica. Però io posso concederti alcune buone scuse: il senso di colpa borghese; «una vaga insoddisfazione per le cose AMIS: papà perchè amavi STALIN?

Luoghi citati: Città Giusta, Germania, Mosca, Unione Sovietica, Urss