Rimpatriati i magrebini Ecco il rapporto segreto sui legami con Al Qaeda

Rimpatriati i magrebini Ecco il rapporto segreto sui legami con Al Qaeda ESEGUITE LE ESPULSIONI DISPOSTE DAL MINISTRO DELL'INTERNO Rimpatriati i magrebini Ecco il rapporto segreto sui legami con Al Qaeda I sei cittadini marocchini e l'algerino colpiti dal provvedimento sono stati imbarcati su un aereo di linea: ora sono in stato di fermo la storia —— GLI investigatori marocchini dell'Antiterrorismo li hanno bloccati subito, appena sbarcati nell'aeroporto di Casablanca. Isolati e subito trasferiti in una caserma della pohzia. Per Noureddine Lamor (capo della cellula, addestrato come gli altri in Afghanistan), Nabli Hamrad, Assam Kahd, Azzedine Sadraoui, Boutkayoud Mbarek, Bouchraa Said, Charef Yacine, sono partiti ieri mattina all'alba e subito imbarcati su xm aereo di linea. I familiari rimasti a Torino non sono riusciti a mettersi in contatto con i fondamentalisti espulsi su ordine del govemo italiano e ora hanno paura. Paura delle conseguenze, perchè le leggi marocchine sono molto più severe delle nostre, in materia di terrorismo. E prevedono la pena di morte. Un inasprimento dovuto agli attentati kamikaze del 16 maggio a Casablanca. A Torino, gli uomini della «cellula» avevano fatto ima colletta nella moschea di via Cottolengo a favore delle vedove dei «martiri», gli autisti delle autobombe. Dalle perquisizioni effettuate in tutta Italia, i primi elementi nuovi: soprattutto materiale propagandistico, prodotto dal Centro Islamico Europeo di Londra, governato dallo sceicco Omar Al Bakri. Si tratta di videoqas^ette , e cd-rom. Gli esperti della Digos, tra l'altro, sono convinti che il cd-rom sequestrato a casa di AbdelQadir Fall Mamour, l'imam di Carmagnola, sia davvero «inedito». In quelle immagini, Osama bin Laden invitava al «martirio» contro l'Occidente, Italia compresa. Come alcune cassette girate sul fronte ceceno quando era ancora vivo il comandante Hattab, compagno di bin Laden nella campagna afghana contro i russi e morto «da eroe» in combattimento nel 2002. Ma c'è un elemento unificante che riunisce i sette nordafricani espulsi, per cui la Digos aveva chiesto l'arresto ai pm. Arresti poi negati, come è noto, dal gip Sabrina Noce. Tutti sono stati addestrati a morire e a uccidere nei campi della Base di bin Laden, al confine tra Pakistan e Afghanistan, tra il giugno e l'ottobre del 2001. Gh agenti della Digos sono risaliti a loro dopo ima serie infinita di controlli incrociati sui nomi dei passeggeri delle linee aeree che collegano l'Occidente con Kabul, attraverso l'Iran e il Pakistan. Sono una trentina le persone già individuate. Una parte - compresi i sette espulsi - rientrò prima dell'attacco Usa contro i Talebani; almeno tre, Mohamed Azouar, Ah Ben Sassi (residenti a Torino) e un giovane egiziano restarono a combattere contro i marines e i miliziani dell'Alleanza. E tutti furono catturati e rinchiusi nella fortezza di Mazar-i-Sharif, nel novembre 2001 e infine trasferiti neU'X-Ray Camp di Guantanamo. Aouzar, 23 anni, era rimasto gravemente ferito alle gambe. Adesso s'è ripreso e, mesi fa, era stato interrogato dal capo dell'Antiterrorismo di Torino, all'interno del campo. Mohamed è diventato un altro. Barba lunga, sguardo deciso dietro gli occhiali da miope. E' diventato un «duro», un fanatico, pronto ancora a combattere. Una videocamera lo ha ripreso durante il confronto. Composto, sereno. Tuta arancione, il numero di matricola, le braccia incrociate. Dalla casa di via Catania invia tutti i mesi una lettera in cui ringrazia Allah e saluta la famiglia. Gh altri invece, guidati da Noureddine Lamor, tornarono a Torino, un attimo prima dell'ora zero, cioè la caduta dei Talebani del mullah Omar. Chiarito questo passaggio, decisivo per valutare la pericolosità dei mujahiddin addestrati all'uso delle armi e degli esplosivi, va spiegato il rapporto che lega la ceUula torinese con quella di Milano e, infine, con la moschea di Amburgo, quella dove fu arruolato, dal siriano Mohamed Hayar Zammar, 43 anni, cittadino tedesco (i cui numeri di telefono erano in un'agenda sequestrata in un box di Mirafiori), Mohamed Atta e altri quattro piloti kamikaze che, 1' 11 settembre, si lanciarono contro le TT di New York. Fu Zammar a telefonare a un giovane marocchino, tuttora residente a Torino, per chiedere «un favore», cioè di ospitare «Roger» Naji, alias Misbah Hassanyn'Azab, tra gli autori degb attentati alle ambasciate Usa di Nairobi e di Dar Es Salaam nel '98 e sospettato di avere organizzato quello, mancato, in Albania. «Roger», un terrorista inseguito dalle polizie di mezzo mondo, viene arrestato dalla Digos. E da Torino, appunto, «Roger» sparisce il 3 gennaio 2001 ; dopo 22 mesi di carcere a Voghera, era stato liberato e sottoposto a semplici misure di sorveglianza. Misbah Ali Hassanyn'Azab fu fermato qualche giorno dopo ad Arcore con altri due mediorientali e stranamente lasciato libero. Era a bordo di una Mercedes nera con Abdelkadir Es Sayed, il capo della cellula italiana di Al Qaeda, e i terroristi Ben Soltane Adel e RemadmaAbdelhalimHafed, se¬ gretario di viale Jenner. La Mercedes era diretta ad Amburgo, nella base di Zammar. Es Sayed è poi morto in Afghanistan proprio con «Roger» Naji alias Misbah Ali Hassanyn'Azab. Tutti e due uccisi in combattimento nella primavera del 2002, in uno scontro tra le montagne che dividono l'Afghanistan e il Pakistan. Remadna, arrestato a Milano dal pm Dambruoso, è anche lo stesso uomo con cui Noureddine Lamor stabilisce i primi contatti per organizzare il centro di reclutamento per la Jihad, proprio nel cuore di Porta Palazzo. Nei nastri delle intercettazioni, sia a Milano che a Torino - già nel 2000, e quindi un anno prima della fuga di «Roger» ad Amburgo, ospite della moschea di Zammar - Lamor viene «invitato a scegliersi bene i collaboratori. Devi stare attento a riconoscere le spie. Sono i più estremisti, quelli che urlano più forte. Devi scegliere tra i fratelli più religiosi, più vicini ad Allah». Il cerchio si chiude. Con la moschea di viale Jenner a fare da filtro tra Amburgo, Londra e Torino dove è attivo il «Gruppo Salafita per la predicazione e il combattimento». Noureddine Lamor è rimasto sereno. S'è sdraiato sul pavimento, al terzo piano della questura, e s'è messo a pregare. I loro nomi emersi incrociando i dati dei passeggeri delle tratte aeree tra Europa, Pakistan Iran e Afghanistan Secondo gli inquirenti erano addestrati per uccidere e morire Almeno altri trenta arabi residenti a Torino avrebbero frequentato i campi militari della rete di Bin Laden e organizzato un centro di reclutamento e finanziamento della Jihad nel mondo UNA CELLULA DI «DORMIENTI» Noureddine Lamor Nabli Hamrad Mohammed Aouzar Charef Yacine Azzeddine Sadraoui sull'auto della Digos subito dopo il fermo di polizia